URBINO – Selezionare le notizie prese dal mare magnum dell’informazione online e cartacea e fornire una scelta di qualità che possa orientare l’utente a districarsi nell’immensa mole di notizie oggi disponibili. Questa è la “content curation”. Un’attività che, in fondo, è sempre esistita. Ogni giorno, infatti, i giornalisti selezionano le notizie, decidendo cosa merita la prima pagina e cosa invece lasciare fuori.
“La differenza è che oggi la content curation è diventata un prodotto che si vende”, dice Beniamino Pagliaro, uno dei fondatori di Good Morning Italia – un servizio nato due anni fa sul modello di Playbook, la newsletter mattutina del sito di informazione americano Politico – che ogni giorno fornisce entro le 7.30 una selezione con le notizie più importanti della giornata.
Pagliaro ne sottolinea la dimensione artigianale: “Selezionare è un lavoro estremamente giornalistico – spiega – manuale, certosino. Occorre avere una preparazione culturale solida e la capacità di leggere e interpretare le notizie per poterle poi scegliere e offrire”.
Il lavoro che c’è dietro a ogni edizione di Good Morning Italia, che si legge in 5 minuti – il tempo di prendere la metro prima di andare a lavoro – è di almeno quattro o cinque ore al giorno: “Nel corso della giornata – racconta Pagliaro – i nostri redattori individuano quali sono gli argomenti interessanti da mettere nell’edizione del mattino seguente. Good Morning Italia non è una newsletter, né una rassegna stampa: è un nuovo media, è contemporaneo ed è adatto alla vita che le persone fanno nel 2015″.
Nel panorama dei “nuovi media” italiani si è affacciato da poco più di due mesi anche un altro esempio di content curation, dal nome emblematico: Slow News, ovvero l’opposto di “breaking news”. Si tratta di una newsletter che arriva due volte a settimana, il mercoledì e la domenica. Ogni numero contiene una selezione di contenuti online, accompagnata da un abstract che li descrive. “Per noi Slow News è un certo tipo di informazione – dice Alberto Puliafito, uno degli ideatori del sito – un modo di approfondire più a misura d’uomo. La possibilità di fermarsi e di uscire dal flusso infinito che è l’informazione su Internet”.
Entrambi i prodotti, che puntano molto sulla qualità, sono a pagamento. Gli abbonamenti mensili costano 1,99 euro nel caso di Good Morning Italia e due euro per Slow News, mentre scegliendo pacchetti annuali o a vita si risparmia qualcosa in più. “Non siamo ancora in utile – dichiara Pagliaro – ma dato che siamo ancora in fase di start-up, penso sia normale a neanche un anno dal lancio della versione a pagamento”.
Alberto Puliafito è più dubbioso riguardo alla sostenibilità economica di queste attività: “Nel nostro caso, si tratta di un progetto professionale residuale – dice – La nostra redazione, infatti, è composta da cinque giornalisti che hanno tutti un altro lavoro e, al momento, consiste in un documento condiviso in cui carichiamo le nostre idee”. Nonostante questo, gli abbonamenti sono in crescita e gli utenti iniziano a segnalare i loro contenuti: “Nel prossimo numero inseriremo, ad esempio, un articolo bellissimo che ci è stato segnalato da un lettore” aggiunge Puliafito. Un passo nella direzione dell’open journalism, cioè il coinvolgimento dei lettori nella produzione o nella scelta dei contenuti.
“Il processo di content curation passa necessariamente attraverso l’open journalism – spiega Pier Luca Santoro, esperto di marketing e comunicazione e fondatore dell’osservatorio sui media Datamediahub – cioè l’apertura delle redazioni al rapporto con i pubblici di riferimento, che diventano protagonisti del processo di selezione. In Italia, però, questa è una realtà ancora lontana”.
Content curation è sinonimo di contemporaneità, ma anche di futuro: “La selezione c’è sempre stata e continuerà a esserci – riflette Pagliaro – e oggi è esaltata dalle potenzialità degli strumenti digitali di cui disponiamo per la produzione e la fruizione”. Per Santoro la content curation sarà uno dei principali compiti del giornalismo nei prossimi anni: “Il lavoro di chi fa informazione è quello di mettersi al centro della rete – spiega – attingendo naturalmente alle fonti tradizionali, ma anche interpretando il flusso di contributi e stimoli che arrivano dalle persone e dai social. Lo potrebbe fare anche un algoritmo, ma il content curator ci mette ciò che chiamo il tocco umano: preparazione e professionalità”.