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Da Pop-Up Magazine alle feste dei quotidiani, il giornalismo dà spettacolo e crea comunità

di    -    Pubblicato il 11/03/2015                 
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Il palco di Pop-Up Magazine

Il palco di Pop-Up Magazine

URBINO – Il giornalismo sale sul palcoscenico. Dal 2009 in un teatro di San Francisco va infatti in scena un esperimento: Pop-Up Magazine, uno spettacolo con una scaletta composta da notizie, pezzi d’approfondimento, filmati video e contributi fotografici che sotto gli occhi di quasi tremila spettatori paganti a serata, diventano un vero e proprio “giornale onstage”.
Fin dall’inizio, questo ibrido teatral-giornalistico ha sempre registrato il tutto esaurito e nel 2014 ha dato vita anche a una rivista, The California Sunday Magazine. Oltre ad avere i conti in attivo, Pop-Up Magazine è stato capace soprattutto di creare una comunità di affezionati spettatori-lettori, diventando un modello esportabile, con imitazioni in Francia e Danimarca.  Un modello in grado di attrarre e fidelizzare anche quel pubblico che magari, negli anni, si era allontanato dalla lettura dei giornali tradizionali.

Da qualche tempo il perfomed journalism si sta diffondendo anche in Italia, seppure in forme un po’ diverse, tra sperimentazione di nuovi linguaggi, ricerca di legami più stretti con le comunità di lettori e, possibilmente, maggiori vendite. Da due anni, ad esempio, Marco Travaglio porta in giro per i teatri italiani il suo spettacolo È stato la mafia, in cui affronta sul palcoscenico il tema della trattativa Stato-mafia, mentre i suoi monologhi ad Anno Zero e Servizio Pubblico sono diventati un vero e proprio format. Ancora, in occasione di Biennale Democrazia, a Torino, il 25 marzo Ezio Mauro si cimenterà con Thyssen – Opera sonora, un racconto giornalistico con cui il direttore di Repubblica mette in scena le testimonianze raccolte dopo la tragedia che nel 2007 provocò la morte di sette operai dell’acciaieria Thyssenkrupp.

Inoltre, i giornali stessi provano a recuperare il terreno perduto con i lettori attraverso manifestazioni come la Repubblica delle Idee o la Versiliana, organizzati rispettivamente dal quotidiano di Eugenio Scalfari e dal Fatto Quotidiano. Eventi con cui le testate provano a uscire dalle redazioni e ad avvicinarsi alle loro community di riferimento, per conoscerle meglio e cementarle. Condividendo con queste non più solo idee, ma anche spazi fisici.

“Il giornale che va incontro alla sua comunità vuole, però, prima di tutto consolidare il suo marchio. Repubblica, che organizza la Repubblica delle idee – afferma Sergio Maistrello, giornalista e professore di  giornalismo e nuovi media presso l’Università di Trieste – in realtà porta in giro il suo nome, ma senza andare direttamente dalla sua comunità. La incontra nel suo recinto, dentro spazi che conosce e che le sono congeniali.”

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Homepage di Reported.ly

“Parlando di comunità, cosa ben più interessante, connessa però solo a realtà iperlocali legate all’informazione – prosegue Maistrello – è il fenomeno per cui il giornalista si reinventa all’interno della comunità stessa, diventandone parte integrante”.

È il caso del progetto editoriale Reported.lyche fa capo a Andy Carvin, giornalista che nel 2012 è balzato agli onori delle cronache per la sua capacità di raccontare in tempo reale su Twitter le primavere arabe. Il progetto ha messo insieme giornalisti provenienti da tutto il mondo, utilizzatori assidui dei social network che, spiega Maistrello “producono notizie insieme alle persone, dentro le reti, senza l’ambizione di creare alcun tipo di palcoscenico, di struttura ufficiale attorno a cui radunare le persone”.

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