URBINO – L’eccidio delle Fosse Ardeatine come appiglio per una memoria da recuperare e tenere viva. Secondo Ascanio Celestini “rispetto al fascismo, non c’è stata una presa di coscienza radicale, condivisa. Ancora oggi, in Germania, il nazismo è un argomento tabù, un trauma non superato. In Italia l’argomento è stato trattato da subito e in maniera sbagliata”. Lo dice al termine del suo spettacolo “Radio clandestina”, rappresentato ieri pomeriggio al Salone del Trono del Palazzo Ducale.
Parte tutto dalla necessità di correggere una concezione errata della “memoria come oggetto, come un qualcosa che dev’essere per forza condiviso, collettivo” e che invece, secondo Celestini, è una somma di tante esperienze individuali e diverse. Dal 1997, l’attore e intellettuale romano ha iniziato un lavoro di ricerca e di raccolta di materiale sulla seconda guerra mondiale. Per poi riportarne i risultati nel suo “teatro di narrazione”, che mette in scena storie di gente comune, mescolando le testimonianze di sopravvissuti ai ricordi personali dei racconti del padre e del nonno.
Un teatro che nasce e si esaurisce nei racconti dell’attore, senza bisogno di artifici scenici o interventi di altri personaggi. Che utilizza un linguaggio semplice, con pochissimi aggettivi e avverbi, perché non vuole dar forma alle emozioni, ma piuttosto fornire agli spettatori gli strumenti per cercarle dentro se stessi.
“Radio clandestina”, approdato a Urbino nell’ambito del progetto “Musei Palcoscenico Marche 2011”, ha rappresentato una svolta artistica per Celestini. Si tratta di uno spettacolo ispirato al libro di Alessandro Portelli “L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria”, che narra uno degli episodi più controversi del fascismo. Una storia, quella delle Fosse Ardeatine, “non raccontata, finita sotto terra”, di cui non esiste una percezione collettiva, come invece, per esempio, per il bombardamento del quartiere di San Lorenzo. Eppure la morte di 335 esseri umani non può non far rumore: “ci vuole tanto tempo solo per leggerne i nomi, figurarsi per ammazzarle.” Le Fosse Ardeatine diventano un punto di vista sulla storia della Roma popolare al tempo di guerra. “La memoria non dev’essere un impiccio, deve servire nel presente”: è questa, per l’attore, la vera forza del ricordare.
Curzio Maltese, su Repubblica, ha scritto che Celestini ci racconta e ci illustra le macerie di quella mutazione antropologica, partita dalle periferie della capitale, che Pasolini aveva profetizzato e anticipato. Secondo il regista e attore di “Radio clandestina”, essa consiste prima di tutto in una “mutazione linguistica verso l’indicibile, che caratterizza in particolare il linguaggio della politica e del giornalismo. E accettare la violenza del linguaggio vuol dire accettare la violenza punto.”