Ogni pasto alla Tribù delle noci sonanti inizia con un “cerchio d’energia”. Tutti seduti per terra, con il cibo pronto al centro della tovaglia, ci si prende per mano e si chiudono gli occhi. Si resta così, in silenzio, per qualche minuto. Capita di concentrarsi sul profumo delle pietanze, sul cinguettio degli uccelli o sul proprio respiro. Poi Fabrizio stringe più forte le mani, si aprono gli occhi e si può iniziare a mangiare. Intorno alla tovaglia, di solito, ci sono Fabrizio, Leandro e Siddhartha, ma nelle notti di luna piena la Tribù offre la cena ad almeno tre o quattro ospiti.
Topinambur selvatici, cime di senape, erbe spontanee… Nelle vecchie pentole di coccio della Tribù capita di trovare cibi mai visti e mai sentiti nominare. Fabrizio cucina tutto sul fornello a legna: una piccola stufa con una piastra di metallo sopra, sulla quale si poggiano le pentole. Riutilizza più volte la stessa acqua per cuocere diverse pietanze, in modo da evitare gli sprechi, col risultato che tutto è più saporito e nutriente. Poi apparecchia sul tappeto e sistema le pentole davanti al suo piatto personale, una ciotola fonda, di legno scuro. Prima di servirsi, riempie abbondantemente i piatti degli ospiti con un cucchiaio sbeccato, anch’esso di legno.
Di solito si comincia con la zuppa di miso, un brodo di verdure di tradizione giapponese. Il miso, usato come un dado, è un composto pastoso, molto salato, che viene prodotto con soia fermentata, oppure con riso o orzo. Secondo i principi dell’alimentazione macrobiotica, la zuppa di miso è ottima per iniziare i pasti, perché è depurativa e ha un ottimo equilibrio tra energie yin e yang, che devono essere sempre bilanciate.
La base dell’alimentazione sono i cereali. Fabrizio cucina grandi quantità di polenta di grano integrale, macinato a mano nella stanza accanto, dove c’è la dispensa, oppure zuppe d’orzo o spaghetti biologici. Non mancano mai i legumi: fagioli neri, lenticchie, ceci, conditi con prezzemolo e altre spezie. Le verdure sono varie e abbondanti. Vengono raccolte poco prima dall’orto oppure, se crescono spontaneamente, intorno a casa.
Il piatto preferito di Leandro è la polenta di grano. Siddharta preferisce la zuppa di spaghetti, oppure ama sgranocchiare dei gambi di lupinella, un erba spontanea che il papà gli ha insegnato a riconoscere. Banditi dalla tavola sono tutti i prodotti di origine animale: carne, pesce, uova, latte e derivati. Unica eccezione è il miele: anche se è un prodotto delle api, che molti vegani non consumano, la Tribù lo produce e lo mangia, perché prevede metodi di raccolta poco invasivi e più etici nei confronti degli animali. Fabrizio aveva intrapreso l’apicoltura insieme a suo fratello Paolo. “E comunque le api sono insettini – spiega Fabrizio – invece un vitello è più simile a noi”. Proibiti, invece, l’alcool e la caffeina, perché alterano i normali processi nervosi, e qualsiasi tipo di zucchero, che è “la droga più potente che esista”.
Fabrizio si assicura che tutti mangino a sazietà, riempiendo i piatti più volte. Poi ripulisce la propria ciotola e tutti i mestoli sfregandoli accuratamente con dei pezzetti di pane integrale fatto in casa, che mangia senza lasciare briciole. Non usa spugne, acqua o sapone, per non sprecare risorse preziose. Infine rimette tutto a posto e scalda una tisana all’eucalipto oppure il tè bancha, che serve a digerire e a sciacquarsi i denti senza utilizzare acqua e senza inquinare l’ambiente con il dentifricio.
A differenza del pranzo e della cena, la colazione è meno rituale, perché a volte ci si sveglia a orari diversi. Fabrizio beve ogni mattina, a digiuno, un bicchiere d’acqua con argilla verde, una sostanza curativa ricca di sali minerali. Siddhartha prende il tè o la tisana e mangia una fetta di pane con il miele. Agli ospiti Fabrizio offre anche tutti gli altri prodotti della Tribù: a seconda delle scorte ci sono succo di prugna, succo d’uva non fermentato, altri succhi di frutta e svariate marmellate senza zucchero. A volte ci sono anche i dolcetti preparati da Siddhartha con pasta di pane e uvetta, tondi o a forma di cuore.
Sono pochi gli alimenti che vengono comperati, perché la tendenza è all’autosufficienza. Tra i pochi acquisti della Tribù ci sono il miso, la salsa di soia e gli spaghetti biologici. Il grano da macinare proviene da amici o conoscenti, così come la frutta essiccata e qualche tisana. Fabrizio incontra altri produttori locali quattro volte l’anno, durante i mercatini privati che organizzano in diversi paesi delle Marche. Sono occasioni di confronto, di scambio, ma soprattutto di convivialità tra persone che hanno in comune l’amore per l’agricoltura contadina e biologica. Fabrizio, oltre a succhi, verdure e marmellate, vende anche farina macinata a mano, olio, olive in salamoia e pane cotto a legna.
Nella bancarella della Tribù le pagnotte sono tutte tonde, sistemate in un grande cesto di vimini. Su ognuna c’è un disegno: una croce, un cerchio, oppure una spirale. Comunicano la cura per i dettagli e la dedizione con la quale tutti i prodotti della Tribù vengono coltivati, raccolti, preparati e cucinati. Che sia per sé o per gli altri, infatti, ogni cosa viene realizzata con impegno e con amore di sé e della natura.
Esplora la bancarella della Tribù delle noci sonanti:
Diana Orefice