Elettrosmog. Autosuggestione o rischio reale?    



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Il ritardo italiano

"Nel nostro Paese la disciplina di controllo delle attività che coinvolgono elementi vitali quali l'acqua e l'aria è avvertita con grande ritardo e con superficialità". Così il consigliere del Tar del Veneto, Angelo De Zotti durante il convegno "Elettrosmog e salute pubblica". Settembre 1999, vigilia della Finanziaria: "Il ministero delle Comunicazioni ha in tabella 750 miliardi di lire in tre anni per smantellare i siti a rischio elettrosmog e installarne di nuovi". La dichiarazione di Vincenzo Vita, sottosegretario alle Comunicazioni, prelude, forse, al cambiamento.

In Italia i primi decreti che fissano i limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici sono il D.P.C.M del 23 aprile 1992 e il D.P.C.M del 28 settembre 1995. A questa normativa, ritenuta "restrittiva", si adeguò la Germania nel 1996. Eppure, considerando troppo ampi i limiti fissati, la regione Veneto ha promulgato una legge regionale del 30.06.1993 modificata il 5 febbraio 1996, nella quale si fissano i limiti di esposizione per l'induzione magnetica e per il campo elettrico inferiori (0,2 mT).

Nell'ambito della legislazione italiana lo spartiacque in materia di elettrosmog è rappresentata dal decreto Ronchi
n. 381 del 10 settembre 1998, che regola per la prima volta a livello nazionale l'esposizione alle radiofrequenze sia delle emittenti radio-Tv che dei telefoni cellulari (20 volt al metro, che scendono a 6 nel caso di edifici in cui si prevede una permanenza maggiore a 4 ore). Molti gli ostacoli e le difficoltà successivi al decreto. Secondo Valerio Calzolaio, sottosegretario all'Ambiente "ci sono state difficoltà e ritardi nel recepimento della normativa e sulla base del decreto sono emersi circa 200 contenziosi tra Comuni e gestori di telefonia cellulare".

Altre tappe importanti sono costituite dal decreto del
18 maggio 1999, che fissa le norme armonizzate in materia di compatibilità elettromagnetica e da quello del 27 settembre 1999, del ministero delle Comunicazioni, che attua il riconoscimento degli organismi competenti in materia di compatibilità elettromagnetica. Dopo l'approvazione alla Camera dei Deputati (avvenuta il 14 ottobre) è ora all'esame del Senato il disegno di legge quadro destinato a regolamentare tutta la materia.

Il testo, elaborato dal Governo nel 1998 e assunto come testo base dopo revisioni e integrazioni della Commissione Ambiente della Camera, fissa i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obbiettivi di qualità. In concreto, per il piano di risanamento dall'elettrosmog, i piani dovranno scattare entro 3 anni per l'emittenza radiotelevisiva e impianti fissi di telefonia mobile, ed entro 12 anni per gli elettrodotti. Il disegno di legge non contiene, quindi, alcun limite relativo alla esposizione ai campi elettromagnetici. Inizialmente si pensava che questi limiti dovessero essere definiti entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro dell'Ambiente, per l'esposizione della popolazione e dal ministro della Sanità per i lavoratori.

Ma, vista l'urgenza normativa nel settore, l'ex
ministro dell'Ambiente Edo Ronchi ha approvato anticipatamente gli schemi dei decreti riguardanti i limiti di esposizione per la tutela della popolazione e dei lavoratori professionalmente esposti. Il 18 febbraio 2000 è stato approvato e reso esecutivo anche il nuovo piano di ripartizione delle frequenze. Questo piano, che va a sostituire quello emanato nel 1983, stabilisce per ogni banda di frequenza i servizi che vi si possono svolgere e l'ente responsabile ad effettuare le assegnazioni di frequenze alle stazioni radio.

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