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Ieri
“Cominciai
a fare questo mestiere quando era ancora ragazzino. Perché mi piaceva
l’odore del lago. Fino agli anni Ottanta il Trasimeno
“ospitava” almeno 500 pescatori (oggi sono
rimasti in 50, ndr). Si pescava ancora per i ristoranti della zona: il
pesce del Trasimeno aveva un marchio. Bastava dire: “Questo è
pesce del lago Trasimeno!”.
Oggi
“Sono
uno dei pescatori più giovani, chissà se ce ne saranno altri.
Da qualche anno, ogni mattina quando mi alzo guardo il cielo sperando
che piova. Le acque del lago hanno raggiunto livelli preoccupanti: in
certe zone si possono vedere tratti di fondale che affiorano in superficie.
L’estate scorsa abbiamo passato tutti dei brutti momenti. L’acqua
era bollente, stagnante, anche le nostre barche
avevano difficoltà a muoversi. Grazie al cielo qui intorno non
abbiamo industrie, altrimenti con un livello dell’acqua così
basso il pesce non sarebbe più commestibile. Oggi quello che peschiamo
viene in gran parte smistato nei grandi mercati di Roma. Qui, nei ristoranti
della zona, ne arriva spesso dell’altro: dalla Turchia
per lo più, dove i prezzi sono molto più bassi. A chi si
siede a tavola per mangiare il prelibato persico reale del Trasimeno (sempre
più raro in queste acque) può capitare del pesce proveniente
da chissà dove.
Domani
“Chi
ci governa non ha capito che se perdiamo la faccia oggi, domani nessuno
tornerà più a comprare il nostro pesce, a prendere il sole
sulle nostre spiagge, a dormire nei nostri alberghi. Spero che le condizioni
climatiche globali tornino a livelli più accettabili:
qualche altra estate torrida come quella scorsa e sarebbe un disastro
ecologico di proporzioni mai viste.
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