Consorzio, a tre anni dall’apertura quasi metà dei locali è ancora sfitta

di Leonardo Grilli

URBINO – “Aprire un’attività al Consorzio è come avere una Ferrari, ma senza la benzina da metterci dentro”: così Valentina Sgroi, titolare del negozio di casalinghi “Un due tre stella”, riassume la situazione del centro commerciale affacciato sulla statale Bocca Trabaria, inaugurato nel 2012 ma che ancora non è riuscito a decollare. Locali vuoti, attività che se ne vanno, affitti troppo alti e carenza di clienti: sono questi i problemi della struttura, che attualmente ospita 16 esercizi, mentre altri 13 spazi restano completamente vuoti. In più, oggi non c’è più nemmeno un negozio di alimentari, altro elemento che non invoglia i potenziali acquirenti e rende l’utenza troppo scarsa per la maggioranza dei grandi marchi.

Sgroi è stata una delle pioniere del progetto, al quale partecipato fin dalla nascita. Poi, il canone troppo alto, la chiusura del supermercato e la scarsa affluenza l’hanno spinta ad andarsene. “Era un’idea in cui credevo -afferma – perché era una novità, il primo vero centro commerciale urbinate, con un supermercato, un’area ristorazione, degli studi medici. Insomma finalmente un po’ di modernità in città”. Tutto sembrava funzionare, “il primo anno è andato bene, anche perché avevamo delle condizioni agevolate. Ma quando poi l’affitto è andato a pieno regime abbiamo iniziato a barcollare”. Nel frattempo il Consorzio non si è riempito, anzi: “Il terzo anno  – continua Sgroi -ha chiuso l’unico alimentari e un centro commerciale senza supermercato, non è un centro commerciale”.

I grandi marchi infatti, per decidere dove aprire le proprie sedi, si basano in sostanza sul bacino di utenti. E i numeri, spiega ancora Sgroi, li fanno appunto l’alimentare e la ristorazione: “Ad esempio, Mondadori vuole come requisiti base almeno un supermercato, che attiri un tot di persone al giorno. E al Consorzio tutto ciò manca”. Una delusione insomma, anche perché la voglia di rimanere era tanta. “Ero in un bellissimo posto – conclude amareggiata – ma non arrivavo a pagare l’affitto, accumulavo solo debiti. Adeguare l’affitto alle condizioni reali della struttura sarebbe una delle prime soluzioni da adottare: per riempirlo si devono mettere i commercianti in condizioni di sostenere i costi”.

Diversa invece la situazione del centro commerciale di Santa Lucia, gestito dallo stesso gruppo proprietario del Consorzio, Torelli Dottori, dove su quattro piani i locali sfitti sono solo quattro. Qui a fare la differenza è la presenza della Coop, che attira la maggioranza dei clienti. Come conferma anche Carlo Carciani, titolare di due negozi di abbigliamento sportivo Box e BBox, presente in entrambi i centri commerciali: “Qui a Santa Lucia  – dichiara – ho aumentato la mia clientela. Al Consorzio, credo invece che la colpa delle tante chiusure sia probabilmente da attribuire anche alla crisi e di certo alla questione degli affitti, che incide perché si tratta di un canone troppo elevato e i costi fissi pesano tanto sul reddito di un’azienda. D’altra parte, essere presenti all’interno del centro commerciale ci ha permesso di raggiungere dei clienti a cui altrimenti non saremmo mai arrivati”.

Delle difficoltà dei commercianti è consapevole Paolo Dottori, uno dei dirigenti del gruppo Torelli-Dottori, che vede però il bicchiere mezzo pieno: “I nostri centri commerciali, nonostante un territorio che non offre buoni collegamenti, riescono comunque ad avere dei buoni risultati”. Sui vani vuoti però, ammette che il problema è reale. “Le grosse catene – conferma Dottori – guardano ai grandi  numeri e la città di Urbino soffre per quanto riguarda il bacino di utenza. Inoltre, i piccoli esercenti non trovano sostegno da parte delle banche per aprire un’attività all’interno dei nostri centri. Se noi ci mettiamo la faccia e cerchiamo di sostenerli anche gli istituti di credito dovrebbero fare la loro parte”.

(Video di Riccardo Marchetti e Nicola Petricca)