Il villaggio nella città

Samsun, un porto del Mar Nero ancorato tra due strade della Berlino turca

 
 
 

Apo e Fatih

Il velo sui libri

La bimba

 

Il velo sui libri

Al centro giovanile i ragazzi vanno per bighellonare e per il biliardo, le ragazze per i corsi di lingua e di computer. E non fanno neppure manca a scuola. Il motivo? sotto un velo

Una ragazza aspetta il metrò messaggiando. A fianco, il centro giovanile della Reichenbergerstr.


Ragazze qui se ne vedono poche. Solo per frequentare qualche corso, ma mai ad ammazzare il tempo. “Studiano" spiega in una parola Wolfram Englert, direttore del centro giovanile “Chip” sulla Reichenbergerstr. E aggiunge: "Vorrebbero uscire da questa situazione, il ghetto le opprime più dei compagni maschi”.

Negli anni 80, assicura l’assistente sociale, non si vedevano così tanti veli in giro. "La crisi economica che ha colpito l’intera città - dice - qui ha portato disoccupazione e miseria, ma anche il crescere del fondamentalismo religioso".

Proprio per questo la maggior parte di queste ragazze studiano, non fanno manca a scuola. “Per loro - dice Englert - studiare è prima di tutto un’occasione per uscire di casa. E i genitori non possono opporsi: la scuola è d’obbligo in Germania, devono andarci”.
In secondo luogo, spiega, nelle famiglie turche in cui nessuno ha studiato, se arriva una lettera dal comune o la bolletta, si chiama Sibel o Esma, e la legge lei. “In questo modo le ragazze si guadagnano un posto nella famiglia”.

Per i ragazzi invece, la situazione è diversa: buona parte di loro non va a scuola. Dal centro giovanile è facile assicurarsene: basta guardare fuori dalla finestra. “Si fanno scoprire subito, perché oltre queste due strade non sanno dove andare” spiega Englert. E aggiunge: “Si muovono come i cani, hanno il loro territorio”. Per quanto ne sa lui, escono solo in gruppo, da soli non si fidano. Quando sono in sei fanno un giro, si spingono fino a Hermannplatz, sono chiassosi, fanno rumore. Lì incontrano un altro gruppo di sei ragazzi, magari arabi, che la prendono come una provocazione e ne nasce una piccola rissa.

Questi ragazzi non amano la scuola. Forse non è solo colpa loro: secondo gli assistenti che al “Chip” lavorano al recupero dei problemi scolastici, “gli insegnanti sono spesso frustrati e stressati, non sanno trattare con i ragazzi, sono loro stessi aggressivi”. Al centro giovanile i tutori consigliano spesso ai ragazzi di cambiare scuola, quando la situazione si fa troppo tesa. A volte aiuta.

E poi, fa notare Englert, perchè un ragazzino musulmano di una famiglia integralista dovrebbe dare retta ad una maestra tedesca? Dopo tutto è solo una donna. Gli stessi genitori non considerano di particolare aiuto una scuola, che propugna ideali tedeschi, estranei alla loro tradizione e religione. La lingua è poi l’ulteriore scoglio, tra ragazzi e insegnanti, ma anche tra genitori e la scuola.
Solo le ragazzine, che spesso lasciano il quartiere e vanno a vedere i negozi con un’amica sul Kudamm, si sentono parlare fitto tra di loro tedesco in metropolitana. I ragazzi parlano turco. Anche con gli amici arabi, solo a volte le chiacchere sono auf deutsch. Il più delle volte gli arabi hanno imparato il turco per comunicare con i compagni.

 

 

.