Dagli ipermercati di Sao Paulo e Rio de Janeiro
alle favelas. Anche il Brasile ha guardato con interesse al modello di
recupero della Last Minute Market, applicabile proprio là
dove c’è un grande divario tra ricchi e poveri, o, per dirla
in termini economici, tra surplus
e deficit.
L’idea è venuta sempre al professor
Segrè (vai a leggere l'intervista qui)
nell’ambito di un corso di politica alimentare. «Un giorno
ho letto il programma “Fame zero” di Lula - spiega il professore
– e dentro c’erano pure i Banchi alimentari: ho pensato subito
che le nostre caratteristiche si potevano adattare anche a quella realtà».
Poi l’incontro con Lula di Roberto Grandi, prorettore
alle Relazioni internazionali dell’università di Bologna
e amico del professor Segrè. «Ero in Brasile in missione
congiunta con il presidente della regione Emilia-Romagna, Vasco Errani
– racconta Grandi - e ho parlato a Lula del modello di recupero
applicato negli ipermercati bolognesi: ne è stato subito colpito
favorevolmente».
L’estate scorsa i ragazzi della Last Minute Market e Andrea
Segrè sono riusciti a incontrare due volte, una a Bologna e l’altra
a Modena, il capo di gabinetto del ministero straordinario istituito in
Brasile per combattere la fame e garantire la sicurezza alimentare. «La
seconda volta – dice orgoglioso Luca Falasconi – ha voluto
incontrarci lui: era entusiasta del nostro progetto, molto diverso da
tutto quello che stanno facendo là». E diverso sicuramente
dal modello applicabile a un ipermercato italiano. Per ovvi motivi. Anche
se c’è il presupposto essenziale che rende applicabile, pur
con le dovute modifiche, lo stesso modello che è stato reso operativo
a Bologna: la disparità, in Brasile gravissima e più che
evidente, tra persone molto ricche e persone molto povere, tra zone urbane
signorili e quartieri degradati.
La domanda non mancherebbe di certo, se si pensa a quante persone abitano
nelle favelas ai margini delle città. Ma nemmeno l’offerta:
solo a San Paolo del Brasile, per esempio, ci sono ipermercati
di 17.000 metri quadrati che avranno una quantità
enorme di prodotti invenduti. «E poi là – ammicca Segrè
– non c’è la Asl e nemmeno il decreto
Ronchi: si potrebbero aiutare moltissime persone senza troppe difficoltà
burocratiche». Se otterranno i finanziamenti necessari, almeno due
ragazzi della Last Minute Market, insieme al professor Segrè,
dovrebbero partire entro l’anno e andare a studiare la fattibilità
del modello in uno dei Paesi più colpiti dalla fame e dalla povertà.
Uno dei tanti dalle profonde contraddizioni sociali.
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