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  Quella salvezza
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Su queste briccole poco tempo fa si ormeggiavano le barche

Una soluzione a metà. E’ il massimo che si possa sperare per il Trasimeno al momento. L’unica via d’uscita per dare almeno una tregua a un prosciugamento che pare inarrestabile è rappresentata dalla diga di Montedoglio, un invaso toscano sul Tevere dal quale dovrebbe arrivare l’acqua che aiuterebbe il lago senza finire nel lago. Nessun gioco di parole: le reti irrigue attualmente alimentate dal Trasimeno verrebbero allacciate al sistema idrico proveniente da Montedoglio. Così gli agricoltori dovrebbero poter soddisfare la loro sete. E il lago, pur senza guarire, potrebbe risparmiare quei 20 centimetri di acqua che ogni anno concede ai campi.
Ma quando verrà cominciata, e completata, l’opera (di cui si parla da almeno 20 anni) con cui si intende soccorrere il bacino? Per Edoardo Mazzocchi, il commissario dell’Ente irriguo umbro-toscano che gestisce la diga di Montedoglio, se partissero subito i lavori servirebbero almeno 900 giorni per portarli a termine. «L’importante – commenta Arnaldo Ceccato, esperto di scienze geostrategiche - è che si faccia in fretta: permanendo le attuali condizioni, il Trasimeno rischia il suo totale prosciugamento entro il 2010».

Montedoglio e le altre. Negli anni ’80, gli amministratori in carica sostennero che l’unico modo per salvare il lago fosse deviare nel bacino tre canali (l’Esse, il Valaccia e il Formanuova). Per la stesura del progetto furono spesi alcuni miliardi di vecchie lire. Poi non se ne fece più nulla. In compenso si cominciò a parlare di una quarta isola: «Portando terra nel lago il livello dell’acqua si alzerebbe», fu la trovata di qualcuno. Di lì a poco un’altra idea: «Perché non collegare il Trasimeno al Tevere?». E poi un’altra ancora: «Pompiamo acqua desalinizzata dal mare», suggerì un ex ricercatore spaziale del Cnr, Francesco Piccari. Tra queste a altre intuizioni si fece strada la soluzione Montedoglio, l’unica che abbia trovato un consenso trasversale tra politici e cittadini. Tanto da finire nel Piano stralcio del Trasimeno: approvato nel 2001, il piano prevede sia provvedimenti di salvaguardia, controllo e gestione del bacino imbrifero, sia opere strutturali quali appunto il collegamento di Montedoglio al comprensorio lacustre. Un impegno complessivo da oltre 100 milioni di euro.

Il Trasimeno, ritirandosi, crea nuove spiagge

Fondi e politica. Da almeno vent’anni si parla di soluzioni per il problema-Trasimeno, ma in vent’anni, con il lago sempre più agonizzante, dai governi regionali e nazionali sono arrivati soltanto interventi tampone. Perché? Anzitutto per l’assenza di fondi.
Lo scorso settembre, con il livello del lago che aveva raggiunto un deficit record, facendo temere una catastrofe ecologica, il ministero dell’Economia ha firmato il decreto che concede all’Ente irriguo umbro-toscano un finanziamento di 77 milioni di euro per la realizzazione del progetto-Montedoglio. Partite e concluse le gare d’appalto, in attesa della realizzazione dell'opera (che sarà una vera e propria corsa contro il tempo, viste le condizioni del Trasimeno) ora si cerca di far decollare la seconda parte del Piano stralcio che riguarda gli interventi di miglioramento e gestione del bacino imbrifero, senza i quali il lago continuerebbe a morire.
Ma sull’uso dell’acqua attesa dalla Toscana, è già in atto una battaglia politica: c’è chi vorrebbe destinarla solo agli agricoltori, e chi - come i sindaci della zona e le associazioni ambientaliste - vorrebbe portarla anche nel Trasimeno per innalzarne progressivamente il livello. Proprio su questo punto lo scontro si profila più duro. Anche perché l’acqua interessa sempre di più ad Arezzo. E la scorta non è illimitata.