Quelle rovine impossibili da conservare
Pubblicato il 30/04/2012
Prima di lui, il responsabile per la Soprintendenza dell’area del Parco delle Sabine era Francesco Di Gennaro. A lui si devono gli studi su Crustumerium, insediamento latino che oggi è situato al di là del Grande Raccordo Anulare, all’interno della riserva della Marcigliana. Spiega come i criteri di conservazione delle preesistenze siano a potere discrezionale dei funzionari. “Si assoda – afferma Di Gennaro – che tutto deve essere scavato, rilevato e documentato. Dopo, sulla base di questo, si decide se qualcosa dovrà essere conservato. Le strutture archeologiche, se lasciate fuori terra, hanno un costo enorme. E spesso non hanno alcun ritorno, non solo economico, ma anche culturale. Se la gente dovesse vedere a ogni angolo della strada un muro mal custodito, ci porterebbe a far pipì i cani e basta”. Afferma che le cose è bene che rimangano sotto terra. Ma non entra nel dettaglio dei ritrovamenti e del loro destino, in quanto non ne è più il funzionario responsabile. Eppure lui era presente al rinvenimento delle testimonianze della città di Fidenae sotto il parco delle Sabine. Ed era presente anche quando i costruttori avevano assicurato i mezzi per la musealizzazione.
Anselmo Malizia, assistente della Soprintendenza per il IV Municipio, è convinto che siti del genere non si possano conservare. “Come si fa a salvaguardarli? Ci vogliono decine di persone per controllarli, la vigilanza. Basta guardare il mosaico che abbiamo fatto conservare a Porta di Roma: è diventato il portacenere del centro commerciale. E’ una vergogna: la gente ci butta sopra di tutto. Abbiamo difficoltà a gestire aree come il Foro e il Palatino, figuriamoci quelle alla periferia di Roma”. I costruttori della zona avevano però assicurato la musealizzazione. “A me, che costruttori si impegnano a mantenerli – continua Malizia – non risulta. Non mi risulta che mai sia accaduta una cosa del genere. Non si riescono a mantenere neanche gli spazi verdi. Siamo una società pessima sotto questo punto di vista. In periferia quei pochi monumenti che sono visitabili non li visita nessuno. La comunità ha un totale disinteresse per queste cose. Anzi, quando ci sono i ruderi sono anche malvisti. Gli esempi che ci sono stati in passato sono tutti negativi e non vale la pena lasciarli per la cittadinanza. E comunque, non erano testimonianze di particolare valenza”.
Nonostante l’ovvietà della situazione, Di Gennaro appare fiducioso. Non è detto, secondo lui, che il parco archeologico non si farà: i presupposti perché una parte dei ritrovamenti sia valorizzata ci sono, perché nelle aree verdi sono conservati molti resti archeologici. Peccato che, percorrendo il parco in lungo e in largo, non se ne trovi neanche uno. L’ultimo in vista, la villa romana segata e ricomposta, a distanza di due mesi dall’ultima visita appare in fase di reinterro.
[...] Speciale per i Beni Archeologici di Roma, interrogata sulla questione, non fa mistero della sorte dei reperti: tutto è stato scavato, catalogato e riseppellito sotto il prato. Lasciare le cose fuori terra ha [...]