Due convenzioni internazionali per cancellare le armi chimiche


Pubblicato il 7/04/2012                          
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La convenzione di Ginevra del 1925 e quella di Parigi del 1993 sono i capisaldi della lotta alle armi non convenzionali. Una normativa inernazionale non sempre rispettata. Come per la Libia di Moammar Gheddati, che possedeva armi chimiche nonostante avesse sottoscritto le Convenzioni.

Le armi chimiche furono utilizzate per la prima volta durante il primo conflitto mondale e la comunità internazionale, con la convenzione di Ginevra volle porre un argine al commercio.

Soldati durante la prima guerra mondiale con maschere antigas

Inoltre invocava la ‘proibizione di gas asfissianti, tossici o similari, nonché di tecniche di guerra batteriologiche’. Risultava mancante, però, un punto fondamentale. Non venivano infatti posti divieti allo ‘sviluppo, produzione e immagazzinamento in veri e propri arsenali chimici e biologici’. Questo permise a tutti gli eserciti che combatterono nel secondo conflitto mondiale di doarsi di arsenali chimici, anche se non vennero utilizzati.

LA CONVENZIONE DI PARIGI Dopo gli anni dei blocchi contrapposti durante la Guerra Fredda, con la caduta del muro cambiò l’atteggiamento degli Stati Uniti e della Russia e iniziarono discussioni sulla possibilità di trovare un accordo sul bando delle armi chimiche. Il 13 gennaio del 1993 viene firmata a Parigi la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione. La Convenzione è entrata in vigore Il 29 aprile 1997, sei mesi dopo che la sessantacinquesima nazione aveva inviato il proprio “strumento di ratifica” al segretariato Generale dell’ONU, (ad oggi sono 188 gli stati che aderiscono alla Convenzione. Quale organo di controllo degli obblighi posti dalla Convenzione viene creato l’OPCW (Organization for the Prohibition of the Chemical Weapons).

Ciascuno Stato Parte sottoporrà all’Organizzazione dichiarazioni circa il possesso di armi chimiche contenenti dati su: quantità, tipologia ed ubicazione delle armi chimiche possedute; presenza di armi chimiche sul proprio territorio appartenenti ad altri Stati parte; eventuali trasferimenti da e per altri Stati di armi chimiche (dal 1946); presenza di impianti destinati alla produzione di armi chimiche. Fornirà un piano generale per la distruzione delle armi chimiche possedute e dei relativi impianti di produzione.

LA RATIFICA DELL’ITALIA Con la Legge 496 del 18 novembre 1995, successivamente modificata con la Legge 93 del 4 aprile 1997, l’Italia ratifica e rende esecutiva la Convenzione. Il Ministero della difesa deve comunicare a quello degli Esteri i dati e le informazioni delle armi chimiche obsolete o abbandonate già raccolte nel centro di stoccaggio che sono in attesa di distruzione e a tutte le armi chimiche obsolete rinvenute in aree sotto il suo diretto controllo. Inoltre si occupa di fornire i dati dei composti chimici degli ordigni.

Attraverso lo Stabilimento Militare dei materiali per la difesa nucleare, biologica e chimica (NBC) si provvede al ”recupero, immagazzinaggio e distruzione delle armi chimiche, secondo le procedure, le modalità e le scadenze previste nelle disposizioni della convenzione e del citato annesso; fornisce su richiesta delle autorità competenti e nell’ambito della propria competenza, concorso alla identificazione, al recupero, all’immagazzinamento e alla distruzione delle armi chimiche, incluse quelle obsolete e abbandonate, rinvenute sul territorio nazionale”.

ARMI CHIMICHE IN LIBIA Nonostante le convenzioni, sono diversi i casi in cui un Paese firmatario possiede armi chimiche non dichiarate. E’ il caso della Libia. Entrata a far parte dell’Organizzazione per la proibizione della armi chimiche nel 2004, dopo la guerra del 2011 e la caduta del regime di Gheddafi, nel gennaio 2012, gli ispettori dell’Opcw, invitati dai rappresentanti del nuovo governo libico, hanno accertato che nel Paese erano presenti armi chimiche non dichiarate.

 

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