Qui ancora nessuno l’ha vista. La pillola abortiva, Ru-486, a Urbino non c’è e per interrompere una gravidanza si può ricorrere solo all’operazione chirurgica. Per averla ci vorrà qualche mese. A dicembre, il nostro paese ha legalizzato l’aborto farmacologico anche se al momento è praticato solo nei grandi centri ospedalieri.
A Urbino, infatti, la Ru-486 “non è ancora reperibile – spiega Eugenio Fusco, primario di ginecologia – perché abbiamo disposizioni solo per la somministrazione e il ricovero. Per quanto riguarda l’approvvigionamento, invece, dovrebbe essere allestito a breve un centro regionale che rifornirà le province”. Quindi chi oggi volesse ricorrere all’aborto farmacologico non avrebbe a disposizione la pillola.
“Ancora non ci sono state richieste – spiega Leone Condemi, vice primario di ginecologia – ma sicuramente arriveranno, perché le donne saranno informate e avranno le necessità e il diritto di chiederlo e di potere scegliere come intervenire sul proprio corpo”.Secondo Condemi nemmeno nelle strutture dove la pillola si usa regolarmente le domande sono molte. Si parla del “20-30% di richieste che, per vari motivi, si riducono al 15%”.
Scoperta nel 1982 e sperimentata da circa venti anni all’estero, in Italia il suo utilizzo suscita ancora polemiche. La Ru-486 è un metodo abortivo meno invasivo di quello tradizionale, “più naturale” secondo Condemi, perché evita l’intervento chirurgico. In questo modo anche chi non può sottoporsi ad un’operazione può interrompere la gravidanza.
Secondo Fusco, però, “in un 10-15% dei casi la pillola non è efficace per espellere completamente il feto e bisogna ricorrere comunque alla chirurgia”. Un altro argomento che tocca la Ru-486 è quello economico. Se, come dice Condemi, “l’aborto tradizionale si fa in un day-hospital e costa tra i 700-800 euro, per la pillola la legge italiana prevede un ricovero di tre giorni e il costo del farmaco”.
In attesa della pillola, ogni anno a Urbino a fronte di un migliaio di nascite, ci sono circa 350 aborti chirurgici. Quasi uno al giorno. “Gli interventi per l’interruzione di gravidanza avvengono di lunedì nel nostro ospedale – dice Condemi – e ogni volta ci sono 6 o 7 donne che fanno l’operazione”.
Ma chi ricorre di più all’aborto? Secondo Condemi, “c’è una maggiore frequenza di donne extracomunitarie perché sono meno informate su contraccezione e pillola del giorno dopo. Su 10 persone, 7 sono straniere e 3 italiane”.A Urbino, come spiega Condemi, “quasi tutti i medici hanno deciso di non praticare l’aborto, ma c’è comunque il personale per garantire il servizio, come impone la legge”.
Un tempo era reato e i bambini nati fuori dal matrimonio erano dei bastardi. Le donne, per abortire, ricorrevano alle mammane, spesso morendo sotto i loro ferri rudimentali. Poi, il femminismo, la legge 194 e la sua conferma con il referendum del 17 maggio 1981, legalizzarono l’interruzione di gravidanza pur consentendo ai medici l’obiezione di coscienza. “Con la Ru-486 non cambia nulla. Chi non è obiettore, come chi lo è, si comporterà in base alla legge 194”. Come è stato finora.
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