URBINO – Sono immature, hanno grandi potenzialità ma non sanno cosa fare in futuro. Non si tratta dei giovani d’oggi ma di un tipo particolare di cellule, quelle staminali. Le definisce così Elena Cattaneo, professoressa di farmacologia e direttore dell’UniStem, centro di ricerca sulle cellule staminali dell’università di Milano. UniStem Day è anche il nome dell’evento scientifico nazionale sulle staminali in programma domani 15 marzo nell’aula magna Paolo Volponi dell’università di Urbino. Quest’anno l’evento – arrivato alla quinta edizione – ricorda Rita Levi Montalcini, laureata ad honorem in Scienze Biologiche e cittadina onoraria della città ducale.
L’evento, organizzato dall’università di Milano, coinvolgerà oltre a quello di Urbino 35 atenei italiani, 7 atenei di Spagna e Regno Unito, per un totale di 15.000 studenti. “Lo scopo è quello di parlarne e appassionare i 600 studenti delle scuole superiori del territorio che parteciperanno alla giornata”, spiegano i professori Maria Cristina Albertini e Ferdinando Mannello del dipartimento di Scienze Biomolecolari di Urbino e coordinatori dell’evento.
L’università Carlo Bo è stata scelta quest’anno capogruppo, punto di riferimento per diversi atenei italiani e stranieri, compreso quello di Madrid e avrà il compito di gestire i collegamenti tra le varie università.
L’obiettivo è dare un messaggio sull’essenza, l’importanza e l’utilizzo di questo tipo di cellule. Si cercherà di coinvolgere i più giovani anche con l’aiuto di personaggi dello spettacolo e dello sport come l’attore Marco Paolini, collegato in streaming nazionale, e le atlete della squadra di Volley femminile Chateaux D’ax.
Tema sempre più attuale quello sulle staminali: gli ultimi casi sull’utilizzo di queste cure sono sulle prime pagine dei giornali proprio in questi giorni. Il caso di Federico, il piccolo di 26 mesi di Fano, e di Sofia, la bimba di 3 anni di Firenze, entrambi affetti da leucodistrofia degenerativa hanno scatenato un dibattito sull’efficacia e sulla sicurezza di questi tipo di cure.
“In casi come questi – spiega la professoressa Albertini- quando si tratta di terapia compassionevole, cioè quando il ricorso alle staminali è l’unica possibilità per sperare in una guarigione, le cellule sono utilizzate come ‘farmaci’ che però non hanno terminato la fase di studio, e di cui non si è ancora verificata l’efficienza e la sicurezza in modo completo. È possibile che in alcuni casi ci siano effetti collaterali, anche più gravi della patologia che si cerca di curare”. I rischi nell’uso delle staminali “dipendono dalla nostra conoscenza. Sono stati fatti tanti passi avanti in questi ultimi anni, però non conosciamo tutto, ed è proprio questo il punto fondamentale”.
“Tra gli effetti collaterali – spiega il professor Mannello – c’è anche il rischio di formazione di teratomi, tumori benigni. È ovvio allora che bisogna avere il massimo delle informazioni prima di applicare le cellule staminali in medicina rigenerativa. E’ complesso anche per noi, perché non si può essere indifferenti di fronte alla sofferenza delle persone. È una sfida che speriamo di vincere presto”.
“L’UniStem day- continua Mannello- è un’ottima occasione nazionale per parlare di temi attuali come questi. Abbiamo la possibilità di mettere in collegamento tanti atenei e tanti giovani. Lo scopo principale è la divulgazione scientifica, però bisogna portare anche messaggi di volontà e di rigorosità nell’insegnare come si fa buona ricerca e quali sono le potenzialità e le regole per una ricerca scientifica utile per tutti”.