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Un laboratorio tra i trofei Sulla via Portuense, alla periferia di Roma, Edoardo Bruno vive da solo in un piccolo appartamento al primo piano. L’ingresso è angusto e un po’ buio. La porta si chiude e, dopo qualche secondo, quando gli occhi si abituano alla penobra, la lampada a muro permette di distinguere quello che c’è dentro. Contro una parete è appoggiato un manichino da lavoro in legno.
Una foto enorme riempie il resto del muro. Edoardo è immortalato
in una lunga falcata. Si vedono targhe, coppe alte, alcune dal collo lungo, altre più basse e con i manici larghi. Qualcuna è piccola, di colore argento, altre sono in ottone. Questo ingresso è un ambiente di passaggio. Dalla stanza adiacente proviene il suono di una radio. La sartoria è di là. Passata la soglia si entra in una camera piccola e piena di oggetti, separata dalla cucina da un muro sottile. Di fianco alla porta c’è la macchina da cucire, vecchia ma perfettamente funzionante. Contro la parete di fronte è appoggiato un tavolo da lavoro dalla base in legno. Sul tavolo c’è il ferro da stiro, mentre un po’ dovunque sono sparsi aghi e fili. Sui mobili e sulle mensole sono poggiate coppe e targhe senza un ordine preciso. |
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| Il "Serpentone" a Corviale | |||||||||||||||||||||||||||||||||
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