"Un lavoro in decadenza e i giovani sono impazienti"
 
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Un giro tra gli ampi tavoli da lavoro del laboratorio Giuliani e quello che si respira è un diffuso senso di tranquillità. Si lavora in silenzio, con un leggero sottofondo musicale, concentrati ognuno sulla ritualità dei propri gesti. Movimenti meccanici sì, ma che hanno il vantaggio di lasciare libera la mente e consentire ai pensieri di spaziare. Ad osservarli, chi lavora sempre e solo d'intelletto proverebbe un po’ d’invidia. Eppure è un’attività che sono sempre in meno a voler fare.

I giovani di oggi sono più impazienti – osserva Donato Rizzi, 45 anni, montatore dei vetri con il piombo – ma qui ci vuole tempo per imparare il mestiere, si deve andare per gradi. Noi trattiamo vetri pregiati e costosissimi e non possiamo rischiare che si facciano sbagli e si rompano. E pur essendoci tanta disoccupazione in giro, non è un lavoro che piace a tutti”. Donato lavora presso i Giuliani dal ‘79, quando all’età di 21 anni, dopo aver studiato come perito chimico, decise di seguire le orme del padre Savino, a bottega dai tempi del fondatore Giulio Cesare Giuliani. “Io amo il lavoro artigianale e comporre le vetrate mi dà una grande soddisfazione. In fondo, il risultato è una vera e propria opera d'arte. Purtroppo, però, è un mestiere in decadenza” sentenzia alzando le spalle con l’aria di chi non può farci nulla.

“Prima ce n’erano tanti di ragazzi tra i 16 e i 18 anni disposti a lavorare – gli fa eco il capotecnico Stefano Carminati, 49 anni, tagliatore, dai Giuliani da quando il padre cominciò a portarselo a bottega dopo la scuola per non farlo stare in strada – Ora pensano a proseguire gli studi. Apprendisti qui non se ne vedono e se entrano pretendono troppi soldi”. Stefano lavora il vetro dall’età di 12 anni: “Praticamente sono nato dai Giuliani. All’inizio pulivo e raddrizzavo i chiodi, senza paga. Poi ho cominciato a scegliere i vetri e ad assistere al taglio. Per imparare a tagliare bene ci vogliono anni, per questo è meglio cominciare da giovani”.
Donato e Stefano ricordano quando il personale della vetreria era composto da quindici persone: “C’erano quattro tagliatori, cinque montatori, altri che rifinivano e stuccavano, e due operai incaricati della posa in opera, cioè del montaggio sul posto, anche all’estero. E questo fino a soltanto dieci anni fa. Si stava su tre piani ed eravamo una grande famiglia”. “Ai tempi di Tommaso Giuliani – ricorda Stefano – si facevano, in occasione del suo compleanno, feste a studio. Tutti i lavoratori erano invitati con le rispettive famiglie. Il figlio di Tommaso, Giulio, poi, era per me più che un principale. Un vero e proprio amico. Spesso mi portava con lui in barca a pescare”.

La nuova generazione: Laura e Gabriella


 
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