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L'aspetto
inveranale della coltivazione è simile allo stato
in cui l'avevano ridotta i gamberi: fiori spariti, argini
crollati
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"Improvvisamente
le foglie cominciarono a riempirsi di buchi, sempre
più grandi. In breve tempo sparì tutto e non rimase che acqua.
Persi il raccolto: ci mettemmo tutti a piangere". Giuseppe Sargentini,
coltivatore di fiori di loto insieme ai suoi familiari, ha
sperimentato sulla propria pelle la voracità del gambero
killer.
La
coltivazione si trova a Bozzano, a pochi chilometri da Massarosa
e a poche centinaia di metri dal lago di Massaciuccoli. Nell'estate
1996, proprio nei mesi del raccolto, i crostacei a stelle
e strisce divorarono un terzo di quelle particolari messi: quei
fiori di loto che Sargentini, unico in Italia, coltiva ed esporta
in Germania, Svizzera e persino in Australia. Un'azienda
familiare nata alla fine degli anni Sessanta. Sargentini aveva
ereditato quel grande stagno, un tempo risaia. Otto ettari
di un acquitrinio di cui nessuno sapeva che farsene, ma in cui crescevano
spontaneamente i fiori di loto. "Ebbi l'idea di ripulirlo dalle
erbe infestanti e di lasciarci crescere queste piante acquatiche
bellissime". E così nacque l'attività.
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Un
fiore di loto
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Tutto
bene fino all'arrivo del gambero nella coltivazione. Una presenza
doppiamente nociva. Non solo, infatti, gli animali, perfettamente
a loro agio in quell'ambiente, mangiarono i bulbi e le foglie
delle piante di loto, ma, con le loro tane ramificate, facevano
crollare gli argini e i camminamenti, gli stretti terrapieni
da cui viene effettuata la raccolta. Il danno per Sargentini superava
i 400 milioni. Soldi che nessuno gli ha mai restituito. Il
Parco, infatti, si difese dicendo che la specie non è autoctona
del lago e pertanto la responsabilità ricadeva su chi li aveva importati.
Già, ma la magistratura non è riuscita a dimostrarne la colpevolezza,
per cui Sargentini oggi sostiene: "mi hanno lasciato tutti solo".
Anche se oggi, è riuscito a difendere la propria coltivazione dai
gamberi con l'aiuto della chimica.
"Quello
dell'indebolimento degli argini con le tane è uno dei problemi
più grossi portati dal gambero in tutto il territorio del lago",
sostiene il direttore del Parco, Sergio Paglialunga. "Ma i danni
maggiori sono sul profilo biologico: il gambero si è
trovato rapidamente, grazie alla sua voracità e all'eccezionale
capacità di riproduzione e adattamento, al vertice della catena
dell'ecosistema". Solo per fare un esempio, il gambero mangia
i girini di rane e rospi. La diminuzione di questi anfibi ha portato
a un aumento vertiginoso del numero degli insetti, soprattutto
zanzare. "Il problema principale, quindi, è quello di togliere al
gambero lo scettro della catena biologica del lago", spiega Paglialunga.
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