di JACOPO SALVADORI
LECCO – La pizzeria “Wall Street” di Lecco, in Lombardia, era il bunker-castello di Franco Coco Trovato, boss della ‘ndrangheta. Da lì, gestiva i propri traffici, da Milano a Como. Poi, nel 1992, Coco Trovato viene arrestato nell’operazione “Wall Street”, dal nome della pizzeria, condotta dall’allora sostituto procuratore Armando Spataro, oggi procuratore di Torino, che nella sua lunga carriera si è occupato di criminalità organizzata, terrorismo e traffico internazionale di stupefacenti. Il boss è stato condannato all’ergastolo e i suoi beni, tra cui il bunker-castello, (valore di 28 miliardi di lire) sono stati sequestrati e successivamente confiscati.
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Dopo 24 anni la pizzeria è ancora chiusa ed è l’esempio di come il percorso dal sequestro alla destinazione di un bene confiscato alla mafia sia lungo, tortuoso e pieno di interruzioni. A maggio 2016, “Wall Street” è stata ristrutturata e e secondo l’associazione Libera di Lecco, dopo l’estate estate riaprirà come pizzeria della legalità. È Paolo Cerarda, coordinatore di Libera Lecco, a ricostruire nel dettaglio la storia del locale: il modo migliore per capire cosa e come intralcia e ritarda del percorso di “rinascita” di un bene confiscato.
La confisca e le occasioni fallite. Due anni dopo il sequestro, il 19 novembre del 1994, il tribunale di Lecco firma un provvedimento provvisorio per la confisca della pizzeria e di altri immobili che si trovano in provincia di Lecco. Questo provvedimento, però, diventa definitivo solo nel 1996, l’anno in cui è stata approvata la legge sulla destinazione a scopo sociale dei beni confiscati alla mafia. Proprio grazie alla legge, alla fine degli anni ’90, il comune di Lecco decide di farsi avanti per ottenere la concessione del bene. La richiesta, però, viene fatta dall’agenzia del demanio, ente pubblico economico istituito nel 1999. Era l’agenzia che si occupava “della partita dei beni confiscati”, spiega Cerada. Il progetto è di trasformare il bunker-castello della ‘ndrangheta in una pizzeria sociale e nel 2006, finalmente, il bene passa sotto il Comune. Il progetto non si realizzerà mai e la struttura viene lasciata a se stessa per tre anni “in uno stato di abbandono e degrado” a causa degli alti costi di ristrutturazione. Anche altri progetti falliscono, come la riconversione del bene in caserma dei Vigili del fuoco oppure l’idea di buttare tutto giù per costruire una zona residenziale pubblica.
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Da pizzeria ad archivio della Prefettura. Poi, tra settembre e dicembre 2009, arriva lo scambio che non ci si aspetta. La pocura di Lecco chiede la pizzeria “Wall Street” al Comune, in cambio di un’altra pizzeria, la “Giglio”, e di un appartamento di viale Adamelio. Tutti beni confiscati. Il Comune accetta, all’epoca era amministrato da un commissario, e così “Wall Street” passa alla Prefettura. Dal 2010 viene riconvertita ma non a uso sociale, come era nei programmi del Comune: diventa l’archivio provvisorio della Prefettura di Lecco.
Il salvataggio di Libera. Nel 2011 entra in gioco Libera. Nasce il coordinamento di Lecco che inizia a pensare a un modo per sfruttare il bene confiscato. L’idea è di creare sempre una pizzeria ma questa volta della legalità. Il progetto si chiama “I saperi e i sapori della legalità” e viene presentato all’allora prefetto Marco Valentini. Accanto allo scopo sociale, il progetto mette al centro anche la dimensione lavoro, con l’idea di creare proprio dei posti di lavoro dove prima c’erano i tentacoli della ‘ndrangheta. Il Comune e la Prefettura colgono al volo il progetto di Libera e ad aprile 2012 scrivono all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, dando la disponibilità al passaggio della pizzeria “Wall Street” di nuovo sotto il Comune. Ad aprile 2013 arriva l’ok e il 29 maggio dello stesso anno l’Agenzia firma il decreto di assegnazione: il bene è di nuovo proprietà del Comune. Prima di poter utilizzare la struttura, però, bisogna trasferire tutti i fascicoli dell’archivio provvisorio della Prefettura. Il trasloco inizia sei mesi più tardi, a ottobre, e finisce ad aprile 2014.
L’ingresso della Regione e i fondi per la ristrutturazione. Il 16 maggio 2014 compare un altro soggetto: la regione Lombardia. La giunta approva un protocollo di intesa e stanzia circa 400.000 euro per la ristrutturazione dell’ex pizzeria, “come prevede la legge regionale sui beni confiscati”, spiega Cerada. Questo protocollo viene firmato da Regione, Comune, Prefettura ma anche dall’Azienda lombarda edilizia residenziale (che si doveva occupare della ristrutturazione) e da Libera. Cinque partner per il nuovo progetto. Ma i fondi regionali non bastano. Secondo alcuni studi, per ristrutturare interamente l’immobile servono circa 650.000 euro. Il Comune di Lecco ne mette 100.000 euro e la Fondazione Carige gli altri 150.000. Dopo alcuni intoppi iniziali, i lavori terminano alla fine del 2015.
Una gestione difficile. A marzo 2015 il Comune pubblica il primo bando di assegnazione ma finisce male: l’ente interessato all’ex pizzeria decide di ritirarsi. E così si allungano i tempi. Per fortuna il 25 maggio dello stesso anno, un’associazione temporanea di scopo, composta dalla cooperativa sociale “La fabbrica di Olinda”, dall’Arci provinciale di Lecco e dall’Auser provinciale, partecipa al bando con un progetto di gestione. Il Comune decide di affidare a loro “Wall Street” e il contratto di gestione gratuita viene firmato a gennaio 2016.
Il futuro in sospeso. Ad aprile 2016 i lavori sono definitivamente conclusi, l’immobile è pronto alla sua seconda vita e l’Ats sta definendo l’identità del locale tra arredamento e gestione dei servizi. Cerada è sicuro: l’apertura sarà subito dopo l’estate. Si vedrà. Una cosa è certa: a maggio 2016, a 24 anni dal sequestro, la pizzeria “Wall Street” è ancora chiusa.