URBINO – Spesso le grandi crisi hanno portato a grandi svolte: “Il 2001 è stato l’anno della bancarotta dell’Argentina ma anche l’anno del suo cambiamento. In generale, i vari personaggi che hanno preso il potere dopo il fallimento del loro paese hanno cercato di dar vita ad una politica progressista che non sottostasse ai diktat dei grandi organismi internazionali”. Hanno cercato, dunque, di svincolarsi dal liberismo. “Ecco perché abbiamo accostato la figura di Chavez e quella di Papa Francesco”. Stefano Visentin, professore di Storia delle dottrine politiche, e Fabio Turato, professore di Relazioni internazionali hanno raccontato il cambiamento “alla fine del mondo” nel seminario “Dossier America Latina: da Hugo Chavez a papa Francesco”, alla luce delle due figure che ne hanno illuminato la scena in queste ultime settimane.
Secondo Visentin “Il presidente del Venezuela morto recentemente e il cardinale argentino Bergoglio sono, in modi diversi, entrambi propulsori di una fuoriuscita dal liberismo, con una presa a cuore dei poveri”. Gli fa eco il professor Turato che afferma: “Chavez si è posto in chiave fortemente antiamericana. Voleva essere “altro”. Anche Papa Francesco vuole essere “altro”, ripristinando il ruolo guida della Chiesa”.
I professori mostrano poi una slide: è uno studio che mostra come uno degli argomenti riguardanti l’Italia più letti e più approfonditi dalla stampa europea sia Vatileaks. Gli scandali del Vaticano hanno avuto un forte impatto mediatico: “Ora bisognerà capire che ruolo giocherà questo Papa sudamericano – afferma il professor Turato – Sicuramente il fatto che sia stato ‘pescato’ proprio in Sudamerica, una delle aree a più alta densità di cattolici, significa che la Chiesa punta a ridisegnare il suo profilo”.
Ma come è stata percepita dai sudamericani l’elezione di questo papa sudamericano? Come vivono “da dentro” queste trasformazioni, i sudamericani? Guillermo Sibilia, dottorando all’Università di Buenos Aires e Josè Rovelli, dottorando all’Università di Cordoba, con un italiano un po’ zoppicante, tentano di spiegare le contraddizioni tra l’idea che il mondo si è fatto della figura di Papa Francesco e quello che gli argentini già sanno di lui.
Sibilia inizia il suo intervento “smontando” l’idea di un Papa “progressista”: “Tutto il mondo ha assistito all’abbraccio tra il Papa e Cristina Kirchner, presidente dell’Argentina. Ma i rapporti tra i due, prima di quell’avvicinamento ‘mediatico’, non erano affatto distesi – rivela lo studente -e quando in Argentina è stata approvata la legge che dava il via al matrimonio tra gay, il cardinale Bergoglio si oppose fortemente affermando, con parole dure, che quel provvedimento era simile ad una ‘guerra a Dio’. La Kirchner, di risposta, disse che ‘era un ritorno all’Inquisizione’”.
Josè Rovelli, invece, mette in luce il rapporto del Papa con la dittatura: “è stato provato che non l’ha difesa direttamente ma non ha difeso direttamente neanche i due sacerdoti che furono torturati dal potere politico e poi rilasciati. Uno di questi sacerdoti, ancora vivo, dice non ha ricevuto, in quell’occasione, alcun aiuto dal cardinale Bergoglio”.
La velata accusa che gli muovono i due studenti e che è circolata anche su alcuni media è quella di essere stato “troppo passivo” in molte occasioni: “Le vicende legate al suo passato – afferma Rovelli – diventeranno sempre più oscure, essendo ora diventato Papa e essendo sotto i riflettori di tutti”.
Ma su un punto il tempo farà chiarezza: “”Che ruolo avrà ora che è portavoce dell’America latina nel mondo?”