URBINO – Essere connessi, riconoscere il valore di una notizia e comunicare con i lettori. Questi sono gli ingredienti per essere un social media editor, un giornalista che si occupa e trova le notizie sulle piattaforme social da Twitter a Facebook passando per Tumblr e Pinterest.
In Italia la figura è stata inserita per la prima volta in un quotidiano solo un mese fa. Anna Masera è entrata nella gerenza proprio come social media editor. In ritardo rispetto agli Stati Uniti: qui la figura del giornalista che si occupa di social media è ormai consolidata e i giornalisti più giovani sono già social media editor di se stessi.
I SOCIAL MEDIA EDITOR DAL 2009 A OGGI
La prima è stata Jennifer Preston che nel 2009 venne assunta al New York Times come giornalista inviata nei social media. Secondo Jonathan Landman, vice caporedattore del New York Times il social media editor è:
Colui che passa tutto il suo tempo nel diffondere l’uso dei social media e pubblicare gli articoli nelle piattaforme per sviluppare il giornalismo prodotto dalla testata e consegnarlo ai lettori. In pratica lavora a fianco ai direttori, giornalisti, blogger e a tutte quelle persone che utilizzano i social media per trovare fonti, tenere traccia delle tendenze e break news, nonché raccoglierle. Lei ci aiuta a prendere confidenza con le tecniche, diffondere le migliori pratiche e ci guida nel trovare il modo più efficace di coinvolgere una quota maggiore del pubblico su siti come Twitter, Facebook, Youtube, Flickr, Digg e altri.
Nell’agosto del 2010 la Preston lascia il suo incarico a Liz Heron. Un compito che però lei stessa definisce transitorio e che probabilmente non esisterà più tra cinque anni. “Tra qualche anno, avere il social media editor sarà come avere un consulente sull’uso del telefono”, afferma Jim Long, della Nbc.
Ma la Heron sottolinea quanto la figura del social media editor sia ancora centrale all’interno di una redazione: ‘È importante imparare come usare i social media per il giornalismo: per riportare, interagire con le persone e ridefinire il nostro modo di fare giornalismo’.
COSA SUCCEDE IN ITALIA
Nelle nostre redazioni il social media editor ha fatto la sua comparsa per la prima volta il 6 febbraio 2012 , quando il direttore della Stampa Mario Calabresi inserisce all’interno della gerenza del suo giornale Anna Masera, con il ruolo di social media editor. 51 anni, una laurea in Storia a Yale, un Master in giornalismo nella prestigiosa Columbia University, da più di dieci anni web editor del quotidiano torinese.
“Io sono ‘vecchia’ per questo ruolo, un social media editor tipo è sotto i trent’anni. Io lo sono diventata perché ultimamente avevo dimostrato molta presenza sui social networks, a nome del giornale. Sono apparsa adatta a rappresentarlo – ha detto Anna Masera al Ducato - il direttore mi ha chiesto di portare La Stampa (il giornale e i colleghi) sui social network e di osservare i social network per La Stampa. Bisogna conoscere bene Internet e saper dialogare con gli internauti. E bisogna conoscere bene il proprio giornale ed essere in sintonia con le sue esigenze”.
Anche la Masera, come già detto da Liz Heron, conferma che il suo incarico è solamente temporaneo. Questione di tempo: quando tutti i giornalisti della redazione saranno alfabetizzati all’uso dei social network, saranno autonomi e non occorrerà una figura ad hoc. Intanto quella di Anna Masera è una vita sempre connessa tra computer, Ipad e Iphone.
“Mi alzo e prima ancora di andare in bagno guardo sull’Iphone se ci sono news da twittare, poi passo tutta la giornata connessa, tra Twitter e Facebook e Google plus, fino all’ora di andare a dormire. Nel corso della giornata lavoro al giornale nella redazione web, fianco a fianco con l’ufficio centrale, vado in riunione di redazione, parlo col direttore, i vicedirettori e i caporedattori per scegliere le notizie che abbiamo su cui puntare da rilanciare e per cercare notizie più o meno ‘trending’ da segnalare al giornale”.
Gli ingredienti per essere un bravo social media editor sono la conoscenza ottima dell’inglese e altre lingue. Ma non bisogna soltanto avere confidenza con tutte le piattaforme social. E’ necessario il fiuto e la preparazione giornalistica. “Si legge e filtra un sacco di roba: si valuta, si verifica incrociando le fonti e contattandole direttamente”. Un lavoro che assomiglia a un esperimento almeno in Italia. “E’ una scomessa, ce la giochiamo e se andrà male potremo dire che ci avremo provato per davvero”.
Il quotidiano di Torino prosegue il suo cammino verso l’innovazione. E’ la stessa Masera ad anticipare al Ducato quali saranno i prossimi passi verso un’integrazione di tutte le piattaforme: “Noi stiamo per passare al sistema editoriale ‘Methode’, che ci aiuterà a integrare tutto, carta, web e social apps, speriamo entro l’estate”. Una piattaforma già in uso al Wall Street Journal Washington Post. Method si basa su punti di flusso di lavoro, composte da massimo quattro persone, che possono lavorare su una storia contemporaneamente in diverse edizioni.
ALL’ESTERO Anche Eric Carvin, dell’Associated Press, in un’intervista ha spiegato la sua vita da social media editor: “Quando ho iniziato a farmi coinvolgere dai social media, qualcuno mi ha dato un buon consiglio: ‘Anche se usi gran parte di questi strumenti per lavorare, condividi anche qualcosa che riguarda la tua vita’. Io non condivido tutto, ma solo alcune cose personali. Condividere qualcosa umanizza. È importante dimostrare che sei una persona reale dietro l’account. Probabilmente ci sono persone là fuori che vogliono condividere ogni dettaglio della loro vita”.
Carvin non è l’unico social media editor in circolazione ovviamente: Anthony De Rosa lavora alla Reuters. “Oltre a gestire le piattaforme sociali – spiega al Ducato online – sto anche contribuendo a formare i nostri giornalisti utilizzano i social media per trovare contatti, fonti e altre informazioni che appaiono sui social network. La mia giornata tipo? Mi sveglio, controllo Twitter, i nostri network, le notizie e tutto ciò mi porta in un milione di direzioni. Cerco di concentrarmi su quello che penso avrà il maggior impatto a livello globale e provo a mettere in evidenza le piccole storie locali che contano. Si tratta di istinti editoriali”.
Per Gary Kemble, social media editor dell’australiana AbcNews, si tratta di “un ruolo variegato. Coordino le attività di social media di ABC News. Mi occupo di organizzare corsi di formazione, contribuisco a elaborare politiche e linee guida per l’uso sociale dei media, lavorando su strategie di social media per i diversi programmi, progetti pilota (come la nostro la copertura speciale per anniversario dell’11 settembre), e sto lavorando anche su altri
progetti”.
“Per esempio – continua Kemble – abbiamo appena avuto una storia politica importante qui, con il nostro primo ministro messo in discussione per la leadership del partito laburista, così, la maggior parte del mio tempo è stato speso curando l’attività di social media intorno a tale evento anche guardando le tendenze social media. Negli ultimi 12 mesi si è pensato molto a inserire la figura nelle redazioni. Abc è stato uno dei primi, se non il primo, dei media australiani”.
E oltralpe Stan Hannoun, responsabile social media Nouvel Observateur, racconta ancora al Ducato: “Io sono a metà strada tra la redazione e il marketing. Devo ascoltare i giornalisti, capire le loro richieste in modo da trascriverle al meglio sui social network. Il mio lavoro è quello di promuovere il Nouvel Observateur evidenziando e valorizzando gli articoli del sito web sui social network. Si tratta di stabilire una vera e propria comunità attorno al giornale. Il mio lavoro è quello di interagire con gli utenti per creare una vera e propria affinità con loro. Da un punto di vista del marketing, devo anche fare in modo di aumentare il numero di visite del sito provenienti dal social network. Per i live utilizziamo uno strumento chiamato Scribble Live di aggregare account Twitter e metterli insieme in un articolo pagina. Tweet sono pubblicati in diretta sulla pagina di questo articolo. Questo permette agli utenti che non dispongono di Twitter per seguire ciò che viene detto sul social network”.