Venti secondi
di apnea. Un breve respiro in superficie. E poi di nuovo giù,
alla ricerca del disco. Un’altalena di scatti flessuosi
in un campo senza terra. Questo diventa l’hockey, quando
la partita si gioca sott’acqua.
Improbabile anche solo immaginarlo. Con i giocatori muniti di
pinne che si sfidano in uno spazio a tre dimensioni. E per di
più senza fiato in gola. 
Ma a sentir parlare loro, il procedimento non è poi così
strano. Perché chi sceglie di praticare questo sport
respira acqua da sempre. E considera l’hockey un modo
nuovo e divertente per allenare fiato e concentrazione.
Così la pensava anche quel sub inglese che, nel 1954,
escogitò il bizzarro diversivo. All’epoca il gioco
serviva solo a rendere più stimolanti gli allenamenti
invernali di apnea. Ma, ben presto, quel passatempo chiamato
Octopush ha varcato
i confini del Regno Unito. Ha onquistato l’Australia,
gli Stati Uniti e il Canada. Si è diffuso in Zimbawe,
Namibia e Nuova Zelanda. Per poi sbarcare in Francia, Olanda
e Belgio.
In Italia arriva nel 1995, grazie alla contaminazione di un
gruppo di sub francesi. Da Bologna, teatro della prima partita
ufficiale, il gioco raggiunge Torino, Parma, Catania e Roma.
Finchè, nel 1997, il Coni riconosce l’hockey subacqueo
come attività sportiva e approva il regolamento stilato
dalla Fipsas.
Ma
di strada da fare, almeno in Italia, ce n’è ancora
molta. Non è solo la particolarità dell’allenamento
a rendere difficile la diffusione del gioco. Ma c'è anche
un problema di sponsor, che reclamano una visibilità
impossibile sul fondo di una piscina. Nel resto del mondo, infatti,
apposite vasche trasparenti consentono ai tifosi di guardare
le partite. In Italia, invece, non esistono strutture del genere.
Nei tornei ufficiali è un sistema di telecamere a mostrare
agli spettatori ciò che avviene sott’acqua. Ma
il campo da gioco rimane la classica piscina
cittadina, dove i bambini seguono i corsi di nuoto e le mamme
si tengono in forma con l’acquagym. Proprio in una di
queste strutture, sul lungotevere di Roma, intorno alle nove
di sera, quando tutti escono dall’acqua arrivano loro.
I giocatori della squadra di hockey. Quelli del Roma
Underwater hockey and rugby club.