di GIOVANNI BRUSCIA
URBINO – Un settore in difficoltà come quello tessile della nostra provincia ha risentito di una strategia che ha “privilegiato il basso costo rispetto alla cura del marchio, un brand poco riconoscibile, per competere con i mercati emergenti”. Questi i punti deboli secondo Piergiorgio Borgogelli, direttore generale dell’Istituto nazionale per il commercio estero (Ice) e dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Un esempio è la “valle del jeans”, molto importante per l’economia provinciale, tra Sant’Angelo in Vado e Urbania fino a Fermignano e Fossombrone, seguendo il corso del fiume Metauro. Come già raccontato dal Ducato, non si vedono grandi cambiamenti nel breve termine. Ma la competizione internazionale non può basarsi soltanto su un fattore , bensì riguarda un insieme di variabili.
Ma quali sono i fattori chiave per avere successo nei mercati esteri? Sono molti , ha sottolineato Borgogelli nell’incontro di Palazzo Battiferri dal titolo “2017. Scenari per l’internazionalizzazione : variabili in gioco e sfide”. Non è sufficiente disporre di una marca affermata. Ciò che conta è proprio la capacità delle imprese di comunicare tutti quei valori racchiusi nel brand. Un compito arduo, ma che può portare a numerosi benefici. Un esempio ? Il Made in Italy, sempre più spesso sinonimo di qualità ed originalità che gli stranieri associano al nostro Paese.
Introdotto da Fabio Musso , docente di Economia e gestione delle imprese internazionali e prorettore alle attività di Terza Missione, l’incontro si è incentrato sul ruolo dell’export nell’economia italiana. Borgogelli , urbinate con un trascorso professionale di assoluto livello (ha lavorato in aziende come Fininvest , Telecom Italia e vicedirettore generale Operations di Expo 2015) si è soffermato sulla rilevante crescita delle esportazioni italiane ed il loro contributo per l’economia nazionale.
Export traino dell’economia. Se da un lato l’Italia registra una crescita moderata, dall’altro essa si deve essenzialmente alle esportazioni. Crescita moderata, ma non per questo da sottovalutare. Nel 2016 si è registrata una quota di mercato per l’export italiano pari al 2,8% sul totale mondiale per un valore di 417 miliardi di euro. Il direttore generale Ice ha poi voluto porre l’attenzione sull’importanza delle piccole e medie imprese che sono alla base dell’export italiano (il 94,9% delle aziende italiane conta meno di 49 dipendenti).
La parte centrale dell’intervento ha riguardato l’analisi delle differenze tra i mercati maturi e quelli dei Paesi emergenti. Nei primi, a farla da padrone è la meccanica, settore trainante non solo a livello nazionale ma anche in ambito provinciale. E’ infatti questo il comparto in cui si riscontra la maggiore quota di mercato. Un esempio può essere la Biesse di Pesaro, con le diverse divisioni meccanica, legno e vetro.
Gli scenari futuri. Ma quali sono allora le sfide per le imprese italiane nel prossimo futuro? In primo luogo, va tenuto in considerazione l’impatto delle nuove tecnologie ed il numero sempre maggiore dei “nativi digitali” (coloro che nascono e crescono contemporaneamente alla diffusione delle nuove tecnologie, ndr). In conclusione, Borgogelli ha poi voluto rimarcare l’attenzione sui prossimi progetti governativi e necessari per il successo del sistema Italia all’estero. In primis, necessari saranno gli investimenti nel settore meccanica , soprattutto in relazione al mercato russo, oltre all’importanza dell’ e-commerce e della formazione digitale.