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Alla scoperta di Fonte Avellana, vivere e pregare insieme ai monaci

di e    -    Pubblicato il 1/12/2013                 
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monastero di Fonte Avellana

Il monastero di Fonte Avellana

SERRA SANT’ABBONDIO – A poche curve da Serra Sant’Abbondio, alle pendici del Monte Catria e immerso nel bosco, c’è un luogo in cui è possibile fermarsi per poche ore o per una settimana. Non è un albergo, ma il monastero camaldolese di Fonte Avellana, fondato alla fine del X secolo da un gruppo di eremiti. Oggi ci vivono 8 monaci e 4 novizi, ma in alcuni momenti dell’anno le porte si aprono a chiunque voglia trascorrere un periodo di riflessione lontano dal ‘mondo’.

Sono disponibili fino a 70 posti letto divisi in camere per ospitare famiglie, gruppi, coppie o singoli che in quei giorni vivono come se fossero monaci. “Dei nostri visitatori l’ottanta per cento proviene da altre regioni – racconta il Priore Gianni Giacomelli – vengono dall’Umbria, dalla Toscana ma anche dall’estero. Quando arrivano qui si fondono con la comunità, a ciascuno viene affidato un compito, proprio come insegnano le nostre regole”.

Tutti vivono seguendo la filosofia dell’ora et labora. La giornata comincia con la sveglia all’alba e viene scandita da tre momenti di preghiera collettiva: le lodi delle 7.30, le ore di ascolto delle 12 e il vespro con l’eucarestia delle 18.30. Il sabato invece è il giorno del silenzio liturgico, pensato cioè per la preghiera personale. “Ogni monaco si ritira nella propria cella per riflettere – continua il Priore – siamo l’unico monastero in Italia ad avere un intero giorno dedicato al silenzio”. Il visitatore non si limita solo a pregare, ma può dare il suo contributo aiutando in alcuni dei lavori quotidiani come, ad esempio, la cura dell’orto e dei giardini. Oltre alle attività esterne i monaci gestiscono anche un bar e una farmacia dove vengono venduti prodotti naturali.

I camaldolesi di Fonte Avellana cercano di diventare una comunità autosufficiente vivendo di ciò che producono. Per il momento la cucina è ancora affidata a dipendenti laici che ogni giorno preparano un pasto caldo. Il momento del pranzo è un rituale che da centinaia di anni si tramanda sempre allo stesso modo: tutti siedono attorno al lungo tavolo in legno del refettorio e davanti a un buon piatto fumante condividono le esperienze della comunità.

biblioteca monastero di Fonte Avellana

La biblioteca antica del monastero

Molto tempo viene dedicato allo studio e alla scrittura nelle due biblioteche che raccolgono fino a 30 mila volumi tra libri e riviste. Dove una volta c’era l’antica foresteria che ospitava i pellegrini, ora si trova la biblioteca intitolata a Dante Alighieri con più di 7 mila opere che vanno dalla fine del 1700 ai nostri giorni. “Al piano di sopra, nella zona di clausura – spiega Graziano Ilari, collaboratore del monastero da più di 10 anni – si trova il resto del patrimonio librario. Questa sezione è dedicata ai volumi antichi e uno dei più preziosi è la Bibbia Poliglotta tradotta anche in latino e aramaico”.

Uno degli elementi che colpisce subito chi arriva a Fonte Avellana è che i monaci non indossano l’abito. Nella regola di San Benedetto c’era scritto che il religioso doveva vestire come la gente comune, all’epoca infatti tutti portavano la tunica. Oggi invece un monaco camaldolese veste in jeans e maglione, soltanto quando viene celebrata la messa porta la cocolla, un’ampia mantella chiusa con il cappuccio.

Da qualche anno la comunità si è arricchita. Oltre ai monaci anziani che sfiorano i 90 anni, ci sono anche alcuni trentenni che stanno intraprendendo il cammino del noviziato. “La vita dei camaldolesi richiede un impegno di fede e sacrificio molto forte – dice Graziano Ilari – per questo, a differenza di quanto avviene negli altri ordini, i monaci tendono ad accogliere novizi non troppo giovani. E’ difficile pretendere che un diciottenne viva qui tutto il giorno”.

cripta del monastero di Fonte Avellana

La cripta

In Italia ci sono altri quattro monasteri di ordine camaldolese. Il più importante e il più antico, insieme a quello di Fonte Avellana, è quello di Camandoli in provincia di Arezzo. Appartengono invece al tardo medioevo il monastero di San Gregorio al Celio a Roma e gli eremi di Monte Giove a Fano e di San Giorgio a Bardolino in provincia di Verona. Anche all’estero esistono comunità di camaldolesi, da Boston a San Francisco, dal Brasile all’India fino alla più recente nata in Tanzania solo quattro anni fa.

I diversi monasteri dialogano tra loro attraverso incontri che avvengono periodicamente. Ogni sei anni a Camaldoli c’è il capitolo generale, un appuntamento in cui vengono date le linee guida per tutte le diverse comunità. Il prossimo sarà nel 2017. I cinque monasteri italiani però si riuniscono più spesso, ogni anno per la formazione permanente e ogni tre per dar modo a priori e maestri di discutere l’andamento della vita monastica.

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