Il sogno infranto del Parco del Conero. La “Città ideale” di Numana rimasta incompiuta

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di MARTINA MILONE

Doveva chiamarsi “La città ideale” ma, proprio come la famosa tela anonima esposta al Palazzo Ducale di Urbino, di ideale c’è rimasto solo il progetto. Un imponente complesso residenziale, fatto di oltre 100 appartamenti extra lusso da seimila euro al metro quadrato, piscine, negozi e collegamento diretto alla spiaggia, che sarebbe dovuto sorgere al posto dell’ex Hotel Santa Cristiana, tra Numana e Porto Recanati, nel bel mezzo del Parco del Conero. Ma, dopo la demolizione dell’albergo simbolo del boom economico degli anni ’60, il licenziamento dei dipendenti, e l’inizio dei lavori, oggi del futuristico progetto è rimasto solo il cantiere.

Per l’acquisto dell’area e la realizzazione delle abitazioni, pensate per essere delle seconde case, il costruttore Pietro Lanari chiese e ottenne un finanziamento di circa 160 milioni di euro dalla poi fallita Banca Marche, ora sotto inchiesta. Ancora oggi, però, a distanza di otto anni tutto è fermo. Delle villette in stile arabeggiante e dell’idea di un nuovo litorale, libero da “ecomostri”, come il vecchio hotel veniva etichettato, non rimane che un’incompiuta, fatta di impalcature arrugginite e sogni infranti.

Molti dei sostenitori del progetto, dai dirigenti dell’Ente Parco del Conero all’ex sindaco di Numana, con il senno di poi tornerebbero indietro: “Quello che avevamo era un ecomostro, ma questo è un niente”. Un pugno nell’occhio della riviera bandiera blu dell’Adriatico.


‘Santa’ nel cuoreIl passaggio di proprietàIl progettoIL compromessoIl reato ambientaleI dubbi dei cittadiniLa crisi di Banca MarcheLa doppia inchiestaLe parti in causa oggiIl villaggio delle meravigliePresente e futuro


‘Santa’ nel cuore

Cercando il suo nome su Google oggi compare la scritta “Chiuso definitivamente”, ma per i dipendenti che per anni hanno rappresentato il cuore pulsante del resort a quattro stelle Santa Cristiana, la parola chiuso è sinonimo di lutto. “Non abbiamo perso solo il lavoro – racconta Anna Rita Nicoletti, ex dipendente e memoria storica dell’hotel – ma abbiamo perso la nostra stessa vita, la nostra famiglia. Tutti l’abbiamo vissuto come una parte di noi stessi”.

Il Santa Cristiana fu costruito nel 1963 e aperto nel 1967. Anna Rita ci ha lavorato per 33 anni, da quando ne aveva 20 fino alla sua chiusura, nel 2009. “Sono entrata che non sapevo fare nulla – racconta – ma l’allora direttore mi ha rassicurato, bastava la voglia di imparare”.

Era una struttura troppo bella, funzionale, efficace, per scriverci sopra la parola fine Anna Rita Nicoletti

Negli anni, di giovani promesse con la voglia di imparare, al Santa Cristiana ne sono passate molte, soprattutto tra gli animatori. Da Lorenzo Campagnari, autore di tutte le edizioni Mediaset dell’Isola dei Famosi e di altri programmi come X Factor e E poi c’è Cattelan, a Stefano Genovese, regista degli spettacoli di Arturo Brachetti e autore di alcune opere teatrali.

“All’inizio eravamo un semplice albergo – continua Anna Rita – poi dal 1985 siamo diventati un Club, il primo in Italia indipendente rispetto alle grandi catene come Valtour”.

A rendere unico l’hotel, tra quelli della riviera del Conero, non erano solo l’accesso diretto alla spiaggia, tramite un ponte sopraelevato sulla statale adriatica, l’animazione e la piscina olimpionica, con trampolini da tre e 10 metri, ma anche la sua imponenza, che per alcuni era sinonimo di “ecomostro”. Con le sue 196 camere, i 200 appartamenti, le tre sale convegni, i due ristoranti e la discoteca, il resort era l’unico della zona a garantire, durante il periodo estivo, una presenza giornaliera di oltre 1200 turisti.

Ma, anche d’inverno offriva una risorsa turistica importante. “Il capodanno al Santa era una tradizione – spiega Anna Rita – ogni anno facevamo dalle 500 alle 800 presenze giornaliere, per quattro giorni”. E poi i convegni e i meeting, che annualmente, anche in periodi di bassa stagione, riempivano di persone i corridoi dell’hotel. “Come dimenticare la V Conferenza mondiale Helen Keller (la sordo-cieca statunitense che fondò nel 1915 l’associazione no profit per prevenire la cecità, ndr) – ricorda Anna Rita – quando offrimmo ospitalità a sordo ciechi, ma imparammo anche molto da loro”.

Come Anna Rita, così altre 100 persone ogni anno lavoravano alla grande macchina del Santa Cristiana. “Era una struttura troppo bella, funzionale, efficace, per scriverci sopra la parola fine”, conclude commossa.

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Il passaggio di proprietà

Nel 2007 il costruttore Pietro Lanari compra l’area fronte mare su cui sorgeva il Santa Cristiana, chiedendo un prestito all’allora Banca Marche, come già detto, pari a circa 160 milioni di euro. Un capitale enorme che doveva servire sia all’acquisto che alla riqualificazione dell’area, ma che fu usato – secondo quanto ipotizzano gli inquirenti della procura di Ancona che seguono la maxi inchiesta – per altri scopi, forse personali. Le indagini, però, sono ancora in corso. “L’idea iniziale del compratore – spiega oggi l’ex sindaco di Numana, Marzio Carletti, in carica da giugno 2009 a maggio 2014 – era quella di lasciare la struttura in mano alla vecchia gestione fino al termine del contratto di locazione, nel 2013”. \

Ma la sofferenza economica, avvertita a livello mondiale e derivante dalla crisi dei subprime statunitensi, cambia le carte in tavola. “Il progetto subì un’accelerazione – continua Carletti – credo fosse necessario restituire velocemente il prestito”. Nel giro di una settimana, a marzo 2009, la prima parte del progetto viene esaminata e approvata dal Comune di Numana. La documentazione passa poi in mano all’Ente Parco e alla Soprintendenza, garanti, anche loro, di un progetto edilizio in linea con le normative.

Dopo vari passaggi, i tavoli di confronto vengono sciolti e il progetto arriva a una definizione.

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La città ideale – il progetto

Un enorme complesso turistico-ricettivo. Questo doveva essere il Santa Cristiana Futura, l’altro nome pensato per l’intervento di riqualificazione dell’area. Eppure, nella prima parte del progetto, l’unica finora commissionata all’architetto Pasquale Piscitelli, non compare alcuna struttura turistica, insomma neanche un albergo. Previsti erano invece 114 appartamenti, tra i 60 e gli 80 metri quadrati, pensati come seconde case. A questi poi si aggiungevano sei negozi e un bar-ristorante inseriti in una struttura centrale a forma di barca. Le villette, inoltre, si legge nella presentazione sul sito, dovevano sorgere attorno a una piazza centrale, immerse nel verde dei loro giardini.

A rimanere in piedi anche il ponte che collega alla spiaggia, da ristrutturare però con una parte in vetro, più in armonia con lo stile orientale. Il tutto in 123.000 metri cubi, sviluppati su una superficie poco più ampia di 35.000 metri quadrati. Ad abbellire il progetto, infine, anche la pedonalizzazione del tratto di via Adriatica, di fronte al nuovo complesso residenziale.

Lo spazio verde lasciato tra le costruzioni incompiute oggi è quasi inesistente, appena sufficiente per le impalcature arrugginite che tuttora, a distanza di anni sono state abbandonate là.

Del maestoso piano “Le Marche che cambiano”, pensato dal costruttore Pietro Lanari, che aveva cantieri per tutto il litorale, nessun progetto è stato concluso. Ma l’architetto del villaggio “ideale” è ottimista: “Spero che il mio disegno possa vedere la fine”, spiega Piscitelli oggi.

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Il compromesso dopo la chiusura

Nell’agosto 2009 il sogno finisce. Dopo un’ultima stagione da record, e nessun tipo di avvertimento, il Club Santa Cristiana viene chiuso. “Era nell’aria, ma solo a fine estate ci hanno intimato di dover sgomberare tutto entro ottobre”, racconta Anna Rita Nicoletti. A nulla sono valsi gli appelli alla comunità. Dell’hotel che garantiva turismo, di cui beneficiava tutta la riviera, sembrava non importare a nessuno. “Ci siamo sentiti abbandonati”, conclude Anna Rita. “La riqualificazione era necessaria – sostiene invece Carletti – la struttura dell’hotel era ormai fatiscente”.

Ma soprattutto, secondo la vecchia amministrazione, il villaggio del Santa Cristiana rappresentava un mondo a sé stante, come un luogo ameno, utile solo a se stesso. “L’esigenza era quella di portare la clientela all’esterno – spiega Carletti – di creare una situazione di interscambio, con una superficie ad uso commerciale”. Proprio su questo punta l’amministrazione comunale che, dopo mesi di trattative, arriva a un compromesso il 30 novembre. In un accordo privato tra il Comune di Numana e la Società ideale srl, a firma dell’allora sindaco e di Giuseppe Pierini, amministratore con poteri di rappresentanza della società, vengono promesse delle opere di compensazione in cambio di una variante al piano regolatore del comune.

“Con un progetto così ampio il fallimento era prevedibile – dice l’ex sindaco – per questo abbiamo richiesto delle garanzie”. Cinque le opere urbanistiche chieste a titolo gratuito dall’amministrazione:

– Una via parallela al lungomare, via Marina II, per collegare Marcelli a Porto Recanati
– Una scuola materna per 80 bambini
– I lavori di sistemazione della pavimentazione di Piazza del Santuario nel centro storico di Numana
– Un parcheggio pubblico in via del Conero con capienza di 300 posti auto
– Case popolari da realizzare in un’area individuata dal Comune

Per accelerare l’approvazione dei progetti e l’inizio dei lavori, l’azienda presenta un primo progetto a ribasso rispetto a quanto consentito dalle norme. “Secondo il piano regolatore – spiega Carletti – la tipologia di intervento sull’area prevedeva un’attuazione diretta, cioè se il progetto avesse rispettato le norme edilizie, il Comune sarebbe stato obbligato a concedere i permessi”.

Molte però le regole da rispettare di competenza del Parco del Conero, come l’altezza massima per le nuove costruzioni, che non potevano superare i sette metri di altezza. “La priorità per il Parco del Conero era quella di mantenere dei corridoi biologici, ossia aree verdi, per garantire l’ecosistema dell’area”, ricorda l’ex presidente dell’Ente, Gilberto Stacchiotti.

Un limite che per l’amministrazione di Numana “era da togliere o alzare almeno fino a quattro piani, perché privo di vantaggi in determinati punti del territorio”. Carletti però sottolinea: “Bisognava comunque arginare l’idea iniziale che prevedeva torri alte sette piani. Avrebbero cambiato poco lo skyline rispetto all’ “ecomostro” precedente”.

Così, cercando un accordo tra le parti, il gruppo Lanari presenta piani edilizi solo per un terzo dei metri cubi edificabili complessivi, pari a 123.000. Ma negli accordi cambia anche la destinazione dell’area. Con una variante al piano regolatore il comune va incontro a Lanari ribaltando le percentuali tra strutture turistiche e strutture residenziali.

Il precedente piano regolatore, infatti, prevedeva che solo il 25% dei 123.000 metri cubi edificabili venisse destinato a un uso turistico-residenziale, mentre il restante 75% avrebbe dovuto prevedere una destinazione alberghiera. Mentre nei documenti si legge: “Vengono convenute le seguenti percentuali di destinazione urbanistica, in riferimento alla nuova composizione volumetrica concordata in riduzione: 35% destinazione albergo/residence, 60% destinazione turistico-residenziale, 5% destinazione commerciale e altri usi”. Una variante che oggi lo stesso ex sindaco definisce una “speculazione edilizia”, realizzata in un periodo (tra il 2010 e il 2011) in cui parlare di seconde case era oramai un lusso per pochi, soprattutto se al costo di 6000 euro al metro quadro, come l’agenzia immobiliare proponeva.

Siglato l’accordo, nei primi mesi del 2010 la società che gestiva l’hotel, la Santa Cristiana Spa, viene liquidata dal Gruppo Lanari, proprietario della Città Ideale srl. L’ambito progetto può avere inizio.

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Il reato ambientale

A marzo dello stesso anno, in tempi record, il vecchio hotel viene abbattuto. Bracci meccanici e gru lavorano senza sosta per liberare l’area da quello che viene considerato un “impatto visivo troppo grande”. “Abbiamo suggerito che entrambi gli edifici fossero demoliti contemporaneamente – spiega Marzio Carletti – il costruttore per abbattere i costi aveva pensato di demolirne uno alla volta”. In neanche un mese l’area è una tabula rasa.

Una demolizione effettuata però senza i dovuti permessi. Tanto che, si legge nelle carte, solo pochi mesi dopo, ad agosto 2010, la società si autodenuncia ottenendo il permesso a costruire in sanatoria, pagando una multa da 516 euro. Tra le macerie vengono seppelliti anche le 1000 piante che caratterizzavano il verde del vecchio hotel e i murales del pittore anconetano Enrico Saviotti, che li aveva donati al Santa Cristiana fin dagli anni ’60.

Abbiamo visto riempire la vecchia piscina con tubi, materiale edile e amianto Doriano Moroni

Terminata la demolizione i lavori hanno inizio. Ma la vita del progetto non è semplice fin da subito. Un’area di 10.000 metri quadri interna al cantiere viene sequestrata. Cinque persone vengono denunciate per gestione illecita di rifiuti speciali pericolosi: Pietro Lanari, Giuseppe Pierini e i tre fratelli della ditta scavatrice Ronconi, Paolo, Massimo e Guido. “Il vicinato ha visto riempire il vuoto lasciato dalla vecchia piscina con tonnellate di materiali tra plastiche, tubi e amianto”, racconta Damiano Moroni, presidente del comitato cittadino Santa Cristiana.

Uno dei murales di Enrico Saviotti

Ma a far scattare la denuncia è lo sversamento di una vecchia cisterna contenente gasolio, estratta senza le dovute cautele, che crea un vero e proprio lago nero. Il danno ambientale e il valore dei beni sotto sequestro vengono stimati attorno ai 2 milioni di euro. Il sequestro però ferma il cantiere solo per un breve periodo. “Tutt’ora, in misura ridotta, una parte dietro al vecchio residence è sotto sequestro – sostiene l’ex sindaco Carletti – ma ancora non è stata bonificata”.

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I dubbi dei cittadini

A risentire da vicino dei lavori sono gli abitanti della zona, residenti o che hanno lì le loro seconde case, che decidono di vederci chiaro sull’enorme complesso che sta per sorgere a un passo dalle loro abitazioni. Nel luglio del 2011, nasce il Comitato Santa Cristiana, un gruppo di 40 persone, sotto la presidenza e guida di Doriano Moroni. “A preoccuparci era la variante della strada – spiega Moroni – le macchine sarebbero state deviate davanti casa nostra”. Quindi, non un comitato contro il nuovo complesso residenziale, ma a tutela di quei cittadini toccati dalla modifiche che la Città Ideale avrebbe portato al tessuto urbano circostante.

Due i temi scottanti delle proteste: la viabilità e il sistema fognario. “Da progetto la strada doveva essere pedonalizzata solo davanti al residence, non aveva senso”, spiega oggi il presidente. Un’idea di chiusura del lungomare che avrebbe necessitato di ulteriori infrastrutture, come parcheggi lontani dal mare,con adeguato collegamento alle spiagge. “Nel progetto poi la linea di demarcazione della recinzione dei lavori era sopra una zona demanio pubblico, cioè le fognature, un’assurdità”, commenta oggi l’architetto del comitato, Marco Sorrisi.

Di difficile soluzione era anche la questione dello scarico fognario. Un problema che la frazione di Marcelli ha da anni, ma che costruendo un nuovo complesso residenziale era necessario valutare.

“Gli appartamenti inizialmente dovevano deviare gli scarichi in salita – spiega l’architetto – un’operazione praticamente impossibile”. Per questo la scelta ricade su un condotto, lungo circa 1,5 km, che avrebbe portato, passando sottoterra, gli scarichi direttamente alla foce del Fiume Musone. “Nel progettarlo, poi, si resero conto che c’erano dei sottopassi impossibili da aggirare”, conclude Sorrisi. Un nulla di fatto che, sostanzialmente, lascia ancora oggi irrisolto il problema fognature.

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La crisi di Banca Marche

I lavori proseguono e il villaggio comincia a prendere la forma che oggi si vede. Appartamenti a pochi metri l’uno dall’altro, pochi spazi verdi, e una distanza dalla strada minima ben lontana da quei cinque metri che il vecchio piano regolatore prevedeva.

Ma nel 2013 la banca che aveva prestato i soldi al costruttore Pietro Lanari, Banca Marche, entra in crisi. Con lei, trascinate nel vortice di crediti concessi senza garanzie, falsi in bilancio, e altre accuse, anche altre tre piccolo-medio banche italiane, Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara e Carichieti.

Inutile la corsa dell’imprenditore, che tenterà fino all’ultimo di vendere quanti più appartamenti possibile. Solo una ventina riescono ad essere venduti. Il cantiere chiude e gli anticipi inconsistenti non bastano a Lanari per ripagare i debiti, oramai di milioni di euro, verso la banca e i creditori.

Oltre alla Città Ideale, infatti, il costruttore possiede anche altre tre società: Immobiliare Zeus, Immobiliare Elle e Fortezza srl, proprietaria di numerosi cantieri tra cui il villaggio Adamo ed Eva, sempre lungomare, l’ex Sacelit di Senigallia e il cantiere Cinque Camini a Potenza Picena.

A ottobre 2014, la Città Ideale srl chiede il concordato preventivo liquidatorio, un accordo di salvataggio che permette il pagamento di alcuni creditori a scapito di altri. Ma il 19 febbraio 2015 il costruttore getta la spugna, dichiarando il fallimento di solo una delle quattro società, La Fortezza Srl.

Città Ideale, nel frattempo, diventa Komaros Borgo srl. Proprietà da cui esce l’imprenditore anconetano. Socio di maggioranza diventa Massimo Camiciola, avvocato di Porto Recanati, già partner in affari di Lanari e presente all’illustrazione ufficiale del progetto della Città Ideale. Le finalità sono le stesse della prima società, vale a dire portare a termine il cantiere. Un’impresa comunque sotto controllo del Tribunale di Ancona, e per la quale l’avvocato propone un concordato di continuità, uno strumento giuridico nato nel 2012 che permette la prosecuzione delle attività aziendali, sotto l’egida, appunto, del tribunale.

Inutile dire che anche questo progetto fallisce. Difficile, infatti, trovare i soldi per terminare il progetto. Intanto, il 22 novembre 2015, Banca Marche viene messa in liquidazione coatta amministrativa, la procedura fallimentare dedicata alle banche. A distanza di pochi mesi, aprile 2016, la Komaros borgo srl, fallisce, e con lei, tutti i sogni di un litorale libero da ‘mostri’ dell’edilizia.

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La doppia inchiesta che sfiora il Gruppo Lanari

La maxi-inchiesta Banca Marche ad oggi non è ancora terminata. Le carte sono ancora in mano alla Procura di Ancona e il nome di Pietro Lanari, l’imprenditore con il debito più alto nei confronti della banca pari a 250 milioni di euro, accumulato dal 2007 al 2012, compare in uno dei fascicoli.

Lanari entra nelle indagini durante la seconda udienza preliminare, quando gli stessi amministratori della banca sono ancora indagati per appropriazione indebita. L’accusa è di concorso in appropriazione indebita. Nel 2015 però la Banca viene messa in liquidazione coatta amministrativa. Di fatto fallisce e per 17 ex dirigenti si configura il reato di bancarotta fraudolenta, punibile da 3 a 10 anni di reclusione. Un’accusa che Lanari, durante l’interrogatorio, respinge, affermando di non poter essere a conoscenza della condizione generale della banca in quanto cliente della stessa. Ad oggi l’imprenditore anconetano risulta ancora indagato nel processo madre, ma il reato che gli viene contestato è di appropriazione indebita aggravata in concorso.

Il secondo fascicolo riconducibile alle attività dell’imprenditore anconetano è quello riguardante il fallimento delle quattro società sotto il Gruppo Lanari, crollate tra il 2014 e il 2016. Questo ora è passato in mano alla procura di Ancona, che sta valutando le ipotesi di reato come quella di bancarotta fraudolenta. Al momento, però, non sono noti eventuali iscritti al registro degli indagati.

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Le parti in causa oggi

Con il senno di poi a considerare la Città Ideale una costruzione inutile sono in molti. “Sento di non avere colpe – confessa l’ex sindaco – abbiamo realizzato molte opere grazie a quel cantiere, anche se vederlo così fa male”. Due delle opere di compensazione, infatti, oggi sono state realizzate: il parcheggio e la ristrutturazione di Piazza del Santuario. Anche la scuola a Marcelli di Numana è stata costruita. Inaugurata lo scorso anno, l’opera è costata 800.000 euro. Soldi comunque presi da un fondo di garanzia istituito dal Gruppo Lanari, ma, come specifica il sindaco Tombolini, “derivanti da un altro cantiere”, quello dell’Adamo ed Eva.

A rimanere delusi per la situazione di degrado in cui si trova l’area, anche i membri del Parco. “Guardando al nome del progetto tutto potevamo immaginare, meno che potesse diventare così. Scheletri dell’edilizia che difficilmente riusciremo risanare”, commenta oggi Fabia Buglioni, ingegnere ed ex vicepresidente dell’Ente Parco del Conero.

“Tutto sommato nello skyline della riviera il Santa Cristiana era ben inserito”, continua l’architetto. L’unica soluzione possibile è finire l’incompiuto, nella speranza di vendere poi le case. “Sarebbe folle mettere su un metro cubo in più”, conclude l’architetto. Il vero sbaglio, però, è stato vedere l’hotel come riduttivo per le esigenze del territorio. “Un resort che nonostante un impatto paesaggistico forte, comunque garantiva una buona capienza ricettiva”, commenta Gilberto Stacchiotti, ambientalista e membro del direttivo dell’Ente Parco all’epoca del progetto. Ad essere garantito era anche un indotto economico che ancora oggi manca al turismo della cittadina di mare.

Il turismo che distingue la riviera è proprio quello ambientale e eco-sostenibile, sostenuto dal Parco del Conero, ma poco garantito da una politica edilizia che punta a riempire ogni singolo centimetro libero. “Se consideriamo che la popolazione in estate quadruplica – continua Stacchiotti – mancano anche molte misure, igieniche e ambientali. L’impianto fognario, ad esempio, è totalmente insufficiente”.

Una mancanza di lungimiranza che le amministrazioni si portano dietro da anni. Anni in cui, invece di privilegiare un turismo verde, come un’area tutelata dalle regole dei Parchi dovrebbe garantire, si è solo speculato.

Anche l’attuale sindaco di Numana, Gianluca Tombolini, oggi segna con la matita blu il danno turistico portato dalla mancanza del vecchio hotel. “Le presenze sono diminuite – commenta il sindaco che all’epoca era assessore al turismo – è il danno più grande che questa decisione ha portato”. E, a sottolineare la responsabilità della precedente amministrazione, afferma: “Ci siamo ritrovati questo problema tra capo e collo, ma non faremo gli stessi sbagli”.

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Il villaggio delle meraviglie

Eppure, a distanza di otto anni, c’è chi ancora risente di quelle decisioni. Tra questi c’è Sofia, 22 anni e un futuro da educatrice. Fino ai suoi 13 anni, ha passato ogni estate nell’hotel. “Vivevamo lì perché papà ci faceva lo chef – racconta – era casa nostra per quattro mesi, da maggio a settembre”. Mare, piscina, baby-club, animazione: “Era come vivere sempre in vacanza”.

Un po’ come un castello, dove ogni passaggio segreto porta a scoprire nuovi posti, il Santa Cristiana per molti bambini – in particolare per i figli dei dipendenti – ha rappresentato un luogo magico, quasi incantato. Per quelli della zona che passavano le vacanze a Marcelli di Numana, riuscire ad intrufolarsi nell’hotel era quasi una sfida. In pochi sapevano, infatti, che vicino al mini-club, dietro la siepe, c’era un buco nella recinzione, dove poter sgattaiolare per arrivare a testare i trampolini della piscina.

Tre mesi da ‘intoccabili’, tre mesi in cui vivere insieme una piccola grande avventura. Di giorno il ponte, quello attraversato mille volte per arrivare alla spiaggia, la sera l’anfiteatro, dove l’animazione organizzava gli spettacoli. Ogni posto per lei rappresenta ancora un ricordo vivido. Tra i momenti ben impressi, Sofia ha il giorno del ‘Ferraluglio’, una festa pensata per quei clienti che non potevano celebrare il Ferragosto. “Il resort si divideva in due squadre – racconta divertita – e per tutto la giornata c’erano continue sfide. Solo in serata, poi, si decretava il team vincitore”.

Ma, a parte il ricordo con gli occhi da bambina, Sofia è ben cosciente di cosa abbia voluto dire la chiusura per la sua famiglia. “Vivere quel periodo è stato quasi come un lutto”, si confessa. Dopo un anno senza lavoro e un periodo a seguito del vecchio gruppo di dipendenti, prima gestori di un hotel in Calabria, ora in Puglia, il padre di Sofia torna nelle Marche. “Ha trovato posto in un hotel, ma un giorno andando a lavoro ha avuto un incidente sullo scooter – racconta con un filo di voce Sofia – e ha perso un piede. Da allora non ha più potuto fare lo chef”. La ferita per lei è ancora aperta: “Erano le persone a renderlo bello, non tanto il luogo in sé, alcuni clienti estivi non li ho più rivisti”.

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Presente e futuro

Erba alta, incuria, materiali edili abbandonati. Oggi l’area è diventata un parco giochi per i topi. In quasi quattro anni di totale abbandono gli interventi di bonifica sono stati praticamente inesistenti.

“Oltre all’impatto visivo – lamentano i residenti del Comitato Santa Cristiana – il problema è di tipo sanitario, troviamo i ratti dentro casa”. Ogni estate, infatti, pur essendo un’area privata sotto curatela fallimentare, il comune deve occuparsi della derattizzazione. “È una problematica di cui ci stiamo occupando” risponde Tombolini. Ma la realtà è che l’invasione di topi, così come l’espansione della siepe della recinzione fino al marciapiede, o la sicurezza della rete stessa, abbattuta in alcuni punti, non dovrebbero essere questioni di competenza dell’amministrazione. “In questi anni – dicono i rappresentanti del Comitato – è mancata una corretta gestione da parte del curatore”.

Una gestione che potrebbe durare ancora per anni. La proprietà non è ancora stata messa all’asta, ma le stime sono già state fatte. “L’asta partirà entro l’anno da una base di 30.000.000 di euro”, fa sapere il curatore fallimentare, l’avvocato Maurizio Boscarato. Un prezzo che dovrebbe scendere del 20% se la prima battitura dovesse andare deserta. A questo, poi, andrebbero aggiunti i debiti che comunque pesano sull’area. Questi sono stati attualmente recuperati da una società di proprietà di Banca Italia, la Rev, specializzata in crediti deteriorati. Crediti che, anche se dovessero essere alleggeriti rispetto al debito contratto da Lanari, peseranno sul nuovo compratore.

Quello che è certo è che non sarà possibile edificare la cubatura prevista dal progetto, quella per cui il possibile acquirente comprerà la proprietà. Con l’attuale altezza degli edifici, pari a sette metri, come il regolamento del Parco del Conero prevede, infatti, 123.000 metri cubi non entrano dell’area. Il vecchio hotel racchiudeva quella volumetria in due edifici di sette piani, mentre le nuove costruzioni, a più basso impatto visivo, non bastano a contenerla.

Nel 2016, inoltre, il permesso a costruire è scaduto, per questo l’unica soluzione, nel caso in cui l’area venga acquistata, sarebbe quella, da parte del Comune di Numana, di diminuire la volumetria edificabile tramite una variante al piano regolatore.

Il “pugno” nell’occhio blu della Riviera del Conero è destinato a rimanere così per anni, una decina per i più ottimisti, molti di più per i realisti. Anni in cui si continuerà a discutere sulle speranze andate in fumo e sui progetti mai finiti. Anni in cui si ripenserà ai fallimenti del passato che sempre più gravano sulle spalle del futuro dell’Italia.

La Città Ideale rimarrà come monito, piantata robustamente nel terreno, promemoria di un Paese che sbaglia troppo spesso.

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Questo servizio è un progetto di fine corso per il biennio 2016-2018 dell'Istituto per la Formazione al giornalismo di Urbino (IFG), pubblicato il 28 marzo 2018