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Marche Multiservizi punta il dito contro il Consorzio Vallefoglia: “La diga nel 2011 non andava aperta”

di    -    Pubblicato il 8/02/2015                 
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Lago di Mercatale

URBINO – “La diga non andava aperta”. I responsabili di Marche Multiservizi hanno ribadito le loro accuse al Consorzio Bonifica Vallefoglia, la società che gestisce la diga di Mercatale, per aver interrotto nel dicembre 2011 il servizio idrico a quattro comuni e aver causato una moria di pesci. È stata questa la testimonianza clou della terza giornata di udienza del processo in corso al tribunale di Urbino contro il direttore del consorzio, Ilario Giacomucci, accusato di danneggiamento e interruzione di servizio di pubblica necessità.

Giacomucci rischia per quei fatti da 6 mesi a 3 anni di reclusione. La vicenda è quella dei disagi del Natale 2011. Il consorzio e Marche Multiservizi collaborano per fornire acqua potabile alle aree dell’entro terra della provincia di Pesaro e Urbino. Ma quell’anno i lavori di manutenzione della diga hanno lasciato Tavoleto, Sassocorvaro, Montecalvo in Foglia e Auditore senz’acqua proprio sotto le feste.

Simona Francolini, al tempo dirigente di Marche Multiservizi, si è presentata in aula per testimoniare: “A ottobre scrissi una prima lettera a Giacomucci per chiedere il posticipo dei lavori di manutenzione. Quell’anno aveva piovuto pochissimo e aprire la diga era rischioso. Giunti a dicembre c’erano state pochissime precipitazioni, per questo continuai a scrivere al consorzio per chiedere un ulteriore posticipo dei lavori. Novemila persone avrebbero rischiato di rimanere senz’acqua e questo avrebbe danneggiato l’immagine e la credibilità dell’azienda che rappresento”.

“Manutenzioni obbligatorie” fu invece la risposta di Giacomucci alla Francolini quando la dirigente di Marche Multiservizi lo contattò per chiedere l’ennesimo rinvio dei lavori.

Aprendo le paratoie, l’acqua nel bacino della diga diminuì ancora di più e quando nella notte tra il 24 ed il 25 dicembre, con abbondati piogge in corso, il Consorzio cercò di chiudere la diga si rese conto di una rottura degli ingranaggi delle paratoie, che restarono bloccate.

Con la diga aperta l’acqua piovana non si è depositata nel bacino ma è scorsa lungo il letto del fiume Foglia che attraversa la diga del Metauro. Questo ha fatto sì che a valle la formazione del limo è stata tale da impedire ai pesci di respirare e alla popolazione di ricevere il servizio idrico nelle loro abitazioni.

Chiamato a testimoniare il biologo Luca Esposito, consulente della provincia di Pesaro e Urbino ha fatto una stima dei danni relativi alla morte della fauna ittica. “Sono morti circa 1.400 chilogrammi di pesce – ha detto Esposito – alcune specie del fiume Foglia vengono pescate e vendute. Moltiplicando il numero di pesci morti per il loro valore medio di vendita potrei dire che il danno economico si aggira sui 45.000 euro”.

Il giudice ha rinviato il processo: la prossima udienza è prevista nel giugno 2015.

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