di MATTEO MARIA MUNNO
URBINO – Fare amicizia, scambiarsi informazioni sul prossimo appello o su come affrontare un esame. Magari anche trovare l’amore all’ombra dei torricini. A Urbino, sugli smartphone degli studenti, sta spopolando da qualche mese Jodel, un’app nata in Germania e che è arrivata ad avere una diffusione a livello globale che supera il milione di post giornalieri e 60 milioni di interazioni quotidiane. Il Ducato ha chiesto ad alcuni utenti della community che vivono a Urbino di raccontare la loro esperienza, attraverso interviste realizzate via Telegram.
Cos’è Jodel
Jodel è una app disponibile gratuitamente per sistemi iOS e Android, e si basa sulla geolocalizzazione, unico riferimento per raggruppare gli utenti. Nessun nickname, nessuna foto profilo: l’anonimato è una delle caratteristiche principali del software. Lo ‘jodeler’ – è il nome assegnato agli utenti – può postare dei messaggi insieme a un hashtag, visualizzato in grassetto, e che rimanda al feed per tenere d’occhio l’argomento. Per identificare un utente, Jodel usa un numero progressivo, assegnato in base all’ordine di risposta a un post: chi ha iniziato la discussione, invece, è nominato OJ, Original Jodeler. Ogni jodeler inoltre ha un punteggio, il karma: “Il karma riflette il contributo positivo sulla community – si legge sul blog ufficiale dell’app – Puoi collezionare punti karma pubblicando contenuti rilevanti e fantastici, aiutando la community e diffondendo lo spirito di Jodel”.
Gli jodeler urbinati
A Urbino, l’app è utilizzata prevalentemente da studenti, spesso introdotti da altri utenti con il passaparola. L’uso che se ne fa, però, varia: c’è chi la usa per scherzare e chi invece per parlare di argomenti che senza l’anonimato non affronterebbe allo stesso modo. Non manca poi chi la usa per fini pratici, come l’organizzazione di un gruppo di studio per un esame o per andare insieme a un concerto.
“Uso Jodel da poco meno di un anno – racconta una studentessa su Telegram che chiameremo Anna – l’ho scaricata a novembre, dopo che me ne hanno parlato alcune amiche. Loro la usavano per ridere, per leggere ciò che scriveva la gente e scrivere post divertenti e surreali”.
Un’altra jodeler, che chiameremo Bea, lo usa invece in diversi modi: “Alcune volte è più uno svago per commentare per esempio i risultati delle partite – spiega in chat – altre volte lo uso magari per confrontarmi su argomenti personali che senza l’anonimato non siamo soliti tirare fuori. Non essere riconoscibili è un’arma a doppio taglio: va bene finché si parla in modo tranquillo. Ma tante volte capita che si usa l’anonimato per offendere, cosa che se ci fosse un profilo con nome e foto da creare non accadrebbe così di frequente. Poi c’è chi lo utilizza per cercare disperatamente l’amore della sua vita, ma non credo sia proprio un metodo adatto”.
Jodel e vita reale, tra colpi di fulmine e discriminazione
In alcuni casi, comunque, è scoccata anche la scintilla: e tutto è partito da uno Jodel, senza nome e senza foto, come ci ha raccontato l’utente “Numero 4”.
Amore e odio: nella community coabitano i due estremi. “Molto spesso mi è capitato di leggere post in cui ci sono cenni di odio tra nord e sud – spiega Anna – e discriminazioni e a mio parere, nascondersi dietro l’anonimato per queste cose è ridicolo! Per conoscere nuove persone Jodel può essere un punto di partenza, ma alla fine anche se ci si mette d’accordo, nessuno esce dal mondo virtuale”.
“Ho avuto modo di vedere che le mie amiche sono riuscite a stringere qualche rapporto – racconta Bea – ma io, che sono più diffidente, non credo che potrei mai bere un caffè con qualcuno conosciuto su Jodel. Non ci si può fidare di due social perché se hai Jodel non puoi non avere Telegram, e sono ‘luoghi’ in cui puoi essere chiunque, puoi cambiare identità e le informazioni che dai su te stesso. In pratica correrei il rischio di andare a bere un caffè con qualcuno che non è quello che penso di conoscere e che potrebbe farmi qualsiasi cosa”.
Lo Jodel che vorrei…
Jodel, insomma, sembra essere un posto che agli studenti di Urbino piace. Questo non significa che non ci sia qualche desiderio da esprimere per renderlo ‘un posto migliore’, tra consigli e comportamenti da evitare. “Alcuni giorni, per via di certi post diventa un’ app volgare – scrive Anna – dove per incontri e conoscenze c’è di mezzo solo la “botta e via”. Non abbandono l’app perché lo scopo per cui la uso non è conoscere gente, quello preferisco farlo di persona, ma dare consigli, chiederli, comunicare informazioni che potrebbero essere utili a più persone e usarla eventualmente come canale di sfogo. Questo è l’uso che mi piace farne”.
Quello che manca, per ora, è che le proposte passino da Jodel all’esterno, contribuendo a realizzare un qualche cambiamento: “Potrebbe essere utilizzata in maniera più pratica – dice Bea -: leggo spesso post di persone che espongono le loro idee riguardo a come migliorare le zone di studio e avere informazioni. Purtroppo, le idee, anche quando sono sensate e potrebbero far cambiare la situazione, spesso non sono considerate o sono oggetto di critiche”.