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"Tutt'uno con il mio braccio"

Guai a confondere una marionetta con un burattino. Mario ti dirà che la marionetta ha le gambe, è azionata da un minimo di tre a un massimo di nove fili che si manovrano con un meccanismo a crociera, dall’alto. I fili servono a muovere la testa, le braccia, i piedi, ad articolare le ginocchia, il bacino ed eventuali oggetti (armi, bastoni, fazzoletti, bacchette magiche) legati alla mano, come nei famosi Pupi siciliani.
I burattini invece sono un tutt’uno con il braccio del burattinaio che infila l’indice nella testa e le altre dita nelle due mani. Questo permette la massima mobilità del burattino lungo la scena. Inoltre una delle due dita nella testa può manovrare anche la mascella, simulando il movimento della bocca per parlare. E’ questa la sostanziale differenza.
Ma c’è un altro risvolto, meno tecnico e più sentimentale. “La marionetta è più geometrica nei movimenti, più rigida. Il burattino, inguantato dalla mano, è una cosa spontanea. Un bambino ti chiede qualcosa nel corso dello spettacolo? Tu improvvisi, ripeti. Il tuo braccio è un tutt’uno con il burattino. Quando faccio Baciccia, Baciccia sono io. La voce di Baciccia è la mia. Solo a sentirlo in mano non c’è pericolo che mi sbagli a recitare il copione. E’ il completamento del mio braccio”.
La passione per i burattini Mario ce l’ha fin dall’infanzia. Sbattuto da un collegio all’altro, applaudiva ad ogni spettacolo e diceva: “Un giorno anch’io avrò il mio teatro”. Oggi però ha le idee chiare sul futuro di questa professione: “I burattini sono destinati a scomparire. Quelli tradizionali, scolpiti nel legno, non esistono più. Li fanno di cartone, di gommapiuma. Ma soprattutto sono cambiate le storie. Oggi qualsiasi maestra mette insieme un po’ di stoffa e ti racconta quella del serpente che si mangia settanta bambini. Anche Pinocchio, hai visto cosa ne hanno fatto gli americani? Non c’è più la commedia in senso tradizionale, con qualcosa dentro, un inizio e una fine, un messaggio, il bambino che trova la mamma, il papà che torna dalla guerra, il trionfo del bene sul male. Io sono l’ultimo burattinaio”. E’ la nostalgia a farlo parlare così. Anche perché “... burattinai miliardari non se ne sono mai visti, il guadagno non c’è. Ai giovani che vogliono intraprendere questa professione dico: fatela solo se avete passione. E amate i bambini”.

Ifg Urbino - aprile 2004