Il 5 marzo i carabinieri del Ros hanno arrestato nella sua casa di Fano Francesco Agostinelli. Le accuse sono di aver estorto, insieme ad altri complici, denaro vestiti e orologi di lusso ad un imprenditore di San Marino, Michel Burgagni.
Ma non è una storia di estorsione come ce ne sono tante. Quei complici sono accusati di far parte del clan dei casalesi. E l’ombra di Monte Titano nasconde finanziarie oscure, banche in crisi e milioni di euro apparsi come dal cappello di un prestigiatore.
Nato ad Urbino nel 1965, Agostinelli, nelle sue e-mail, si definisce un analista finanziario ed un imprenditore edile. Tra le altre, risulta titolare di due imprese di ristrutturazioni: la Magnolia Srl di Fano e la Magnolia Sas di Pesaro.
Quando i carabinieri sono arrivati a prelevarlo, Agostinelli era già ai domiciliari. Lo avevano arrestato, insieme ad altre nove persone, nel febbraio 2011. Erano i primi risultati dell’operazione “Vulcano”, l’indagine, chiusa a fine 2011, che lo ha portato di nuovo in manette. Con meno incidenti, questa volta. Un anno fa la sua compagna aveva cercato di investire i carabinieri per impedire che lo arrestassero. Poi erano saltate fuori coca, eroina e una calibro 22.
Secondo il legale, l’avvocato Enrico Cipriani, il provvedimento non è giustificato dall’atteggiamento processuale di Agostinelli e nemmeno dal rischio che reiteri il reato. Mercoledì 7 è stato interrogato a Pesaro, ma rispetto a un interrogatorio già reso alla Dda di Bologna, Agostinelli non ha aggiunto niente. Il legale ha inoltrato al Gip di Bologna una richiesta di scarcerazione. Ma non è tutto, perché secondo l’avvocato: “Tutto nasce perché un imprenditore, o presunto tale, denuncia una valanga di gente perché riteneva di essere vittima di estorsione”. Un imprenditore, Burgagni, che non navigava in buone acque.
L’imprenditore sanmarinese, si legge nell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari Bruno Perla, aveva un debito di 100 mila con la Fincapital, una società di San Marino con la quale Agostinelli collaborava. Secondo il Gip l’urbinate gli avrebbe ordinato di saldare il conto entro un anno “minacciandolo altrimenti di morte”.
Secondo il Pm della procura distrettuale antimafia che ha coordinato le indagini, Enrico Cieri, questo era solo l’inizio. Si legge ancora nell’Ordinanza che Agostinelli aveva preteso dalla compagna di Burgagni tre Rolex, che insieme valevano 63 mila euro, più abiti firmati per un valore di 30 mila euro.
Ma a carico di Agostinelli sembra che ci sia qualcosa di più che la testimonianza di un imprenditore indebitato fino al collo e delle registrazioni di alcune telefonate. Nella relazione annuale dell’Antimafia si parla di tre gruppi criminali che operano nel bolognese “il terzo facente capo a Agostinelli Francesco”. A gettare un’ombra particolarmente fosca sulla vicenda c’è il fatto che alcuni dei personaggi a cui, secondo i magistrati, Agostinelli si accompagnava in questa impresa, avevano dichiarato di appartenere al clan dei Casalesi.
Fino a qui sembra una storia brutta, ma con contorni chiari: racket, estorsioni, violenza. Una di quelle storie che stanno cominciando a venir fuori in questi ultimi mesi: una storia di mafia che comincia a protendere i suoi tentacoli verso il prospero e ricco nord. Ma l’urbinate protagonista di questa storia ha in serbo molti altri misteri.
È il sette novembre 2011 quando alla Confederazione del lavoro Sanmarinese arriva uno strano fax. Tredici pagine gonfie di rivelazioni scottanti su un banca, la Banca Commerciale Sanmarinese (in amministrazione straordinaria da una decina di giorni), che tiene in custodia i fondi pensione degli operai di San Marino. Secondo l’autore del fax, la banca ha un debito nei suoi confronti di 42 milioni di euro e praticamente è arrivata al default. Gli operai devono stare in guardia se ci tengono alla pensione. In calce al fax c’è un firma: è quella di Francesco Agostinelli.
L’imprenditore di Fano però non si limita a lanciare questo ‘avviso ai naviganti': passa all’azione. La notizia è uscita il 25 febbraio, quando la Asset, un’altra società di San Marino, acquista la Banca Commerciale. Pochi giorni dopo l’acquisizione, come una bomba, arrivano nelle redazioni di tutti i giornali della piccola Repubblica e anche in alcuni quotidiani italiani delle mail piene di foto di documenti e di raccomandate.
È sempre Agostinelli, che vuol far saper che lui aveva fatto un’offerta per acquistare la Banca Commerciale di San Marino. La sua offerta, per quanto allettante, non era stata presa in considerazione. Denuncia la presenza di complotti e di interessi occulti che gli hanno sbarrato la strada.
Alle mail allega tutta la documentazione: l’offerta era di 23 milioni, superiore a quella dell’Asset, accettata poi dalla Banca Centrale di San Marino. Dal punto di vista legale la sua offerta sembra non fare una grinza. Agostinelli si offre come acquirente della banca per sé o per un’altra persona fisica o giuridica. Secondo lui i 23 milioni di euro sono già al sicuro in una banca, pronti ad essere usati per rilevare l’intero pacchetto azionario della Banca Commerciale.
Cosa centra un imprenditore edile di Fano, con una banca di San Marino che naviga in cattive acque? “Mi chiedo anch’io da dove arrivi”, si domanda David Oddone, giornalista del quotidiano sanmarinese “L’Informazione”. Oddone è un auorità in materia di infiltrazioni mafiose nella Repubblica di San Marino ed è stato minacciato di morte per le sue inchieste.
“L’intera vicenda – racconta il giornalista – è grottesca, assurda. La cosa divertente, e inquietante, è che le nostre redazioni sono state inondate dalle mail di questo personaggio che denunciava che c’era qualcosa che non andava, che la sua offerta non era stata presa in considerazione”. Pochi giorni dopo quello stesso personaggio è stato arrestato. “Per una volta la banca centrale e il sistema hanno funzionato, perché hanno sventato la conquista di una banca da parte di un personaggio in odore di camorra”
Ma ora la domanda è: c’è qualcuno dietro Agostinelli? Ventitré milioni sono una cifra molto alta, ma non irraggiungibile per un buon imprenditore. Così abbiamo provato a chiamare la Magnolia Sas di Pesaro, una delle ditte di ristrutturazione di Agostinelli, ma il numero di telefono risulta disattivato. Dopo qualche altra indagine scopriamo che l’azienda è attualmente in fallimento. L’altra impresa dell’urbinate, la Mangolia Srl di Fano, non ha nemmeno un numero di telefono e al suo indirizzo di Fano rispondono due anziane signore che della Magnolia o di Agostinelli non hanno mai sentito parlare.
Agostinelli è residente a Fano, nella casa del suocero. I vicini hanno notato spesso un via vai di persone “di fuori”, ma secondo loro anche la macchina che usava l’imprenditore era quella del suocero. E parcheggiato fuori casa non hanno mai visto un Suv o una fuoriserie. Insomma: Agostinelli non sembra il ritratto dello spietato raider finanziario che ci si immagina intento a comprare e vendere banche nei paradisi fiscali.
“C’è qualcosa che non torna”, dice Oddone: “La mia idea è che Agostinelli andava avanti per conto di qualcun altro”. Neanche Roberto Galullo, del Sole24ore ci vede chiaro. Riesce a intervistare Agostinelli il 28 febbraio, giusto una settimana prima dell’arresto. Ma neanche a lui l’urbinate rivela chi sono i misteriosi compratori in nome dei quali agisce. Sembra che lasci intendere però che qualcuno, nell’ombra, c’è. “Ma c’è una terza ipotesi”, afferma Oddone: “Che quello di Agostinelli sia un messaggio”. La sua proposta di acquistare la Banca Commerciale, cioè, non sarebbe stata nulla più di un segnale o forse un avvertimento. Ma cosa significasse questo messaggio e a chi fosse destinato, lo dovrà scoprire la magistratura.