URBINO – “Sono solo una donna che vuole giustizia”, ripeteva da più di cinque anni Patrizia Gamba. E con la sentenza d’appello emessa oggi dal tribunale di Urbino l’ha finalmente ottenuta, ponendo fine a un calvario che andava avanti da anni. Il giudice Paolo Cigliola l’ha assolta dall’accusa di minaccia a pubblico ufficiale basandosi sull’articolo 599 del codice penale, secondo cui “non è punibile chi commette ingiuria o diffamazione nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui”. Nel 2010 era stato infatti ritenuto illegittimo il Tso cui la donna era stata sottoposta.
La vicenda. Nel maggio del 2009, subito dopo un alterco nella piazza centrale di Cantiano, dove si era da poco trasferita, fu trasportata in ambulanza a Urbino, sottoposta a Tso (trattamento sanitario obbligatorio) e poi rinchiusa nel reparto di Psichiatria dell’Ospedale. Il referto medico parlava di “esaurimento mentale e scompenso psichico”, ma per la diretta interessata, intervistata dal Ducato all’uscita del tribunale, la verità era un’altra: “Sono stata vittima di un sequestro di persona”.
Uscita dall’ospedale, l’ex assistente dell’Università di Urbino ha iniziato la battaglia per il riconoscimento dei suoi diritti contro i trattamenti psichiatrici obbligatori a cui è stata sottoposta. “Voglio denunciare pubblicamente quanto mi è successo”, ha ammesso senza esitazioni. Come? Pubblicando su Youtube una video-intervista in cui ripercorreva le tappe principali della vicenda, quella di “una donna che non ha paura”; partecipando a seminari in giro per l’Italia o semplicemente raccontando la sua storia a chiunque incontrasse mentre passeggiava con i suoi adorati cani. Al suo fianco si sono schierati gli studenti, soprattutto quelli riuniti nel collettivo dell’università Carlo Bo di Urbino, e poche altre persone.
La prima sentenza. Una prima, importante vittoria Patrizia Gamba l’ha ottenuta un anno dopo il ricovero. È stato infatti il Tribunale di Urbino a restituire la verità dei fatti, annullando il Tso a cui era stata sottoposta in quanto “l’alterazione psichica è stata desunta da informazioni e non direttamente constatata”, si legge nel verbale. “Pensai che con il decreto – racconta Patrizia – l’incubo fosse finito. La mia sete di giustizia voleva sanzioni per tutti i prepotenti ignoranti coinvolti nel sequestro, ma soprattutto maturavo la convinzione di una azione collettiva alla Corte di Strasburgo perché a nessun altro potesse accadere quello che era capitato a me”.
La seconda sentenza. Ma la sua vicenda giudiziaria non finisce qui. La donna nel 2012 incontra per strada il maresciallo Contini, uno dei responsabili – a suo modo di vedere – del ricovero in Psichiatria, aggredendolo verbalmente. “Sequestratore”, “calunniatore”, queste le parole che hanno spinto il Carabiniere a denunciare la signora, condannata in primo grado dal giudice di pace di Urbino. La sentenza è stata poi ribaltata in secondo grado.