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Processo Annibali: il no del gip alle frasi che scagionerebbero Varani

di e    -    Pubblicato il 21/02/2014                 
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Lucia annibali prefetturaPESARO – Non entreranno a far parte del processo le frasi che, secondo gli avvocati di Luca Varani, potrebbero scagionarlo. Si tratta della conversazione che l’avvocato pesarese avrebbe avuto con un compagno di cella, durante la quale avrebbe raccontato di aver chiesto ai suoi due presunti complici, Rubin Ago Talaban e Altistin Precetaj, di gettare l’acido soltanto sulla macchina di Lucia Annibali e non direttamente contro la vittima.

Il gip Maurizio Di Palma ha rifiutato la richiesta della difesa. L’udienza di oggi è terminata con un nulla di fatto, riprenderà domani mattina e si ripartirà della requisitoria del pm Monica Garulli che concluderà con la richiesta della condanna. Per ora si ipotizza che per Luca Varani verranno chiesti 20 anni, il massimo della pena prevista dal rito abbreviato. Qualora invece non fosse confermata l’accusa di tentato omicidio gli anni di reclusione potrebbero scendere a sedici.

Dopo le motivazioni di richiesta di condanna ci saranno le arringhe degli avvocati. Per primo interverrà Francesco Coli, difensore della parte civile a seguire Roberto Brunelli, legale di Luca Varani e infine a Gianluca Spolito e Umberto Levi che rappresentano i due albanesi presunti complici di Varani.  La sentenza per ora rimane ancora fissata per domani anche se, a causa del protrarsi della requisitoria, potrebbe slittare a lunedì.

“Lucia teme ancora per la sua vita – afferma l’avvocato Francesco Coli – e ha paura che qualcuno possa farle ancora del male. Per ora ha seguito tutta la requisitoria passo dopo passo, ha accettato di mostrare le foto che la ritraevano subito dopo l’aggressione. Lucia è fiduciosa e pensa che ci sarà una giustizia equa”.

Lucia Annibali è arrivata al tribunale di Pesaro per assistere al processo stamattina alle 9,30. Ad accoglierla un gruppo di donne dell’Udi (Unione donne in Italia), che facevano capannello davanti al tribunale con striscioni. “Io sto con Lucia”. “Siamo tutte parte lesa”. Erano lì a manifestare contro la violenza sulle donne e per dare sostegno all’avvocatessa. Quando hanno visto arrivare i presunti aggressori li hanno accolti con urla: “Noi non abbiamo paura di voi”.

Il processo

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Presidio Udi davanti al tribunale di Pesaro

L’avvocatessa, però, l’hanno vista a malapena. La Annibali ha deciso, infatti, di arrivare fin sotto il tribunale, approfittando di un garage sotterraneo. Dopo di lei, è stata la volta di Luca Varani, che è arrivato scortato dalla polizia mentre la sorella e il padre lo salutavano da lontano.

In aula Luca Varani e Lucia Annibali erano seduti a pochi metri di distanza, divisi dai loro legali. Nonostante questo non si sono mai guardati e nel momento della visione della fotografie che ritraevano Lucia dopo l’aggressione Luca Varani è rimasto impassibile.

I fatti al centro del processo risalgono all’aprile scorso. La sera del 16 due uomini incappucciati hanno aspettato Lucia Annibali davanti la porta di casa per gettarle addosso dell’acido, sfigurandola in viso. Mentre stava aprendo la porta Lucia Annibali si era accorta che la serratura non era chiusa con i soliti quattro giri di chiave, per questo si è allertata. Secondo l’avvocato Coli è proprio per questo motivo che Lucia sarebbe stata aggredita sul pianerottolo e non all’interno del suo appartamento. Nei giorni successivi è stato fermato l’ex della donna, Luca Varani, avvocato pesarese che non aveva accettato la chiusura del rapporto e continuava a minacciare la Annibali. Dopo di lui, nel giro di quindici giorni, sono stati arrestati anche i presunti esecutori materiali dell’atto, uno dei quali, Talaban, si nascondeva in Abruzzo in attesa dell’espatrio. Lucia Annibali, che è stata ricoverata per mesi all’ospedale di Parma per le gravi lesioni riportate al viso e agli occhi, è diventata simbolo della lotta alla violenza sulle donne.

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