URBINO – L’ospedale della città ducale non è a misura di donna: al Santa Maria della Misericordia di Urbino si pratica il parto in acqua ma non la radioterapia. Stando alle pagelle dell’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda), le strutture ospedaliere delle Marche non brillano nel firmamento del sistema sanitario nazionale per le prestazioni offerte a tutela della salute femminile. Tra quelli esaminati quello urbinate, con un solo bollino rosa su tre, è il peggiore della Provincia e tra gli ultimi quattro della Regione.
I bollini rosa sono per gli ospedali quello che le stelle di gradimento della guida Michelin rappresentano per i ristoranti: la certificazione della qualità del servizio fornito. Le valutazioni sono state fatte dall’Onda in base alla soddisfazione di alcuni criteri.
- la presenza di servizi di maggior rilievo clinico ed epidemiologico per la popolazione femminile;
- la garanzia di un approccio clinico specifico e accurato;
- la presenza di servizi per l’accoglienza della paziente e per la tutela della sua dignità.
Queste pagelle “mediche”, con validità biennale, riguardano 230 ospedali. Un campione significativo ma ristretto che – come sottolinea la dottoressa Elisabetta Vercesi, referente dell’Onda – non consente di stilare una vera e propria classifica nazionale delle strutture più o meno virtuose. Il motivo è semplice: il numero degli ospedali con il bollino rosa non corrisponde a quello totale. E questo perché sono stati valutati solo quelli che si sono candidati spontaneamente.
Ma la quantità è un valore relativo, un parametro che innanzitutto dovrebbe essere ponderato, tenendo presente vastità del territorio e numero di abitanti. Insomma, se la Toscana ha più ospedali della Basilicata non c’è da sorprendersi. Quindi anche se la Lombardia è la regione con più strutture premiate, non è detto che sia la migliore in assoluto.
Gli ospedali marchigiani valutati dall’Onda sono 12. Tra questi solo uno ha raggiunto il punteggio massimo di tre bollini: quello di Ancona. Tra i sette che ne hanno ricevuti due c’è anche l’Azienda ospedaliera Ospedali riuniti Marche Nord di Pesaro. Ha 618 posti letto e due reparti virtuosi: ginecologia e ostetricia e oncologia. Premiati perché offrono molti servizi dedicati alle donne: dal parto in acqua alla chirurgia mini-invasiva, dalla terapia del dolore all’assistenza domiciliare (in videoconferenza) per pazienti oncologici. Inoltre, la struttura garantisce un percorso di accoglienza, ascolto e consulenza legale per donne e minori vittime di violenza, anche sessuale, e maltrattamenti. Tra i servizi aggiuntivi, invece, figurano mediazione culturale, assistenza sociale e diete personalizzate per particolari esigenze o motivi religiosi.
L’ospedale di Urbino, rispetto a quello di Pesaro, offre un numero di servizi sensibilmente inferiore. Soprattutto se si guarda al reparto di oncologia dove non ci sono i macchinari per la radioterapia o se si pensa che per fronteggiare la piaga della violenza di genere non è stato neanche previsto un centro di ascolto.
Passando agli aspetti positivi, il fiore all’occhiello della struttura, è scritto nel rapporto Onda, è il parto in acqua. Pillola del giorno dopo e interruzione volontaria della gravidanza, invece, non sono neanche nominati. Non sono presenti nell’elenco dei servizi che dottoressa Vercesi definisce “a misura di donna”. Si sa che ottenere una contraccezione d’emergenza a Urbino non è uno scherzo, come non lo è abortire. Ma è possibile. Oltre a essere un diritto garantito dalla legge 194 del 1978 è anche un servizio offerto dall’ospedale di Urbino.
Insomma, c’è ma non si vede perché il rapporto non lo menziona. La struttura potrebbe non averlo segnalato all’osservatorio. La probabile svista comunque non avrebbe influito sul voto dato alla struttura perché la possibilità di abortire non è considerata dall’Onda un servizio “vicino alla donna”. O meglio, non è un servizio che incide sul giudizio qualitativo dell’ospedale. “Non abbiamo ritenuto di doverlo adottare come criterio di valutazione perché questo è un argomento molto delicato su cui vogliamo rimanere neutrali”, spiega Elisabetta Vercesi.
In Italia circa l’80% dei ginecologi è obiettore di coscienza. Questo si traduce in una crescita delle interruzioni volontarie della gravidanza negate. E il rifiuto generalizzato ha spianato la strada alla clandestinità. Per il ministero della Salute sono oltre ventimila gli aborti effettuati in ambulatori fuorilegge e con farmaci di contrabbando. Strutture che rispondono a un bisogno e a un diritto ma che non sono a misura di donna.