URBINO – Le crepe sui muri di Urbino diventano corpi e paesaggi, grazie al lavoro di Tito Gargamelli. L’artista marchigiano, nato a Senigallia e residente a Urbino, esporrà le sue opere di “digitize vandal art” al bar Fuoritema da venerdì 15 febbraio fino al 15 marzo. Per l’inaugurazione è prevista anche la proiezione di alcuni suoi lavori all’esterno del locale, sul muro di fronte all’entrata.
Digitize vandal art: che cosa significa?
Il termine ‘Digitize’ significa digitalizzazione, perché il mio lavoro è incentrato sulle foto digitali. ‘Vandal’ perché è una vandalizzazione elegante delle immagini: io creo collage digitali a partire da foto che trovo su internet, anche di fotografi famosi. Ma non è un vandalismo distruttivo, è un vandalismo creativo, artistico. E’ anche un discorso di riciclo: oggi c’è un surplus nella produzione di immagini, quindi non mi importa di violare il copyright degli altri, e nemmeno se gli altri violano il mio. Molte mie opere le regalo, o le baratto: alla Slowcanda, a Piobbico, ho barattato un mio quadro con quattro cene.
Per le sue opere utilizza anche foto dei muri di Urbino e di altri borghi della zona?
Sì, in questo caso sono io a fare la foto. Mi piacciono molto le crepe, perché viste da un’altra prospettiva possono diventare paesaggi, anche senza alterarle molto al computer. Cambiando punto di vista, un muro diventa un deserto, acquista senso di profondità. Grazie all’arte il muro non è più un blocco ma una via di fuga. Creo paesaggi con i muri anche per combattere un senso di claustrofobia che fin da bambino mi spinge a cercare grandi spazi.
Usa molto anche il nudo femminile.
Il nudo femminile artisticamente è più attrattivo di quello maschile, ma soprattutto è più reperibile: su internet si trovano ragazze in tutte le pose, in base a quello che mi serve. Per i corpi maschili è più difficile. A volte alcuni miei amici mi aiutano, ma è difficile trovare qualcuno disposto a posare nudo, senza vergogna. Nelle mie opere utilizzo i nudi per i collage e spesso sostituisco la pelle dei corpi con dei muri scrostati, per dare l’idea di una umanità in rovina.
Un’umanità in rovina?
La nostra società è in decadenza perché abbiamo perso il tribalismo, l’animismo. Con le mie opere cerco di distruggere il mito della bellezza perfetta: la realtà e i corpi sono belli perché sono sporchi, forgiati dalla vita e dagli eventi. Non lo dico con una connotazione politica: è un sentimento, quello che mi porta a sfidare gli stereotipi della cultura dominante. Infatti, con altri artisti, abbiamo fondato il movimento del Post-frivolismo.
Cioè?
E’ un’idea che purtroppo non è andata avanti. Avevamo anche fatto il primo congresso, alla stazione di Urbino. La matrice comune era quella di porsi in modo “post” rispetto a tutto, ai miti della cultura. Io in particolare cerco di stravolgere lo stereotipo della bellezza, soprattutto quella femminile.