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Le
vasche dell'allevamento da cui partirono i gamberi
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L'arrivo
dei gamberi nel lago di Massaciuccoli ha da subito stuzzicato
l'immaginazione dei viareggini, come testimonia il racconto
di fantasia pubblicato su internet e segnalato qui accanto,
fra i link in rete. Le versioni su come questi animali siano
arrivati nel lago non si contano e molte hanno appunto il sapore
della leggenda. Secondo alcune persone, ad esempio, gli animali
furono portati da un emigrante tornato dagli Stati Uniti
e deciso a passare la propria pensione a Massarosa, suo paese d'origine.
Gli animali sarebbero fuggiti dall'allevamento perché un
fulmine avrebbe spaccato le vasche dove si trovavano.
Maurizio
Balestri, era, nell'estate '95 (quella in cui esplose l'emergenza
gamberi) agente del Parco regionale di Migliarino-San
Rossore-Massaciuccoli al cui interno si trova il lago. Allora
si occupò delle indagini per conto del Parco. Grazie
al suo aiuto è possibile ricostruire, almeno parzialmente,
la verità sull'arrivo.
1988
- "In quell'anno - racconta - nacque una società agricola
e di piscicoltura a Massarosa con lo scopo di allevare quelle
che qui chiamano anguille 'cee', ossia cieche". La società,
una Sas composta da due soci (conosciuti in zona per
diversi problemi societari), richiese i permessi edilizi per costruire
l'allevamento.
1991
- "Pare che allora quella società ottenne dei finanziamenti
europei per allevare le anguille", racconta Balestri. "L'anno
successivo, nel 1992, i permessi edilizi necessari non erano
ancora arrivati ma i soci procedettero comunque alla costruzione
degli edifici che servivano loro". L'allevamento era costituito
da un magazzino e da diverse vasche larghe 5 metri
e lunghe 20. Le sponde, realizzate in Eternit, erano
alte pochi centimetri, una protezione sufficiente per le
anguille ma non per i gamberi. La zona dove fu realizzato l'allevamento
era quella della cosiddetta Bonifica di Massarosa, in località
Rio Nuovo. L'allevamento confinava con un canale comunicante
con il padule e quindi con il lago, facile via di fuga per gli animali,
come si può vedere nelle foto
realizzate dallo stesso guardiaparco.
Fu
fra il 1991 e il 1992 che i gamberi americani
d'acqua dolce furono introdotti. Racconta Balestri: "Abbiamo
interrogato molte persone. Su questo punto c'è molta omertà,
ma pare che i gamberi siano stati portati di notte, in un'autobotte
proveniente dalla Spagna, dove erano già stati importati
dagli Usa nei primi anni Settanta". Nessun riscontro,
però, è stato trovato nei documenti fiscali della
società toscana. Uno dei due soci, interrogato, dichiarò
a suo tempo di aver trovato i gamberi in un vicino fosso e di averli
portati da lì nel suo allevamento.
Autunno
1992 - Nell'alluvione che colpì la Versilia,
l'allevamento rimase sommerso. Fu allora che i gamberi uscirono
dall'allevamento per finire nelle acque del lago. Nel dicembre dello
stesso anno, la società di piscicoltura chiuse.
Nel
1993, i vigili di Massarosa sequestrarono l'allevamento e
inviarono un'informazione edilizia alla pretura di Viareggio.
Nel giugno del 1995 ci fu l'esplosione del fenomeno
gambero. Gli animali, raggiunta un'alta densità di popolazione,
uscirono persino dal lago per finire nelle case e nei giardini.
Solo allora si cominciò a chiedersi da dove provenissero.
Scattarono così le indagini del Parco. Vennero coinvolte
anche istituzioni scientifiche come il Crip (Consorzio regionale
di idrobiologia e pesca) di Livorno, l'Ente tutela pesca di Udine
e il Centro ricerche ligure. Al termine dell'inchiesta, le guardie
del Parco prepararono una informativa di reato alla Procura
di Lucca per violazione dell'articolo 11 della legge quadro 394/91
sulle aree protette. Articolo che vieta "l'introduzione
di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare
l'equilibrio naturale", pena l'arresto fino a sei
mesi o l'ammenda da 200 mila a 25 milioni di lire. L'informativa
fu, erroneamente, mandata solamente via fax e non depositata
anche per iscritto in Procura. Risultato: è stata archiviata
perché "inoltrata non regolarmente".
La
vicenda giudiziaria andò avanti invece sul fronte degli abusi
edilizi, con l'azione promossa dal Comune di Massarosa. Per
le strutture edilizie i due soci avevano chiesto il condono,
essendo state costruite prima del 1993. Ma il provvedimento era
stato negato perché il Parco aveva dichiarato, nel
1997, che "un manufatto in zona umida non è ammissibile".
Quindi gli edifici dell'allevamento risultavano abusivi
e i soci vennero condannati.
Nel
novembre 2000, il Giudice dell'esecuzione penale del Tribunale
di Lucca, sezione di Viareggio, ordinò, a seguito
del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, la demolizione
delle costruzioni. Demolizione già richiesta, senza effetto,
dal Comune di Massarosa. La Corte di Cassazione, a cui si
era rivolto uno dei soci, ha ritenuto così nel luglio 2001
che le opere abusive, "essendo trascorsi 90 giorni dall'ordinanza
del sindaco senza che questa fosse ottemperata", fossero da
considerare di proprietà del Comune stesso e che pertanto
la Procura non poteva più chiederne la demolizione. Il risultato
è che nell'aprile 2002 i manufatti abusivi sono ancora
in piedi.
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