URBINO – Dopo il terremoto del 2009 l’Aquila ha subito un’esplosione, materiale e umana. Il centro storico è disabitato, la popolazione dislocata nelle nuove ‘C.a.s.e.’ costruite dal governo e il tessuto sociale smembrato. Nello Avellani, giovane giornalista aquilano, due anni fa, insieme a tre colleghi, ha fondato il sito web NewsTown. Nello è tornato a vivere nella sua città per intraprendere un’avventura editoriale che è anche un progetto culturale: raccontare la ricostruzione e ricreare un collante sociale tra i cittadini.
Ospite al Festival del giornalismo culturale, Avellani è intervenuto alla tavola rotonda sul web, sul palco del teatro Sanzio. Alla domanda di fondo cui si è cercato di rispondere durante il dibattito – dov’è la cultura oggi? – il giornalista aquilano ha contribuito raccontando la propria esperienza – fare informazione ed essere allo stesso tempo parte di un fervore culturale nuovo in una città ancora in macerie.
Perché avete deciso di fondare NewsTown?
“Il nostro obiettivo è quello di raccontare la ricostruzione dell’Aquila sia dal punto di vista materiale, che da quello sociale ed economico. Il nome fa riferimento sia al gergo berlusconiano, che chiamava “new town” gli alloggi provvisori costruiti all’indomani del sisma, sia al fatto che l’Aquila coi suoi lavori in corso ogni giorno è diversa rispetto al giorno prima”.
Una pubblicazione può aiutare a riunire le persone intorno a una realtà che parla di loro?
“È uno dei nostri obiettivi. Vogliamo dare voce a movimenti, comitati, semplici cittadini che vogliono farsi sentire su un tema dal quale verrebbero altrimenti esclusi, quello della ricostruzione della città. Dare loro una voce perché sia possibile ascoltarla anche fuori. Le persone possono così ascoltarsi anche fra di loro”.
Che risposta avete avuto? Siete riusciti a creare una comunità intorno a voi?
“In una città di medie dimensioni, 80mila abitanti, abbiamo 6mila utenti unici al giorno. Nell’ultimo anno e mezzo 500 persone hanno deciso di sostenerci anche economicamente con versamenti di 30-50 euro. Sui social network si creano dibattiti a partire dai nostri articoli. Ci mandano email, ci segnalano eventi, ci chiamano per qualsiasi cosa, anche per lamentarsi. Abbiamo tante occasioni di conoscere i nostri lettori anche di persona, perché come NewsTown organizziamo eventi in città, nell’ultimo ad esempio abbiamo invitato Erri De Luca.”
Qual è la necessità di NewsTown in una città ferita in cui però erano già presenti altre testate locali?
“A L’Aquila ci sono quattro giornali online e tre cartacei. Noi però vogliamo essere indispensabili per gli aquilani. Proviamo a essere diversi facendo un enorme e difficile lavoro di ricerca e di spiegazione di tutto quello che succede a livello amministrativo, che può essere utile al cittadino. Non ci limitiamo a pubblicare il comunicato stampa così come arriva. I cittadini dell’Aquila sono alla continua ricerca di risposte. In questi anni le hanno cercate nel posto sbagliato, ovvero sui social network. Facebook è diventata una specie di piazza – in mancanza di quella vera che era sotto le macerie – in cui si affollavano voci e notizie non verificate o verificabili. In questa situazione di caos il nostro lavoro si può definire di data journalism e serve a rendere più semplice la vita quotidiana di una città difficile. Mettiamo tantissimi link, prendiamo tutti quei documenti amministrativi poco accessibili e li scannerizziamo sul sito, non ci perdiamo un consiglio comunale. Vorremmo dare tutte le risposte a cittadini spesso frustrati per la mancanza di chiarezza delle istituzioni”.
Che cosa offre l’Aquila oggi da un punto di vista culturale?
“A livello culturale L’Aquila ha subito come un’iniezione, una scossa. Penso sia stato un modo di reagire al trauma del terremoto. Oggi L’Aquila è piena di cose da fare. Ci sono piccoli teatri indipendenti, varie associazioni che fanno ogni sera una cosa diversa, tantissimi bar, concerti di musica live. È meglio adesso che prima. Io sono tornato a viverci e non me ne voglio andare”.
A che punto è la ricostruzione?
“In centro non è mai partita. Siamo al 3% di edifici ricostruiti. In periferia siamo più avanti perché ci sono meno problemi di spazio ad esempio, non ci sono le stradine strette del centro. Però ci sono ancora 12mila persone nei container, 3-4000 che vivono in affitto concordato. Molti sono andati via e non sono più tornati. È dura da vivere, è un cantiere da anni, noi siamo abituati ma per chi viene da fuori è straniante. Da un punto di vista giornalistico, però, non esiste un posto più bello da raccontare”.
Foto di Dania Dibitonto e Anna Saccoccio