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Il giornalismo in Russia è vivo nonostante il controllo di Putin

di    -    Pubblicato il 19/04/2015                 
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Ivan Kolpakov di Meduza

Ivan Kolpakov di Meduza

PERUGIA – Era attesa per parlare al panel dedicato ai media russi la giornalista Veronika Koutsyllo, del sito web indipendente Open Russia. E invece non c’era, perché questo giovedì la polizia russa ha condotto una perquisizione nella sua redazione, sequestrando tutti i computer e i mezzi necessari a lavorare.

I giornalisti russi tentano di scrivere e andare in onda nonostante un clima di oppressione e censura fra i più rigidi al mondo. Di questo si è parlato in un panel dedicato dal titolo “Media indipendenti in Russia sotto il regime di Putin”. Non si esita chiamarlo regime, perché non c’è altra definizione quando la stampa di un Paese di 150 milioni di abitanti è relegata al 176esimo posto nella classifica sulla libertà di stampa nel mondo di Freedom House, o al 148esimo di quella di Reporter senza frontiere.

Ma anche in Russia necessità fa virtù, e così i media indipendenti, quelli per intenderci che non concordano i servizi col Cremlino, hanno dovuto trovare delle vie alternative per non venire chiusi. “Abbiamo deciso di emigrare – ha spiegato il vicedirettore del sito Meduza.io Ivan Kolpakov - ci siamo trasferiti a Riga e ora non dobbiamo più avere paura di essere aggrediti o costretti a chiudere”.

All’emittente televisiva Tv Rain è successo invece di essere sfrattati dalla propria redazione, sotto la pressione del governo. “Scherzavamo sul fatto che saremmo finiti a trasmettere dalla casa di qualcuno di noi – ha raccontato la vicedirettrice Maria Makeeva – e alla fine è andata proprio così. Buttati fuori da una redazione vera, abbiamo dovuto trovare in fretta un’altra soluzione. Per mesi abbiamo trasmesso dal monolocale di un amico”.

Una nuova legge in Russia impedisce ai media indipendenti di finanziarsi attraverso la pubblicità. E così quando le inserzioni sono crollate, Tv Rain ha trovato nei propri telespettatori una fonte di sostentamento. “Chi vuole seguirci paga un abbonamento – ha spiegato Makeeva – non è stato facile chiederlo ai nostri utenti, perché in Russia non si paga un canone per la tv pubblica. Non sapevamo come spiegare che bisognasse pagare per avere delle notizie. Ma oggi è così che viviamo”.

“I media indipendenti non sono marginali – ha concluso il giornalista polacco Zygmunt Dzieciolowski, che da 25 anni si occupa di Russia – basti pensare al ruolo che hanno svolto nel coprire la crisi ucraina. Sono pieni di qualità e di adrenalina. Mi dispiace per i Paesi in cui fare giornalismo è una faccenda tranquilla: dev’essere noioso”.

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