URBINO – E’ crollata silenziosamente sotto il peso della neve. E nessuno se n’è accorto per giorni. Eppure si trova nella vallata sottostante la città ducale, proprio sulla strada statale Bocca Trabaria: difficile non accorgersene. Della ex- fornace Volponi, un edificio di 1400 mq un tempo fiore all’occhiello dell’industria di laterizi nell’area pesarese, resta solo lo scheletro di una parte del tetto e l’imponente ciminiera che la caratterizza.
C’è chi giura fosse già crollata tutta da tempo. I Vigili del Fuoco, chiamati per certificare il cedimento, hanno risposto che era in quello stato già da una settimana. Per il Comune di Urbino, invece, è stata una sorpresa: non sapevano nemmeno fosse crollata. “E’ un rudere già da molti anni” spiegano dall’ufficio Urbanistica del municipio e “appartiene a privati, quindi non possiamo intervenire”.
Nonostante sia al centro di un progetto di riqualificazione dell’area che prevede, tra gli altri, l’inclusione di parti della fornace in un complesso commerciale e la costruzione di un impianto di risalita che parta proprio dal terreno antistante la struttura fino al convento di Santa Chiara, la fornace è stata lasciata nel più completo degrado per anni. E continua a cadere.
LA STORIA. La struttura, costruita attorno alla metà del 1800, visse un periodo glorioso. All’epoca, in piena rivoluzione industriale, questa fabbrica di laterizi rappresentava il punto di partenza di qualsiasi nuova costruzione o ristrutturazione nel Montefeltro. Nel 1908 venne acquisita dai fratelli Volponi. Il figlio di uno dei due proprietari si chiamava Paolo, classe 1924, e passò la sua adolescenza in questa fabbrica: ne assorbì le ideologie anarchica e repubblicana che trovavano spazio tra i lavoratori del settore industriale dell’epoca. Crescendo, divenne prima partigiano, poi poeta, e infine senatore della Repubblica.
Nessuno se ne ricorda, ma la fornace ha fornito i mattoni per la costruzione del Collegio del Colle, iniziata nel 1965: mattoni che, come ha raccontato lo stesso architetto Giancarlo de Carlo in un’intervista apparsa sul volume ‘Costruire in laterizio’, “sono impermeabili al passaggio dell’acqua. Si potrebbe dire che venivano prodotti come il pane, impastati, lasciati al sole ad asciugare, poi cotti e infine messi all’aria”. Un prodotto di ottima qualità che aveva pochi pari nel Montefeltro, come spiega lo studio sulla fornace condotto da Ramona Quattrini e Paolo Clini, docenti di ingegneria civile presso l’Università Politecnica delle Marche.
I PROGETTI. Con la chiusura della fabbrica, nel 1971, per l’edificio è cominciato un lento degrado. Di proprietà di una società, per trent’anni nella fornace si sono susseguiti crolli su crolli. Poi l’idea del Comune di Urbino di riqualificare l’intero versante sud-est della città ponendo fine all’eterna questione della carenza di parcheggi: commissionato allo studio di architetti ‘Spada e associati’ nel 2000 il progetto, frutto della mente di Giancarlo de Carlo, prevedeva “il recupero, a usi culturali, dell’antica fornace e la realizzazione di un’area di interscambio con parcheggi in sotterraneo e un sistema di scale mobili che conduce in Centro Storico”. L’area, di circa 60.000 mq, era sottoposta a vincolo paesaggistico.
Ma del progetto non se n’è fatto più nulla. Nel 2008, invece, il Comune cambia rotta, e inserisce la fornace Volponi semi-crollata in un più ampio progetto, che vede la struttura (o meglio, quel che ne resta) inglobata in un polo commerciale, la costruzione di un ampio parcheggio e una funivia che colleghi la ex-fornace al convento di Santa Chiara. Peccato che, nonostante il progetto attuativo sia stato approvato (come anche la convenzione con i proprietari), non ci siano i fondi per la funicolare. E nell’attesa di un finanziamento, pezzo dopo pezzo se ne va un’importante testimonianza di archeologia industriale e un punto di riferimento per tutti gli urbinati.