URBINO – Crisi? Non più. Anzi, meglio, crisi sì ma nonostante questo c’è una via alternativa alla rassegnazione. È forse questo il nucleo centrale del libro del giornalista Corrado Formigli, Impresa Impossibile, presentato oggi pomeriggio nella Sala degli Incisori del Collegio Raffaello.
Un viaggio nella recessione italiana, su e giù per il Paese che produce. Un reportage che racconta l’economia d’eccellenza della nostra nazione, non con asettiche cifre ma attraverso le storie di chi fa impresa oggi. Otto storie: da quella di Venchi, famoso per le sue cioccolate, a quella dello chef contadino Pietro Parisi.
C’è il racconto dell’esperienza di Benedetta Bruzziches, una giovane – ebbene sì, ha appena 28 anni – imprenditrice di Caprarola, diventata famosa in tutto il mondo per le sue borse. Prima i viaggi a Roma, poi Milano, India, Cina e Brasile cercando di realizzare il proprio sogno. Poi il ritorno in Italia, a Viterbo. Un po’ di tinta fresca allo studio, un nuovo laboratorio e “la filosofia della gioia” a condire i suoi accessori che niente hanno da invidiare a quelli di Louis Vuitton o Hermès. Un racconto di sacrificio, di creatività, di caparbietà, innestato su una trama di desolante fallimento.
“Sapete da cosa deriva questa libro? – racconta Formigli – Dalla domanda di un padre. Ho due figlie e non so che risposta dare quando mi chiedono se l’Italia è ancora un paese in cui è possibile vivere”.
Il giornalista, conduttore del programma di La7 Piazza Pulita, ha rivestito di nuovo i panni dell’inviato ed è andato a raccogliere testimonianze tra la gente. “Quando lavoravo con Santoro – continua Formigli – e decidevamo di raccontare la produttività italiana, andavamo subito nel Varesotto. Era tutto un rumore di presse, di macchine in azione. Ci sono tornato da poco per raccontare la storia dell’azienda Rizoma e mi ha colpito il silenzio: molte imprese hanno chiuso sia per la crisi, sia per colpa loro. Non hanno capito i tempi e non hanno saputo riconvertirsi”.
Ma il libro, lungi dall’essere il ritratto catastrofico di un’Italia in malora, evidenzia gli imprenditori che ce la fanno. Basandosi sulle proprie competenze, sulla qualità del loro lavoro e investendo sui giovani. “Non credo – continua l’autore – che questo sia un libro ottimista nel senso berlusconiano del termine, del genere «diciamoci che tutto va bene anche se sappiamo che non è così». L’ottimismo deve avere sempre una fondatezza”.
Tra le storie che compongono il reportage di Formigli anche quella del marchigiano Enrico Loccioni, l’Olivetti della Valle Esina. Uno “con un’azienda banale – così lo descrive l’autore – la cui organizzazione delle persone che vi lavorano, però, è tale da essere studiata in tutto il mondo. Uno che non realizza prodotti per l’immediato ma che progetta i bisogni del 2060”.
Un’impresa che punta molto sui giovani. Ragazzi appena usciti dalle università, al massimo 40enni. Ma niente Berkeley. Loro vengono dagli atenei di Urbino, Perugia, Ancona.
“In Italia –dice Loccioni, presente all’incontro – dobbiamo continuare a studiare tutti, non solo i ragazzi. Anche l’impresa. E mai uniformare i linguaggi, ma anzi specializzarli. Dare ai giovani fiducia è la chiave del successo dell’imprenditoria italiana”.
“La cosa che mi ha colpito di Loccioni – commenta Formigli – è che fa parte di quella categoria di imprenditori che stanno al vertice di un’azienda ma sono capaci di dare l’esempio. L’alleanza tra i giovani lavoratori e gli imprenditori si cementa sul sacrificio e sulla sobrietà. Con questa generazione siamo tornati agli albori dell’Italia, al dopoguerra, quando i ragazzi avevano fame e dovevano aguzzare l’ingegno”.
Presenti all’incontro oltre all’autore e a Loccioni, Lella Mazzoli, la giornalista Rai Grazia Trabalza, il presidente di Confindustria Pesaro e Urbino, Gianfranco Tonti, quello dei giovani industriali della provincia, Carlo Renzi.
Sfacciatamente ottimista, la posizione di Tonti che parla, forzando un po’ i toni, di “nuovo Rinascimento”: “Vedo negli imprenditori un cambiamento. Hanno capito che non siamo dentro una crisi, che se fosse così sarebbe già finita, ma dentro un tempo nuovo ed è per questo che è in atto uno scatto di mentalità che prelude all’agire”.
Una lettura più “linguistica”, ovvero più incentrata sulle parole chiave che esprimono il senso dell’intero racconto, quella che Lella Mazzoli e Grazia Trabalza hanno dato del libro presentato oggi. “Persona, qualità, territorio, flessibilità, progetti sociali. Sono queste le parole che si ritrovano di più tra le pagine del libro – dice Mazzoli – e sono anche le più significative. Ma la cosa che emerge è che per gli imprenditori intervistati da Formigli le persone vengono prima dei progetti”. Termini che se usati insieme servono a combattere un altro lemma (e stato d’essere): “rassegnazione“. In che modo? Credendo fino in fondo in qualcosa, non risparmiandosi mai e mettendosi in discussione fino alla fine.
Un viaggio, quindi, che nelle intenzioni dell’autore non intende restituire un’immagine edulcorata dell’Italia in cui viviamo. Un racconto che pagina dopo pagina ripercorre la distruzione e lo svilimento che Formigli ha trovato per strada. Ma che guardando alle persone, al capitale umano della nazione, riesce, volente o nolente, a ispirare ottimismo.