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“Hanno rischiato la vita per degli sconosciuti”: così i Saul ricordano i “giusti” di Urbino

di    -    Pubblicato il 4/06/2013                 
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URBINO – Anno 1943, il confine tra la vita e la morte nelle campagne di Urbino era la porticina nascosta di una soffitta in un casolare di campagna. Lì dietro, mentre i tedeschi bussavano alla porta di Ivo Marcheggiani, si nascondeva l’intera famiglia ebrea dei Saul, composta dal padre Mosè, dalla madre Ester e dai figli Nissim e Susan.

Terrorizzati, minacciati, destinati a subire il genocidio nazista, trovarono nella gente di Urbino la loro salvezza. “Ivo Marcheggiani – raccontano i figli di Nissim – riuscì a distrarre i tedeschi con gli alcolici un giorno che, non so come, arrivarono alla porta del casolare”.

Quando poi gli ufficiali occuparono un’ala della casa, la famiglia Saul fu presentata come parte della famiglia Marcheggiani e i loro nomi divennero italiani: Mosè mutò in Maurizio, Susan divenne Margherita e Nisim si trasformò in Alberto, l’unico costretto a rimanere nascosto in soffitta perché, in età di leva, avrebbero potuto considerarlo un disertore.

La storia dei Saul, però, aveva una origine molto più lontana: dalla Turchia si trasferirono a Trieste negli anni ’30 e furono costretti a scappare nel 1943 per arrivare a Urbino, l’8 dicembre, trovarono rifugio prima nella casa della famiglia Lobati di Rancitella. Dopo solo un mese, però, Stefania Lobati tornò a casa dalla messa affranta: il sacerdote aveva dichiarato dall’altare la presenza nei dintorni “di persone sgradite”, minacciando che le avrebbe denunciate presto. Assieme al marito Goffredo decise di incaricare il figlio Adolfo, 23 anni, di accompagnare la famiglia Saul in un posto più sicuro.

Di notte, nella neve del 31 dicembre, i Saul bussarono alla porta del Marcheggiani e lì rimasero nascosti fino al 28 agosto del 1944, giorno della Liberazione di Urbino.

Margherita raccontava che, nel momento di lasciare la città, un ufficiale tedesco l’aveva salutata con un cordiale “shalom“. Un anno dopo, la famiglia partì per Trieste e poi per l’Argentina.

“Urbino è per noi parte della storia della nostra famiglia: nostro padre è qui, è vivo oggi. La città è come una casa in cui ancora vive”: Rita, Jose, Maurizio e Gabriel sono i quattro figli di Nissim, i primi tre sono arrivati dall’Argentina per consegnare la medaglia di “Giusto fra le nazioni” ai discendenti delle famiglie Marcheggiani e Lobati, Gabriel è arrivato da Parigi. Nei loro occhi c’è tutta la commozione di una storia piena di amore e riconoscenza per l’umanità, c’è la volontà di essere grati a chi ha permesso la creazione delle generazioni future.

I Saul hanno segnalato al museo Yad Vashem di Israele ciò che quelle due famiglie di Urbino hanno fatto per loro, hanno consegnato il memoriale scritto da loro padre Mosè prima che morisse nel 2003, grazie a loro l’ambasciata di Israele aRoma ha deciso di attribuire la medaglia: “Mio padre e mia nonna (Ester), che viveva con noi – hanno detto – ci hanno raccontato questa storia con naturalezza, non come una vicenda triste, ma come un fatto di vita che ci permettesse di guardare al futuro, non solo al passato. Sentiamo di dover ringraziare tutte le persone che ci hanno accolto e vogliamo trasmettere alle prossime generazioni questa testimonianza: il nostro grazie va alle famiglie che hanno salvato delle vite umane anche mettendo in pericolo la propria vita e quella della propria famiglia. Rischiando per degli sconosciuti”.

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