Numana città delle tartarughe. Una Caretta Caretta per aiutare l’ambiente

di Leonardo Grilli

Esiste un piccolo Comune italiano che sta portando avanti un modello ambientale innovativo, che privilegia la tutela del patrimonio naturalistico piuttosto che lo sfruttamento consumistico del territorio. Si chiama Numana, in provincia di Ancona, conta circa 3.800 abitanti e si trova alle pendici del Monte Conero. È qui che dal 2013 vengono controllate e liberate le tartarughe marine Caretta Caretta recuperate e curate a Riccione in strutture ospedalizzate della Fondazione Cetacea. Puntando anche all’educazione del cittadino e creando dei servizi per il turista “ecosostenibili”, a impatto zero e che aiutino la salvaguardia del territorio e dell’ambiente.

Il progetto ambientale. A spiegarlo è Rossana Ippoliti, avvocato di 48 anni, assessore al Porto, al Demanio e all’Ambiente e responsabile comunale del progetto. “Vogliamo che gli 80.000 turisti che ogni anno ci vengono a visitare conoscano Numana come un luogo dove si aiuta l’ambiente. Vogliamo educare e informare oltre che intrattenere, non c’è bisogno di consumare il territorio, ma dobbiamo integrarci con esso”.

“La caletta di riabilitazione delle tartarughe e la collaborazione con la Fondazione Cetacea – spiega la Ippoliti – sono per noi un progetto ambientale di grandissimo valore. Stiamo trasformando l’offerta privilegiando sempre più un aspetto peculiare delle nostre coste che ci permette di curare i nostri animali facendo far loro un periodo di adattamento. Stiamo cercando di sfruttare le qualità del posto che amministriamo – continua l’assessore – in senso ambientale”.

Dello stesso avviso anche Sauro Pari, presidente della Fondazione Cetacea. Giornalista ed editore, è arrivato alla Fondazione nel giugno 2005 per curare l’edizione del periodico “Cetacea Informa” e nel 2008 è stato eletto presidente della onlus, di cui è anche direttore. A Riccione, all’interno dell’ospedale delle tartarughe, spiega i due obiettivi principali del progetto: educare al rispetto dell’ambiente e creare a Numana una sinergia fra la tutela dell’ecosistema e l’economia locale.

Merito anche del marketing. Se i traghetti che permettono ai turisti di assistere alle liberazioni sono sempre pieni, il merito va anche all’operazione di sponsorizzazione cominciata diversi anni fa. “La pagina Facebook ‘Numana città delle tartarughe’ – spiega Davide Cesini dell’ufficio turistico di Numana – è arrivata in poco tempo a 1862 ‘mi piace’, e il trend è in continua crescita. Anche la copertura media dei post è alta, parliamo di circa 500 visualizzazioni ciascuno”.

Per quanto riguarda invece la distribuzione di depliant, nel 2015 sono stati più di 20.000 i volantini distribuiti su tutti il territorio locale. Mentre negli uffici del centro di Informazione e accoglienza turistica le richieste riguardo alle liberazioni delle Caretta Caretta sono state 682, in un periodo che va da giugno a settembre. Ad essere attirata nel piccolo comune marchigiano è stata anche la principessa Theodora del Liechtenstein. La bambina di undici anni, accompagnata dal padre il principe Alessandro, ha visitato Numana il 5 settembre 2015 appositamente per assistere alla liberazione della tartaruga Drago. E nell’occasione ha donato alla Fondazione Cetacea un costoso dispositivo Gps, il trasmettitore Argos, che consentirà di monitorare gli spostamenti di questo esemplare facendo rimbalzare il segnale radio dal suo guscio al satellite.

Drago, una tartaruga femmina di 45 chilogrammi, è stata catturata da un peschereccio al largo di Ravenna  il 23 marzo 2015, portata al centro di recupero della Fondazione Cetacea e trattata per ipossia a causa ad un inizio di annegamento. L’esemplare ha avuto anche una escrescenza sullo zigomo sinistro sorto da una vecchia ferita, che ha compromesso per sempre il suo occhio sinistro, e la protuberanza è stata tagliata via da un intervento chirurgico per rimuovere un possibile punto di attacco per reti da pesca. Dopo sei mesi di riabilitazione Drago è stata rilasciata a Numana. Al 25 febbraio, secondo i dati trasmessi dal satellitare, la tartaruga ha raggiunto le coste della Grecia, arrivando fino ad Atene e percorrendo 2.667 chilometri.

Come funziona. Questo progetto è nato nel 2013 grazie alla decennale collaborazione tra il Comune di Numana e la Fondazione Cetacea di Riccione, che ha il compito di recuperare e curare in strutture ospedalizzate le tartarughe Caretta Caretta ferite in mare. L’Ospedale delle Tartarughe, con sede a Riccione, è il più importante dell’Adriatico, sia per numero di interventi che per attrezzatura. A questo infatti fanno riferimento sia la Rete Regionale per la Conservazione delle tartarughe marine delle Marche che la Rete Regionale per la conservazione e la tutela delle tartarughe marine dell’Emilia Romagna. E dopo un periodo più o meno lungo in cui i cetacei vengono curati dai volontari della fondazione è alle pendici del monte Conero che avviene la parte finale del processo: la liberazione in mare. 

Una prima fase prevede un periodo, in genere di due settimane, in cui l’esemplare viene rilasciato in un tratto di mare chiuso e circoscritto: la “Caletta”. Lo scopo è quello di verificare le condizioni dell’animale, controllare se è in grado di nuotare a lungo in autonomia e se è capace di nutrirsi da solo. L’area di riabilitazione è posizionata nei pressi della spiaggia dei Frati tra gli stabilimenti “Eden Gigli” e “La Spiaggiola”. Qui l’acqua è profonda al punto giusto da permettere alle tartarughe immersioni, vi sono numerosi pesci, molluschi e a volte meduse di cui gli animali si cibano. E al contempo la visibilità in acqua permette ai volontari di tenere le tartarughe sotto costante controllo.

L’area recintata è di circa 1000 mq di mare e la recinzione è realizzata con una rete a maglia di 4 cm, ancorata sul fondo e tenuta sollevata da pali e galleggianti. Per bloccare le alghe, che possono dare fastidio all’animale, all’esterno del recinto è stata collocata una seconda rete di maglia ancorata obliquamente mentre a 2 metri di distanza una fune sospesa delimita l’area di rispetto invalicabile per la sicurezza delle persone e la tranquillità degli animali. Nella Caletta è poi allestito un gazebo in cui ricevere informazioni in merito alla biologia delle tartarughe e alle ricchezze naturalistiche della costa del Conero.

Se dopo il periodo di degenza la Caretta Caretta si dimostra autonoma e completamente guarita, ecco che può partire la seconda e ultima fase del progetto: la liberazione vera e propria. I rilasci avvengono nell’area di mare antistante la spiaggia delle “Due Sorelle”, ma ecco la parte più turistica e affascinante del progetto: grazie ai Traghettatori della Riviera del Conero, che mettono a disposizione due motonavi, chi vuole può seguire in diretta tutte le fasi del rilascio in acqua. E fare, al contempo, anche un’opera di solidarietà ambientale. Il prezzo del biglietto è infatti di 15 euro, ma di questi la metà sono donati alla Fondazione Cetacea.

La liberazione di Gennarina. Nel 2015 ci sono state sei liberazioni sulla spiaggia delle Due Sorelle (29 giugno, 13 luglio, 20 luglio, 3 agosto, 31 agosto, 5 settembre) con 12 imbarcazioni sold out per un totale di 2.520 partecipanti. E il 13 luglio è toccato alla tartaruga soprannominata Gennarina. In fila per ritirare i biglietti, sotto un caldo impietoso, oltre 200 visitatori. Molti di questi accompagnano i loro figli, e alcuni arrivano da molto lontano. “Siamo venuti apposta dal Veneto – racconta Antonella Schiavon mentre tiene per mano sua figlia – spesso veniamo al mare nelle Marche e appena abbiamo saputo della liberazione ci siamo detti che non potevamo mancare. Il caldo? Vale la pena sopportare, sono sicura che i miei bambini si ricorderanno di questa giornata”. In effetti sembra questo il filo rosso che lega la maggioranza dei presenti: vivere per un pomeriggio con chi tutti i giorni si impegna per salvare l’ecosistema marino, e al contempo insegnare ai propri figli l’importanza e il rispetto per l’ambiente.

Alle 16.30 comincia l’imbarco su “Il leon d’oro”, uno dei due traghetti che porteranno i turisti alla spiaggia, e una volta che tutti si sono accomodati ai propri posti arriva, trasportata dai volontari, la star dell’evento: la Caretta Caretta Gennarina, che viene fatta accomodare a prua, coccolata nel suo piccolo recinto di plastica dalle coperte e dagli sguardi incantati di decine di bambini. Questa, da quando nel 2013 Numana è stata scelta nell’ambito del Progetto Europeo IPA Adriatic NetCet volto alla salvaguardia di specie protette in difficoltà, è una scena che si ripete ogni volta.

Dopo una decina di minuti ecco lo sbarco sulla spiaggia delle Due Sorelle, un piccolo paradiso alle pendici del Conero. Il traghetto attracca, i volontari fanno scendere con una scaletta le famiglie e fanno posizionare i visitatori lungo la spiaggia. Oltre 210 persone sistemate lungo un ampio semicerchio, con i bambini in prima fila, in attesa di un solo istante: quello in cui la tartaruga verrà sollevata dalla sua scatola e rivedrà il mare. La voglia è tanta, la curiosità anche maggiore, e qualcuno rompe le righe per avvicinarsi più del dovuto.

Ma il richiamo degli uomini della fondazione è perentorio: “Signori state indietro. Questo momento – spiegano – è di fondamentale importanza. L’animale deve andare verso il mare di sua volontà, e deve avere la strada libera. Se le state troppo vicino potrebbe spaventarsi”. Una volta immersa in acqua la testuggine dovrà uscire dopo poco per prendere aria, e quello sarà l’istante chiave, la prova definitiva che la tartaruga sta bene ed è autonoma. “Gennarina però – aggiungono – è un esemplare molto scaltro. E’ una furbetta, non metterà fuori la testa completamente ma solo quel tanto che basta per respirare. Dateci una mano per vedere dove”.

Ecco, l’engagement è assicurato. Più di 400 occhi si puntano sulla tartaruga, completamente rapiti e assorti. Un silenzio assoluto, irreale, eppure permeante avvolge le Due Sorelle. Ogni movimento, ogni sbattere di pinne, è accompagnato da centinaia di sussulti, da un tifo muto e potente. Gennarina si guarda attorno un po’ spaesata, sente le onde e comincia a muoversi verso l’acqua. Prima lentamente, con circospezione, poi sempre più rapidamente. Striscia, schiva un sasso troppo grande, si gira un’ultima volta indietro e poi via, giù verso il mare.

Passano dieci, poi venti, poi trenta secondi e infine eccolo l’urlo che tutti aspettavano: quello di un bambino che, in piedi sulle spalle di suo padre, grida: “Eccola l’ho vista! E’ uscita laggiù!”. E immediatamente un applauso ricco di soddisfazione scuote la piccola insenatura.

Il presidente della Fondazione Cetacea e l’ospedale.  “La risposta dei visitatori – racconta Sauro Pari – è sempre ottima. Nella spiaggia delle Due Sorelle le tartarughe possono completare la fase finale della loro riabilitazione, dato che non lo possiamo fare nelle nostre strutture visto l’alto numero di cetacei che ci arrivano ogni anno. Secondo le normative europee che regolano il recupero delle tartarughe marine infatti occorrerebbe avere delle vasche di recupero dove l’animale dopo essere stato curato possa nuotare comodamente”.

E la vasca da 15.000 litri presente a Riccione non è sufficiente per accogliere tutti gli esemplari. “Così – continua Pari – abbiamo chiesto al Comune di Numana di fare un’area di preliberazione degli esemplari, dove possiamo osservare il comportamento delle testuggini. Se nuotano bene e se mangiano quello che trovano in mare, allora vuol dire che sono in salute e le liberiamo definitivamente”.

Tuttavia l’opera di recupero e salvataggio delle tartarughe non è affatto facile, e non sempre va a buon fine: “Il recupero degli esemplari avviene tramite privati. Spesso capita che siano gli stessi pescatori che si ritrovano una tartaruga nelle reti a contattarci, altre volte invece qualcuno che le trova spiaggiate a riva. In ogni caso il cittadino può contattare direttamente noi, oppure avverte la capitaneria di porto che le invia al centro di primo soccorso, che a seconda del territorio dipende da noi, a nelle nostre strutture. Purtroppo non sono molti gli esemplari che riescono a salvarsi e che possono effettivamente essere curati. Molti vengono trovati già morti, altri muoiono durante il tragitto e altri ancora sono in condizioni tali da non poter essere salvati”.