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Una delle 4 stazioni di pompaggio: aspira 250 litri d'acqua al secondo

Una giornata in riva al lago. Guidati dal dottor Giorgio Farinelli, l’ex vice-presidente Apm (società che si occupa di navigazione e cantieri in acqua) che da anni segue e denuncia l’abbandono a se stesso del Trasimeno, siamo andati a vedere dove finiscono gli oltre 20 centimetri di acqua sottratti ogni anno al bacino. La cui sopravvivenza è legata al destino di 4 stazioni di pompaggio, che lo stanno uccidendo.

E’ un freddo sabato mattina lontano dall’estate. Lungo le sponde del lago Trasimeno l’odore acre delle alghe, affiorate e cotte dal sole durante la scorsa stagione estiva, è ancora forte. Nonostante le piogge il deficit del livello dell’acqua continua ad essere pesantissimo (-160 cm sullo zero idrometrico). Sulle spiagge, cresciute a dismisura negli ultimi mesi, non c’è nessuno. I colpevoli sono lontani, anzi non esistono perché «questo spettacolo desolante – ci spiegano – è rigorosamente a norma di legge». Il ferito a morte però c’è, è sotto gli occhi di chi sta cercando di capire.
«Venite a vedere – dice l’esperto accompagnatore - l´acqua del lago viene prelevata da qui». C’è una specie di capannone prefabbricato: è una delle quattro stazioni di pompaggio costruite venti anni fa intorno al lago per dare sostentamento all'agricoltora (a norma di legge, appunto: nel "Progetto integrato Trasimeno”, varato dalla Regione nel 1985, si parla di «attingimenti temporanei in attesa dell'acqua dalla diga di Montedoglio per gli agricoltori»). Sono passati 19 anni e gli «attingimenti temporanei» sono ancora in atto, mentre l'acqua da Montedoglio non è mai arrivata (vai alla sezione Le soluzioni). Le quattro idrovore, nei mesi meno piovosi, aspirano con una potenza globale di 940 litri al secondo: più o meno fanno 20 centimetri di lago all’anno.

Il molo di un'abitazione privata, rimasto all'asciutto

Bocche assetate. La bocca dell’idrovora (60 centimetri di diametro), asciutta come se non piovesse da mille stagioni, dista oggi dalle rive del Trasimeno alcune centinaia di metri. Questo perché dal 1984, anno della sua entrata in funzione, il lago si è ritirato talmente tanto da scappare via al suo “carnefice”. «Guardate qui», indica ancora il nostro accompagnatore: con una specie di “by pass” - un sistema di tubi che, attraverso un fossato artificiale, collega la bocca della stazione di pompaggio al lago - si è ovviato al restringimento delle sponde. «Anche questo è stato fatto a norma di legge», ci assicura.
Oltre a dissetare orti e campi intorno al bacino, le idrovore hanno anche la funzione di rifornire quattro laghi artificiali che circondano il Trasimeno, dai quali parte una diffusa rete di distribuzione ad uso agricolo che copre grandi distanze nel nord-ovest della regione.

Questione di contributi. «Ma quanti sono i proprietari terrieri a cui l’acqua del lago sta portando effettivamente la sopravvivenza?», chiediamo. Per cercare la risposta, lasciamo la zona dell’idrovora e facciamo un giro tra i campi coltivati. Nei dintorni del Trasimeno (zona sud) è tornato il latifondo. Sono una ventina i latifondisti presenti nell’area: 9 di loro fanno la parte del leone. Coltivano principalmente granoturco ad uso zootecnico. Il granoturco è una coltura idrovora (perché ha alto fusto e molte foglie), ma soprattutto antieconomica: ne esiste un surplus a livello comunitario (8 milioni di tonnellate in esubero), importandolo si spenderebbe molto meno. Per i coltivatori l’unico vero guadagno deriva dai contributi comunitari concessi a chi coltiva mais (un milione di vecchie lire per ettaro). «In poche parole – spiega Farinelli – stiamo distruggendo il nostro lago per distribuire qualche miliardo di vecchie lire a poche persone, che miliardarie lo erano già».

L'immissario emissario. Prima di tornare a casa, facciamo una visita all’Anguillara, il canale artificiale costruito nel 1960 per portare sostentamento al Trasimeno. Ma adesso l’acqua scorre in senso inverso, cioè esce dal bacino per finire nel torrente. Chiediamo: «Perché?». Dallo scorso maggio, ci spiegano, l’Anguillara è improvvisamente divenuto emissario in seguito all’opera celere di camion e ruspe che hanno scavato il suo letto in senso inverso: così si è ovviato al restringimento delle sponde del Trasimeno, che aveva lasciato le idrovore a bocca asciutta. Lungo il corso del canale c’è anche un laghetto: grazie a una licenza trentennale rilasciata dall’ex Genio civile qualcuno si è costruito il suo bacino personale a fianco dell’ex immissario Anguillara. E’ proprio vero: tutto è a norma di legge. Anche l’agonia del Trasimeno.