“Mio fratello è sempre stato estremo. Io lo accetto così com’è”. Paolo è di 12 anni più giovane di Fabrizio. Quando suo fratello ha lasciato la famiglia e la casa, a Falconara Marittima, per intraprendere uno stile di vita diverso e controcorrente, lui aveva solo 10 anni. “Come fratello – spiega Fabrizio – l’ho vissuto più tardi, facendo gli apicoltori”. Le loro vite si sono incrociate, infatti, grazie alla passione condivisa per le api e per il miele. “Abbiamo iniziato insieme – racconta Paolo – ma poi per lontananza e per mancanza di tempo abbiamo preso due strade diverse”. Oggi Fabrizio ha due arnie (gli alveari artificiali) e ultimamente produce soprattutto miele per sé, mentre Paolo ha 45 famiglie di api e si è messo in regola per vendere tutto quello che produce: miele, propoli e cera d’api biologiche.
“L’idea iniziale – racconta Paolo – era di produrre il miele per casa”. Quindi aveva contattato un apicoltore: “Io ti aiuto, tu mi insegni”, gli aveva proposto Paolo. Dopo aver imparato, andava a Cupramontana e insegnava a sua volta a suo fratello, che intanto studiava l’apicoltura sui libri. “La stagione successiva abbiamo iniziato con due famiglie di api. Le tenevamo a casa di Fabrizio, quella dove vive anche ora, e le allevavamo insieme”.
“Poi per me è diventato troppo scomodo – continua – perché da Falconara a Cupramontana i chilometri sono tanti. La strada sterrata che conduce a casa di Fabrizio d’inverno è impraticabile. Inoltre era complicato sincronizzare gli impegni e anche solo contattarlo, visto che non ha il telefono”. Paolo, invece, purtroppo non può farne a meno: “Il cellulare ce l’ho da poco. Non sono un tipo tecnologico, amo camminare e non mi piace stare al telefono. Però per lavoro ho dovuto usare di più sia l’auto che il cellulare”.
Entrambi i fratelli utilizzano un metodo lento e “non violento” per l’apicoltura, che evita di stressare le api e di provocare troppe morti. Paolo, ad esempio, preferisce non produrre la pappa reale, perché per farlo bisogna allevare molte api regine: la pappa reale è il cibo che mangiano quando sono ancora delle larve e per produrla bisogna ucciderle prima che crescano.
Ora Paolo tiene le sue api in un campo vicino a Chiaravalle. Da maggio a settembre l’apicoltura per lui diventa un lavoro a tempo pieno, mentre d’inverno la sua occupazione principale è fare l’educatore per disabili. Con Fabrizio si vede circa una volta al mese. “Ultimamente viene a Falconara più spesso per andare dal dentista e si ferma da me. Io comunque ancora lo aiuto con le api, gli preparo i telai, ma vado poco a casa sua”.
Fabrizio fino a qualche estate fa produceva diversi quintali di miele all’anno, con cinque arnie. “Ero davvero sulla cresta dell’onda – racconta – e insegnavo a tutti. Nessuno riusciva a produrre così tanto miele con così poche famiglie di api”. Ora purtroppo è rimasto con due arnie e ultimamente non ha più miele da vendere. “Non so come sia successo. Pensavo di sapere tutto sulle api, invece non si finisce mai di imparare”.
“Rispetto a mio fratello – spiega Paolo – io sono una via di mezzo. Anche io sono attento all’ambiente e amo l’essenzialità. Ma senza esagerare, perché la purezza non esiste e l’ansia per i dettagli alla lunga diventa un limite”.
Diana Orefice