FERMIGNANO – Tensioni, accuse e differenze ideologiche stanno attraversando la comunità islamica di Fermignano. Uno scontro, strisciante da tempo, che ora prende corpo nelle dure parole dell’ex vicepresidente dell’ Ucoii Associazione delle comunità islamiche di Pesaro e Urbino. Per Abdelali En Nhaili quella di Fermignano è “un’associazione morta, che non fa più nulla per i suoi fedeli, abbandonati a loro stessi”.
Residente a Fermignano ed ex membro del consiglio del circolo culturale islamico, En Nhaili non usa mezzi termini e definisce l’associazione islamica fermignanese, guidata dall’imam Ahmed El Rhaidouni, come una “monarchia”. Ad essere sotto accusa è il mancato cambiamento, dal 2013, dei membri del direttivo che come ogni associazione culturale deve essere rinnovato periodicamente, ma questo a Fermignano non è mai successo, e aggiunge En Nhaili, “non bisogna solo pregare ma anche pensare al contatto con la realtà circostante”.
Il piccolo centro culturale sopra la Conad locale rappresenta un vero e proprio collante sociale per gli immigrati musulmani residenti nel Montefeltro, ma la comunità oggi è spaccata. I fedeli sono divisi tra chi chiede un suo passo indietro dell’attuale imam in favore del cambiamento e chi invece pensa che un rinnovamento non sia necessario.
Non è solo il ruolo del direttivo ad agitare gli animi della comunità. Parlando con alcuni di loro si scopre che negli ultimi tempi, il circolo culturale è stato frequentato da predicatori e fedeli che arrivano da altre parti d’Italia e in alcuni casi anche dall’estero, ad esempio dall’Arabia Saudita, e questo ad alcuni non piace. “Non sappiamo chi sono e se hanno o no una vera conoscenza di ciò che dicono” spiega un giovane membro della comunità che ha chiesto espressamente di non essere nominato. Lo sguardo timido, ma allo stesso tempo sicuro di quello in cui crede, per lui l’Islam è l’unica vera ragione di vita e la moschea di Fermignano fa parte di lui, ma pensa che sia necessario cambiare, evolversi.
E ancora: a dividere è anche l’interpretazione di alcuni obblighi dell’Islam, in particolare quello del velo per le donne. La presenza di mogli e giovani “svelate” durante la preghiera non è gradita a El Radouhni e al suo consiglio.
Critiche che non piacciono allo stesso El Radouhni, che bolla ogni dissenso come la pura e semplice volontà di creare zizzania. Ma non si deve pensare che l’imam sia isolato.
Dopo l’orario di lavoro, i locali della moschea incominciano a popolarsi dei fedeli in procinto di unirsi alla preghiera della sera. Davanti al bar sottostante si raduna un piccolo capannello di persone, ci sono anche dei membri del consiglio. Al solo sentire la parola “divisione” strabuzzano gli occhi e accennano un sorriso: “Nessuna divisione, noi siamo una grande famiglia”, ma l’agitazione si fa palpabile, tangibile: “Noi non facciamo politica, noi siamo uniti”, ripetono quasi come un mantra.
Una comunità che è evidentemente divisa, ma che allo stesso tempo cerca da sempre di aiutare chi si trova in difficoltà in particolare con l’abuso di alcolici, anche se negli ultimi tempi l’attenzione si è un po’ allentata tanto da allarmare il sindaco Giorgio Cancellieri che si è rivolto allo stesso imam per una maggiore collaborazione. Nonostante queste problematiche, non si può dire che a Fermignano ci sia un problema di integrazione: la moschea è parte fondamentale della realtà cittadina, l’importanza del suo ruolo sociale è riconosciuta dai fermignanesi: “Quando ci sono in giro i fedeli, gli ubriachi e i balordi stanno lontani”, afferma Elisa, proprietaria della cartoleria proprio sotto la moschea.
Però, tra le tante voci e le differenze e le critiche, parlando con i membri della comunità non si ha dubbi su un fatto: tutti sentono la necessità di una coesione sociale che parta dalla religione. E più forte di ogni incomprensione, c’è la necessità di trovarsi insieme e pregare.
Articolo aggiornato il 15 aprile 2015