Sei
in Home > La vita appesa a un filo
> Il diario ritrovato
Un diario
segreto per non dimenticare
Lo
scriveva di nascosto nello squallore della
camerata, con un mozzicone di matita logoro, sul primo pezzo
di carta che gli capitava per le mani. Poi raccoglieva
i foglietti sparsi infilandoli negli zoccoli
o in mezzo alla paglia su cui dormiva, all’insaputa
delle SS. Il diario scritto da Mario Magonio nei 473
giorni di prigionia è spuntato fuori dal nulla.
Era finito in una vecchia scatola di scarpe, in mezzo alle cose
inutili che la gente non ricorda neppure di avere in casa. “Una
volta tornato in Italia – dice il figlio Alberto –
mio padre aveva copiato quegli appunti su due quaderni che erano
scomparsi. Quando li ho ritrovati ho deciso di pubblicarli così
com’erano, senza alcuna correzione, per dare continuità
ai suoi ricordi”.
Appunti-racconto tra cronaca e storia,
un archivio di scrittura popolare che comincia il 16
giugno del 1944 e arriva al 1° ottobre
del ’45. Poche annotazioni, giorno per giorno,
su quello che accadeva nel lager di Mauthausen prima e di Falkensee
dopo: i pasti a base di miglio per canarini, le lettere cancellate
dalla censura che non arrivano mai, i turni di lavoro, i pidocchi,
i topi, la neve. E poi le risse, i tiri maldestri tra compagni
di prigionia, scherzi tra disperati per sopravvivere, gli infortuni
sul lavoro e le rappresaglie.
Ma
il resoconto è utile anche dal
punto di vista documentario. Mario ci informa ad esempio
sul costo della vita alla borsa nera (pane,
tabacco, vestiti, etc.), in proporzione alla paga di un deportato.
Il campo di Falkensee, dove Magonio lavorava ai proiettili con
la qualifica di calibrista, è obiettivo primario: lì
si fabbricano armi da guerra e carri armati. Ecco allora che
Mario riferisce con esattezza le date dei bombardamenti
angloamericani su Berlino, avendoli annotati giorno per giorno,
così come registra le azioni di contrattacco
e di guerriglia da parte dei tedeschi, quando gli alleati sono
già alle porte della città. Parla dei numerosi
saccheggi ai danni di fabbriche e abitazioni,
specificando il nome dei sobborghi, delle vie,
man mano che i russi avanzano da est. E’ la storia nella
sua dimensione evenemenziale.
Cattolico
praticante, la fede non lo ha mai abbandonato. Nel diario però
Magonio non riesce ad avere pietà dei suoi oppressori.
“Ricordo di averli maledetti sotto il monte Figogna, con
gli occhi rivolti alla Madonna della Guardia, mentre attraversavo
la Val Polcevera diretto al Brennero sulle tradotte naziste.
Oggi riuscirei a perdonarli, sono passati sessant’anni.
Ma vorrei che tutto questo non fosse dimenticato. Mio figlio
e mio nipote mi hanno convinto a pubblicare queste pagine perché
anche i giovani conoscano quello che i loro nonni hanno sofferto”.