Beni confiscati, nella provincia di Modena ce ne sono 35 ma nessuno è stato ancora assegnato

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Ecco la situazione, provincia per provincia, dei beni confiscati alla mafia nel 2015 in Emilia-Romagna

ConfiscatiBene


 di ANDREA PERINI

MODENA – Era il 2010 quando Antonio Iovine, detto O’Ninno, boss dei Casalesi decise di diventare un collaboratore di giustizia. E mentre lui parlava con gli inquirenti, tremavano i suoi sodali sparsi per Modena e provincia in particolare a Nonantola. Lì, nel paesello a poco più di dieci chilometri da Modena, il boss aveva comprato, riciclato, nascosto, attraverso una serie infinita di scatole cinesi e prestanome, una vera fortuna fatta di immobili e aziende.

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Beni, che dopo il pentimento, sono tornati in mano allo Stato ma che al momento sono fermi tra i faldoni dei processi. Questi, come il resto di quelli avvenuti negli ultimi 24 mesi, hanno spostato l’asticella dei beni sequestrati dai due di fine 2013 ai 35 di fine 2015. Un incremento del 1650 per cento. Diciassette sono ricollegabili a Iovine e ai suoi sodali, tra cui Alfonso Perrone, O’pazz, il contabile del clan. Tutti e 17 a Nonantola. Gli altri 18 sono sparsi per il territorio e appartengono a famiglie diverse, ognuna con un proprio legame con la criminalità organizzata.

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E i beni sequestrati diventeranno molti di più quando il processo Aemilia, il procedimento in cui è coinvolto il reggiano Michele Bolognino, legato alla ‘ndrangheta, e la Bianchini Costruzioni di San Felice sul Panaro, si chiuderà. In ballo in questo caso ci sono decine e decine di proprietà tra imprese, appartamenti, automobili e mezzi da lavoro tutti più o meno sparsi per la Bassa modenese. Senza dimenticare il patrimonio, di oltre 4 milioni, di un imprenditore-attore che vive a Castelnuovo a cui il tribunale di Taranto, a metà del 2015, aveva confiscato alcuni appartamenti, tre società, diversi veicoli, tra cui due limousine. Insomma il conto che lo Stato presenterà alle mafie sarà ancora più salato nei prossimi anni.

Ecco la mappa dei beni sottratti alla mafia in Emilia-Romagna realizzata da Confiscatibene con i dati dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati e sequestrati (aggiornati al 31 dicembre 2015). Cliccando sulla provincia di Modena è possibile vedere quante sono le aziende e gli immobili confiscati nel 2015

Ditte, abitazioni, terreni. Dei 35 beni sequestrati 26 sono gli immobili, di cui otto sono terreni mentre il resto sono appartamenti e abitazioni, nove invece sono le aziende confiscate. Tutti i beni sono gestiti dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc). Case, negozi e appezzamenti sono sparsi per il territorio: cinque sono nel Comune di Modena, 17 in quello di Nonantola, due a Castelfranco, cinque a Maranello e sei a Formigine. Tutti però sono ancora fermi virtualmente tornati in mano allo Stato ma praticamente ancora non a disposizione dei Comuni.

Potenzialmente il Comune di Nonantola avrebbe un appartamento condominiale di otto vani con garage annesso in via Vittorio Veneto, a ridosso del centro storico ma anche un’abitazione indipendente con terreno edificabile per un totale di 55 metri quadrati e un’autorimessa di 11 metri quadrati, entrambi in via di Mezzo, zona Casette piccola frazione del paese. Il Comune di Castelfranco avrebbe invece a disposizione un appartamento di cinque stanze in un condominio e un garage , in via Agnini. A Formigine c’è invece una cooperativa di facchinaggio e servizi messa sotto sigillo e tuttora in liquidazione. La società è riconducibile alla ‘ndrina Emiliana (un distaccamento della ‘ndrangheta) di Isola Capo Rizzuto. Sempre a Formigine l’Antimafia ha chiesto e ottenuto la confisca di due appartamenti con annessi garage. Dei cinque sequestri di Maranello tre sono ditte a responsabilità limitata, una è una villa ancora da ultimare e l’ultimo è invece un terreno diventato da poco edificabile.

A Modena sotto sequestro è finito un negozio a uso ufficio di 68 metri quadrati, in via Anderlini, nel quartiere Sacca, un secondo locale commerciale, questo già “destinato” e che sarà quindi affidato a enti o associazioni, e un terzo esercizio, già uscito dalla gestione dell’Anbsc. A completare il quadro restano quindi due società a responsabilità limitata.

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Beni sequestrati, beni legati. Ma i sequestri non vanno di pari passo con le riassegnazioni. Dei 35 beni tornati nelle mani dello Stato e gestiti dall’Anbsc nessuno è tornato ancora in mano alle comunità. Il motivo è la burocrazia italiana.

“I sequestri dei beni – spiega Enza Rando di Libera – sono arrivati per via dei processi che si sono aperti contro la criminalità organizzata. Oggi però i tempi dei processi sono lunghi e finché non si arriva a sentenza definitiva la confisca non può avvenire e di conseguenza nemmeno la riassegnazione del bene alla società civile. La burocrazia blocca quindi le riassegnazioni”.

Nonantola e l’agognata caserma. Come succede a Nonantola dove il Comune avrebbe un progetto già bello e pronto per riutilizzare ma dovranno passare anni prima che si possa attuare veramente. E intanto il bene in questione, un appartamento, subisce i danni del tempo e dell’incuria. Il progetto del Comune è quello di  realizzare la nuova caserma dei carabinieri sfruttando appunto l’appartamento di via Falcone-Borsellino, all’angolo con via Di Mezzo. È passoto più di un anno e mezzo (il progetto era stato presentato nel 2014) ma quella proposta è rimasta una suggestione e non per colpa delle istituzioni locali, bensì per gli inghippi burocratico-legislativi che riducono la portata della trasformazione dei beni confiscati in simboli di legalità. Il Comune ha infatti inoltrato richiesta per vedersi assegnata la palazzina e il terreno annesso – già dotato di fondamenta – e ha depositato uno studio di fattibilità. L’Agenzia ha però comunicato che gli immobili, pur essendo già nella propria disponibilità, sono ancora vincolati alla conclusione di un processo. E ci si trova appena al primo grado di giudizio. Traducendo: ci vorranno ancora anni, salvo sentenza dei giudici più spedite.