URBINO – Guerra, tv e bufale, il trinomio imperfetto: quando scoppia un conflitto la distorsione della realtà è spesso lo strumento dei governi per ingannare l’opinione pubblica. Amedeo Ricucci è un inviato di guerra da più di vent’anni e ha incontrato gli studenti di Urbino nell’aula 1 della facoltà di scienze politiche. Attraverso il suo documentario “Guerra, bugie e TV”, proiettato durante l’incontro organizzato dall’associazione Fuorikorso, ha sferzato un attacco contro le notizie-merce e la concorrenza mediatica che fa più danni che altro. Gli esempi sono plurimi: le fosse comuni con migliaia di civili morti in Kosovo durante il governo Milošević, le armi di distruzione di massa in possesso dell’Iraq, le fosse comuni in Libia. Eventi infondati, riconosciuti come tali anche dai dirigenti delle testate, ma pubblicati per non bucare le notizie, anche se false.
Ricucci ha iniziato la sua carriera di inviato di guerra con Milena Gabanelli a Professione Reporter. E’ abituato ai pezzi lunghi, agli speciali. Il minuto e 15 secondi dei servizi del telegiornale non gli basta. E nemmeno le notizie che fanno audience o servono per alleggerire i TG, come la volta che si rifiutò di fare un servizio sugli alberi di natale in Afghanistan durante la guerra, e dopo cinque giorni fu fatto rientrare in Italia perchè “non soddisvaceva le esigenze di redazione”. “In guerra si racconta quello che succede con le immagini, andando in giro, parlando con la gente, capendo, non basta uno stand up con i bombardamenti sullo sfondo per raccontarla”.
Le immagini sono frutto di scelte, di punti di vista. E consentono di deformare la realtà, specialmente quando si parla di guerra. Soprattutto dopo il 1945, quando la guerra è diventata “mediatica”. Gli stati non vanno in guerra senza aver prima conquistato l’opinione pubblica: senza consenso non c’è guerra. E la televisione è il mezzo fondamentale perchè è un mezzo passivo, tende a renderti partecipe senza spiegarti perchè. Parla alla pancia dei telespettatori, di tutti i telespettatori, anche alle massaie che fanno le lasagne e non hanno spirito critico.
Il bisogno è quindi quello di un’informazione neutra. Sempre più difficile oggi, dove la notizia è una merce qualunque e il diritto di essere informati è succube delle leggi del mercato. Non c’è quindi futuro per il giornalismo informativo e non di parte? “Non la vedo così. Certo è più difficile e si deve sgomitare di più, ma non è una cosa impossibile” conclude Ricucci, lasciando un pò di speranza per noi futuri giornalisti.