"Che onore la diffida!"
La lotta per lo striscione e i razzi in mezzo al campo

 

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I fumogeni prima della partita

Un anno di diffida da tutti i campi dell'eccellenza marchigiana. La delibera del questore lo dice in maniera più formale, ma il succo è questo. Per un intero campionato niente stadio, niente trasferte con l'Urbino. Niente partite dal 2 settembre del 2000, data della condanna, fino al 2 settembre del 2001. Andrea la sua diffida la tiene in bella mostra sulla parete della camera da letto. "La diffida è un onore" punto e basta. Presa per essere andato contro la Vadese vale anche di più. Il palcoscenico scelto per questo spettacolo è una gara amichevole, il Memorial Capponi, un triangolare in cui oltre a Urbino e Vadese gioca anche la Cagliese. Nel triangolare si ricorda Manuel Capponi, un giovane mediano morto in un incidente stradale.

Questo il resoconto dei giornali del giorno dopo. "I tifosi di Valdese e Urbino se le sono date di santa ragione, innescando una rissa paurosa, subito imitati in campo dai giocatori delle due squadre che non sono voluti essere da meno ingaggiando un'autentica caccia all'uomo". E ancora il resoconto dell'arbitro: "C'è stata una rissa, sono volati i pugni in tribuna, sono corsi i carabinieri ...". Questa è la dichiarazione di un dirigente dell'Urbino: "Vorremmo porgere come Urbino calcio le nostre più profonde scuse ai genitori di Maneul Capponi ... La nostra società si dissocia da certi comportamenti di alcuni pseudo tifosi, noi al seguito vogliamo solo gli sportivi he incitano o criticano, non i rissosi". Conclusione del Resto del Carlino: "La cagliese si è aggiudicata questa edizione del torneo, che passerà agli archivi come la più violenta e la meno vicina alle motivazioni con cui era stata pensata dagli organizzatori". Ancora più asciutto il testo della diffida: "Sorgente Andrea ... ha posto in essere comportamenti provocatori indirizzando verso la tifoseria della Vadese Calcio frasi ingiuriose e oggetti contundenti che provocavano violenti scontri fisici ...".

Fumogeni anche allo stadio di Urbania

Andrea invece la racconta così quest'amichevole estiva (era il 24 agosto del 2000). "Siamo andati a Sant'Angelo, perché noi seguiamo sempre la squadra, e abbiamo esposto il nostro striscione. Noi eravamo pochissimi, appena una decina, e loro all'inizio non c'erano nemmeno. Quando ci hanno visti sono usciti e volevano portarci via lo striscione. Non lo avremmo mai lasciato. Lo striscione è il nostro simbolo, siamo noi. Per lo striscione si combatte fino alla fine". Dal tentativo di conservare lo striscione è nata la rissa. "Loro erano molti più di noi, ma abbiamo lottato. Cercando di tirarmi via dalle mani lo striscione uno è caduto e si è fatto male. E gli altri ci hanno picchiati, come noi abbiamo picchiato loro. Però siamo tornati a casa con lo striscione". Però tutti i ragazzi di Urbino coinvolti nella rissa, come quelli di Sant'Angelo in Vado, sono stati subito identificati. Arrivati a casa hanno trovato i carabinieri ad aspettarli e un processo per direttissima che è finito con una diffida.

Ancora in una partita contro la Vadese l'episodio più pericoloso. "Stavamo sul tre a tre - racconta Andrea - e dalla nostra curva è partito un razzo. Sfortunatamente e non volontariamente anziché essere diretto in alto è andato diritto in campo e lo ha attraversato tutto. Avevamo davvero paura che colpisse qualcuno. Sarebbe stato un disastro se avesse preso un giocatore o l'arbitro". Oggettivamente pericoloso, anche se non si è fatto male nessuno. La violenza può essere anche soltanto verbale. Sia durante l'incontro a Urbania sia nella partita casalinga contro la Pergolese. Insulti urlati e accenni di rissa. Contro i pochi tifosi della Pergolese i ragazzi hanno più volte attraversato tutta la tribuna che separava le due tifiserie e si sono arrampicati sulla rete di protezione. "Erano due anni - spiega Andrea - che non veniva nessuna tifoseria avversaria allo stadio di Urbino. Non si poteva non fare un po' di casino". Sempre sotto gli occhi dei carabinieri. "Da dopo la diffida - dicono - ci tengono sotto controllo come se fossimo dei criminali. Anche oggi sono più loro di noi". E contro l'arbitro niente? "Raramente - dice Andrea - si è d'accordo con l'arbitro". Personalmente Andrea ha sfasciato qualche macchina di arbitri e guardalinee dopo partite perse. "Una volta - racconta - ne ho anche chiuso uno nel suo spogliatoio".

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