Il degrado dei cimiteri di Urbino. “Troppi da gestire”. Anche Volponi ‘assediato’ dalle erbacce

Il blocco uno a rischio crollo del cimitero di San Bernardino
di MARTINA MILONE

URBINO – Da 26 anni Rowena Coles, 67 anni, inglese, chiede attenzione ai sindaci di Urbino per il piccolo cimitero di Monte Polo, dove riposa sua figlia. Sistemato su una collina poco fuori Urbino, è abbandonato in uno stato di degrado: ci sono lapidi frantumate a terra e la chiesa è chiusa e transennata. Lapidi rotte, pericoli di crollo imminenti, calcinacci, chiesette inagibili non caratterizzano solo la frazione di Monte Polo, ma rappresentano la situazione di molti dei cimiteri comunali di Urbino. I cittadini che non possono più portare saluto ai propri cari da tempo lamentano le condizioni di degrado dei cimiteri, amministrati dal Comune e gestiti nella manutenzione ordinaria da Urbino Servizi. Come nel caso di San Giovanni in Pozzuolo o di quello centrale di San Bernardino, dove intere pareti che ospitano i loculi sono transennate.

Sedici i cimiteri per 15.000 abitanti. Tanti, forse troppi, per essere tenuti tutti in maniera decorosa. Così erba alta, foglie secche e incuria assediano le lapidi, persino quella dello scrittore Paolo Volponi, sepolto nel cimitero di San Cipriano, in zona Tufo di Urbino. Quello che manca, secondo l’amministrazione comunale sono i soldi. “Troppo pochi per gestirne così tanti”, ha risposto il sindaco, Maurizio Gambini, ad alcuni cittadini, accorsi da lui per le lamentele anche un mese fa. Tra questi c’era anche la signora Coles, che, dopo anni di pellegrinaggi in Comune, tre anni fa aveva sperato proprio nelle promesse dell’attuale primo cittadino di sistemare il piccolo cimitero di Monte Polo. “Devono avere il coraggio di chiuderlo”, è il pensiero, oggi, della signora Coles. Ma per il Comune è impensabile. E alla domanda se sposterebbe o meno la tomba della figlia, risponde: “Sarebbe una soluzione più dignitosa, ma nessuno me lo ha mai proposto”.

 SAN BERNARDINO – I LAVORI BLOCCATI

Neanche il cimitero centrale, il più grande, quello di San Bernardino, si salva. Maestoso e perfettamente tenuto all’ingresso, nella parte più distante dall’entrata presenta uno scenario quasi apocalittico. Il blocco 1 sembra un palazzo bombardato e sventrato. È stato transennato con un’ordinanza nel 2014, e oggi i lavori procedono a passo di lumaca. Si tratta di progetto di demolizione e ricostruzione di 20 cappelle gentilizie dell’importo di circa 300 mila euro, come ha dichiarato l’architetto Mara Mandolini, funzionaria dell’ufficio lavori pubblici di Urbino. Il problema? Lo spostamento delle singole tombe, oggi circondate dai calcinacci e i resti di quelle già smantellate, è impossibile senza il consenso da parte dei parenti dei defunti. Un nodo burocratico che potrebbe sciogliersi da solo nel 2022, quando, dopo 99 anni, decadranno le concessioni per quel blocco di loculi. “Sono tombe degli anni ’20. Nessuno se ne è interessato. Bisognerebbe risalire fino al settimo grado di parentela”, ha dichiarato l’architetto Gianluca Gostoli, funzionario all’ufficio Lavori pubblici del Comune. Eppure sulle lapidi appaiono date di morte degli anni 2000, e sono molti i fiori anche freschi, infilati tra le maglie della rete verde che separa le transenne dalle lapidi: “È colpa del traffico di loculi tra privati”, sostiene l’architetto.

Ma il consenso, per il cittadino, non è a costo zero. È a carico dei proprietari dei loculi, infatti, sia l’acquisto di uno nuovo, concesso dal Comune di Urbino con un’agevolazione del 50%, sia le spese dello spostamento, medico legale e muratori. Una spesa tra i 600 e i 1700 euro, a seconda che si scelga una tomba di “fascia alta”, al costo di 3000 euro a prezzo pieno, o una più modesta, alla cifra di 800 euro. Senza contare il ‘trauma’ affettivo nel tumulare di nuovo il caro estinto.

Una spesa che, secondo l’amministrazione comunale, dovrebbe essere sempre a carico dei proprietari dei loculi, che, al momento del contratto, si impegnano sia nella manutenzione ordinaria che straordinaria, a prescindere che sia un problema di struttura o meno.

Per il cimitero principale della città ducale i problemi non si fermano al blocco 1. L’ampliamento, previsto oramai da diversi anni, sembra procedere a colpi di stop-and-go, e solo per l’estate è prevista la pubblicazione di una nuova gara di appalto per completare le rifiniture dei nuovi loculi. Ma sarà l’ultimo ampliamento possibile.

Qui lavora un custode fisso di Urbino Servizi, in quelli delle frazioni, invece, i dipendenti della partecipata passano ogni tanto a tagliare l’erba, l’apertura e la chiusura dei cancelli  secondo il responsabile organizzativo Paride Sciamanna “sono affidate all’Auser di Urbino”. “Venticinque anni fa – racconta la signora Coles – andavo personalmente a tagliare l’erba. Poi, dopo vari pellegrinaggi in Comune, hanno mandato qualcuno a tagliarla”. Questo almeno fino a due mesi fa: a Monte Polo oggi l’erbaccia arriva fino ai polpacci. E sono proprio questi, quelli della periferia, i cimiteri abbandonati a loro stessi o alle cure ‘volontarie’ dei singoli cittadini, come la signora Coles.  È il caso di San Giovanni in Pozzuolo e di Cavallino.

SAN GIOVANNI IN POZZUOLO – PARETI PERICOLANTI

Una salita ripida, in ghiaia, e di difficile percorrenza. Si arriva così al piccolo cimitero di San Giovanni in Pozzuolo. Un’ordinanza da maggio 2016 vieta di avvicinarsi ad alcune strutture del cimitero. Delle reti arancioni delimitano le aree pericolanti e 18 tombe. Una situazione denunciata dai residenti di Montesoffio già da tempo e di nuovo in un incontro con il sindaco ad aprile, ma che nessuno ha mai risolto. Un cimitero, secondo gli abitanti, colpito duramente anche dall’ultimo terremoto, e che ora presenta profonde crepe.

CAVALLINO – LA CAPPELLA INAGIBILE

La chiesetta è chiusa da tre anni. Dichiarata inagibile, era il luogo dove, dopo i funerali nella chiesa di San Cassiano, il morto veniva portato per l’ultimo saluto. Il rituale viene ancora celebrato ma, che sia estate o inverno, si svolge all’aperto. Molti residenti della frazione ne hanno denunciato la chiusura, ma qui “non è previsto nessun lavoro” secondo Gostoli. Anche qui ci sono transenne che delimitano un’intera parete di loculi, ma non c’è alcuna ordinanza che ne spiega il motivo. Il problema è chiaro, secondo i residenti: dall’ultimo terremoto interi cornicioni staccati e pericolo di caduta lapidi.