“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, predicava uno dei più grandi rivoluzionari del ‘900, Mahatma Gandhi. Nelle campagne di Cupramontana, in provincia di Ancona, c’è chi da 27 anni porta avanti una rivoluzione tanto radicale quanto silenziosa. E’ la piccola Tribù delle Noci Sonanti.
Niente acqua in casa, niente corrente elettrica, niente gas. Quindi niente cellulare, niente lavatrice, niente termosifoni. Ma anche niente tavoli o reti sotto i materassi, per vivere il contatto con la terra. Si mangia su un tappeto, ci si riscalda con la legna e le proprie deiezioni servono a concimare l’orto.
Oggi i membri della Tribù sono tre: il fondatore Fabrizio Cardinali, 63 anni; suo figlio Siddartha, di quasi sette anni; Leandro, 50 anni, che aiuta Fabrizio nei campi, ma fra poco partirà per un viaggio in Brasile. Poi ci sono decine di amici e simpatizzanti che gravitano intorno a loro tre. Giovani coppie, ragazzi e ragazze, vecchie o nuove conoscenze che vanno a passare periodi più o meno lunghi con la Tribù: per rigenerarsi, per fare un’esperienza o semplicemente per aiutare nei lavori di campagna.
L’avventura di Fabrizio è iniziata quando aveva 22 anni: ha lasciato l’università, la famiglia e la carriera sportiva per dedicarsi alla costruzione di una vita alternativa, controcorrente. Un sogno che alla fine, nel 1987, si è concretizzato nella Tribù delle noci sonanti. Una scelta drastica, da rinnovare ogni giorno con coraggio e con coerenza. Nutrirsi, lavarsi, crescere un figlio: ogni azione, anche quella più banale, è ragionata in termini di ritorno alle origini, nel senso di contatto con la natura e di rispetto per essa. E quindi si mangia vegano, senza carne, ma neanche latte e uova, ci si lava con poca acqua, si dice addio a pannolini, vaccini e visite mediche.
Ma essere ‘selvatici’, come lo stesso Fabrizio si definisce, non significa essere selvaggi. La mattina si fa sempre yoga e ogni sera si scrive il “quaderno della lampada”, un diario aperto su cui sono invitati a scrivere anche i visitatori. I volumi ormai sono una decina, pieni delle emozioni e degli stupori di una sfida a più mani che dura da oltre 20 anni.
Diana Orefice