ISOLA DEL PIANO – Primi anni Settanta: Tullia, ventenne appena sposata, decide di assecondare il sogno del suo giovane marito, Gino Girolomoni: vanno a vivere nel monastero abbandonato, sopra Isola del Piano, che Gino tanto amava da bambino, un luogo dove vedeva fondersi spiritualità e natura.
I primi tempi non sono facili: siamo nei boschi a pochi chilometri dal paese, non ci sono luce e gas e i due riescono a ristrutturare solo una camera. Tutto il resto del monastero – comprato da altri privati – è malandato e spoglio di ogni arredo. Ma viene utilizzato dalla giovane coppia come luogo di incontro e preghiera con i loro amici, così come avviene anche oggi.
Per sostenersi economicamente, Gino e Tullia iniziano a produrre formaggi e a coltivare la terra. Piano piano la giovane coppia ristruttura anche il resto dell’edificio. L’ex monastero si apre ai forestieri, ai quali la famiglia Girolomoni offre ospitalità gratuitamente.
Negli anni nasce l’idea di rendere questo posto una locanda e un centro di produzione per alimenti biologici, uno tra i primi in Italia. Senza mai abbandonare, però, l’aspetto spirituale. Così si consolida il doppio binario seguito dalla famiglia Girolomoni: natura e religione fuse in un unico luogo.
La casa di Gino e Tullia diventa anche un posto di ritiro spirituale. Oggi, come allora, molti gruppi di preghiera si riuniscono per alcuni giorni, ritirandosi in meditazione tra i monti e il bosco sopra Isola del Piano. La cooperativa della famiglia ha subito un buon successo. Nasce un pastificio e il monastero si trasforma progressivamente in una residenza per turisti incuriositi dallo stile di vita della famiglia Girolomoni.
Si arriva a quello che è oggi il monastero di Montebello: una locanda che offre ospitalità e, allo stesso tempo, rappresenta un piccolo e riparato angolo di spiritualità.
Circa due anni fa nasce anche, all’interno delle mura, una piccola chiesa dove ogni mercoledì viene recitato il rosario e il primo venerdì di ogni mese si celebra la messa.
La struttura aziendale – seppure la famiglia non vuole sentir parlare di una vera e propria azienda – si è evoluta nel tempo. Ci sono una cooperativa e una Fondazione, che prendono il nome della famiglia, Girolomoni. Gli edifici dell’azienda sono ora tre: il monastero, una locanda per la ristorazione che si trova a circa 500 metri dal bosco e una vera e propria fabbrica nella quale si producono tutti gli alimenti biologici: dalla pasta all’olio, dal caffè ai legumi.
È proprio la presidente della Fondazione, Maria Girolomoni, figlia di Gino e Tullia, appena venticinquenne, a raccontare la storia dell’azienda di famiglia e a spiegare come il marchio biologico “Alce Nero”, noto non solo nelle Marche, sia stato abbandonato dopo un’esperienza mal riuscita di collaborazione con un’azienda bolognese.
Maria non si esime ugualmente dal raccontare come è nato questo marchio: “Il nome gliel’ha dato mio padre dopo aver letto, su consiglio di un editore fiorentino, un libro intitolato ‘Alce Nero parla’, in cui si può riassumere il suo amore per la natura”. Maria sembra emozionata quando racconta la storia del padre – scomparso circa un anno fa – e il funzionamento del monastero: “Quelle che una volta erano le celle dei frati ora sono stanze attrezzate per gli ospiti e per chi si avvicina a Montebello con curiosità, soprattutto spirituale”.
Tante sono le curiosità legate alla locanda: “Qualche anno fa abbiamo ospitato Vinicio Capossela – continua ancora Maria – doveva stare qui solo una notte, ma si è fermato per più di una settimana, e in quei giorni ha scritto una delle sue canzoni più famose, ‘Ovunque proteggi’, ispirato da un posto così affascinante, un monastero arroccato su una collina, intriso di spiritualità, immerso nel verde e che affaccia sul lontano mare Adriatico”.
Maria guida, solitamente, gli ospiti della locanda nella visita del monastero, quasi completamente ristrutturato dopo oltre quarant’anni di lavoro. Oltre alle stanze per gli ospiti – alcune delle quali allestite come veri e propri appartamenti con tanto di cucine – esistono due sale riunione per ospitare gli eventi e i congressi. Ma anche una sorta di museo agricolo, nel quale sono conservati tutti gli strumenti agricoli tradizionali. Così la vita dell’ex monastero di Montebello – proprietà di privati da fine Ottocento – va avanti tra convegni, preghiere e routine familiare.