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Rifiuti speciali, da oggi parte il Sistri. Confartigianato: “Sistema da correggere”

di    -    Pubblicato il 3/03/2014                 
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sistri_1 URBINO – Inizia oggi l’era del Sistri, il nuovo sistema digitale di tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi, ma molte imprese di tutta Italia e della provincia di Pesaro-Urbino non sanno ancora se dovranno utilizzare la nuova procedura. Il Ministero dell’Ambiente, infatti, ha annunciato proprio nel giorno d’esordio la prossima pubblicazione di un decreto che potrebbe rendere obbligatorio il sistema solo per le imprese con più di dieci dipendenti. Inoltre per tutto il 2014 sarà in prova e le sanzioni scatteranno solamente dal prossimo anno quando il sistema sarà totalmente digitalizzato.

Una creatura controversa sotto molti aspetti, l Sistri, a partire dai nove rinvii del “click day” (l’adozione effettiva del sistema) che hanno congelato il progetto dal 2010 a oggi. False partenze dovute soprattutto a problemi di carattere tecnico del meccanismo, ma che prima ancora di entrare a regime ha comportato spese e trafile burocratiche per almeno 300 mila imprese italiane: il Sistri, infatti, prevede il trasferimento dal cartaceo al digitale delle certificazioni di monitoraggio dei rifiuti.

Gli interessati (imprese, trasportatori e rivenditori che producono o gestiscono rifiuti pericolosi) hanno dovuto acquistare un token usb per autenticarsi nel sistema, mentre i mezzi di trasporto dei rifiuti sono stati equipaggiati con delle scatole nere speciali. Ciò ha comportato per molti l’aggiornamento dei sistemi informatici (in alcuni casi, l’acquisto di un computer), oltre a un canone annuale spesso superiore ai 1000 euro per un servizio mai partito. Un disservizio che ha il sapore della beffa e che nel 2011 aveva visto le imprese artigiane della provincia di Pesaro-Urbino pronte a dar vita a una class action per farsi risarcire i costi sostenuti senza motivo.

Pur di evitare la tagliola del Sistri, c’è chi ha ridotto la propria attività, come una ditta di trasporto dei rifiuti del Montefeltro che ha preferito rimanere anonima: “Pagavamo 1500 euro all’anno di canone per una cosa che non esisteva – racconta il titolare – abbiamo comprato i token e le black box da montare sui camion e speso altri soldi per aggiornare i software. Non riesco neanche a quantificare il costo totale, ma avrei dovuto chiedere un risarcimento“. La ditta, che un tempo trasportava anche rifiuti speciali e pericolosi, adesso tratta solo rifiuti ordinari: “Siamo ancora autorizzati per ogni tipo di materiale – sottolinea l’imprenditore – ma non trattiamo più gli speciali perché non vogliamo perdere altri soldi con questo meccanismo”.

“Per i nostri iscritti – spiega Andrea Panzieri, responsabile del servizio Ambiente di Confartigianato Imprese a livello provinciale – il Sistri ha significato solo una perdita di tempo e di denaro. Non ha mai funzionato ed è troppo complesso per poter essere utilizzato dalle imprese: molti non hanno neanche il collegamento Internet, oppure lavorano da soli e dunque non hanno tempo per gestire questa procedura burocratica”.

E pensare che tutto era nato nel 2009 per contrastare le ecomafie: “Un motivo valido – ammette Panzieri – ma la realizzazione è stata disastrosa. All’inizio non funzionava neppure il call center: trenta minuti di attesa per non avere una risposta adeguata. Anche il sito ha avuto i suoi problemi. Alcune semplificazioni ci sono state, ma non abbastanza. Speriamo che il Ministero dell’Ambiente decida davvero di esentare le piccole imprese. Giusto promuovere la tracciabilità e l’innovazione tecnologica, ma il sistema va ripensato. La priorità è migliorare i controlli”.

“Una cosa assurda, gestita malissimo – tuona Egidio Cecchini, segretario di Confcommercio Urbino – il Sistri ha costretto le piccole e medie imprese a sostenere oneri alti e ingiustificati: il contrasto alle ecomafie non si fa con la confusione. Questa è una brutta pagina che ha minato ancor di più la credibilità dello Stato e delle istituzioni: ci sono persone che hanno dovuto aggiornare tutto il sistema informatico o affidarsi a consulenti per poi vedere tutto rinviato. E forse anche questa volta non se ne farà niente: a questo punto non possiamo esserne sicuri”.

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